“Dobbiamo
ricordare che tutte queste cose, le sfumature, le anomalie,
le sottigliezze che ci sembrano solo un accessorio delle nostre
giornate, in realtà assolvono a un più vasto
e nobile compito.
Ci salvano la vita.” - Il Narratore -
'Questa è la storia di un uomo che si chiama Harold
Crick. Harold conduceva una vita solitaria. Se ne tornava
a casa da solo, mangiava da solo… Mentre altri fantasticherebbero
sulla giornata che li aspetta… Harold conta i colpi
di spazzolino: 28 da destra verso sinistra, 28 dall’alto
verso il basso…'
Questa la voce narrante che ci introduce nella vita di Harold
Crick, una vita monotona scandita da eventi che si reiterano
ogni giorno uguali a se stessi. Una vita solitaria con l’unica
compagnia di un lavoro altrettanto solitario e malvisto: ‘Ha
conosciuto recentemente qualcuno che possa odiarla con tutti
i sentimenti? - Sono un agente del fisco, tutti mi odiano.’
Karen Eiffel è una scrittrice impegnata al completamento
del suo ultimo lavoro ma vessata dal blocco dello scrittore.
Il suo problema? Trovare un finale al suo romanzo in cui il
personaggio principale, costante di tutti i suoi lavori, muoia.
Il nome del personaggio? Harold Crick.
Il problema nasce dal fatto che Harold personaggio reale e
cartaceo al contempo, sente la voce narrante dell’autrice
– una voce che parla di lui con precisione ed ottimo
vocabolario – predire la sua morte. Cosa fare? Intraprendere
una corsa contro il tempo in cerca dell’autrice/narratrice
per tentare di cambiare il proprio futuro. Il tutto con l’aiuto
di un professore di critica letteraria che come un Caronte
di dantesca memoria, lo guida all’interno dei meccanismi
della struttura narrativa, alla ricerca di segnali che possano
aiutarlo ad identificare il suo autore e perché no,
la coloritura della propria vita: commedia o tragedia? Woody
Allen con Melinda e Melinda
aveva filmato un piccolo trattato sull’argomento, rappresentando
la vita di un medesimo personaggio colorato con i toni vispi
della commedia o quelli scuri della tragedia.
Qui Marc Foster - interessantissimo e visionario regista di
Monster’s Ball, Neverland
e Stay
- scrive un nuovo capitolo di una carriera cinematografica
giocata su pilastri lirici, metafisici e metalinguistica,
utilizzando mezzi prettamente cinematografici per parlarci
dei meccanismi intrinseci alla narrazione, dei rapporti tra
autore e personaggio, dei limiti e delle convenzioni del racconto.
Presuntuoso? Potrebbe, se tutta questa materia non fosse esemplificata
da una storia originalissima, surreale, grottesca, capace
di dosare con estremo equilibrio i toni leggeri della commedia
con quelli più pastosi del dramma. Un equilibrio dovuto
alla grande prova interpretativa del protagonista Will Ferrell,
comico uscito dal famoso Saturday Night Live, apprezzatissimo
negli States ma ancora poco noto, sino ad oggi, al pubblico
italiano che ha avuto recentemente modo di apprezzarlo o meno
in opere come Melinda e Melinda,
Ricky Bobby, Vita da strega
e The Producer. I toni chiaroscurali,
la comicità venata da melanconia sono quelli che più
si addicono all’attore americano, capace di una performance
attoriale di primissimo spessore capace di rendere verosimile
qualcosa che avrebbe con estrema facilità rischiato
di cadere nel ridicolo, attorniato da un ottimo cast con Dustin
Hoffman, Maggie Gyllenhaal, Queen Latifah ed Emma Thompson.
Unica pecca il finale del film che non sveleremo, che rende
un film potenzialmente perfetto, ‘solo e purtroppo’
un ottimo film. Vero come la finzione rimane ad ogni modo
una felice anomalia nel panorama generale del cinema contemporaneo,
fondato finalmente su un’idea originale e soprattutto
creativa. Da non perdere. [fabio
melandri]
| sito
| trailer
|