Wagner e il Sacro Graal
[aurora capoferro ronchetta]
La prima rappresentazione del Parsifal si è svolta a Bayreuth, il 26 luglio 1882 e fu solo molto più tardi, addirittura dopo il 1914, che il Parsifal wagneriano riuscì a diffondersi in tutta l’Europa.
Quest’opera riesce ad essere al contempo la rappresentazione di un’azione sacrale, lo specchio delle teorie filosofiche contemporanee al suo compositore (in particolar modo quelle di Schopenauer) ed infine, meravigliosa leggenda. Dopo aver letto, in gioventù, un romanzo del tredicesimo secolo, Parzival di Wolfram von Eschenbach, (per il quale il Graal era, a dire il vero, una pietra magica) Wagner inizia nel 1877, in quelli che furono gli anni estremi della sua vita, a dedicarsi alla composizione del libretto e della musica che saranno corpo ed anima di una favola mistica; cinque anni di lavoro che correlano fra loro elementi di diverse leggende per fonderli in una sola: la storia, non tanto del Santo Graal, quanto della redenzione di Parsifal. A dire il vero l’intera storia brulica di redenzione: non solo quella di Parsifal ma anche quelle di Amfortas e Kundry; difatti questo tema è notoriamente caro al nostro filosofo della musica e percorre tutte le sue opere giungendo, qui nel Parsifal, all’estremo limite del sublime, dopo il quale l’autore è obbligato in quanto giunto infine al termine della ricerca, in quel finale del terzo atto ammantato di luce mistica. Siamo ormai nei tempi in cui è già avvenuta la rottura con Nietzsche, e la filosofia wagneriana sposta i suoi occhi su Schopenauer e sulla sua ascesi, ma il lungo cammino che passando attraverso il peccato e l’ignoranza porterà il nostro protagonista al rifiuto di ogni egoismo e passione, alla pietà ed alla purezza, sfocerà in un autentico trionfo di mistica cristiana: un’esplosione di luce nascente dall’elevazione dell’amore a sentimento di compassione universale. Come sempre nelle opere wagneriane anche il Parsifal è ricco di prolessi ed analessi in maniera spaventosa: ai flashback delle storie relative al peccato di Amfortas, alla storia del malvagio Klingsor ed alla nascita della doppia personalità della bella Kundry (pietosa come la Maddalena pronta a divenire, a causa della sua maledizione, terribile creatura lussuriosa) ed alla morte della madre del nostro eroe si contrappongono numerosi piccoli elementi premonitori, spesso simbolici, che il lettore, o l’ascoltatore, potrà divertirsi a scovare nel testo a partire dagli stessi movimenti degli attori (il che implica una qualche conoscenza della simbologia cristiana e delle sacre scritture).
La struttura dell’opera è meravigliosamente simmetrica come in un gioco in cui si accolti dallo specchio dell’oscurità finissimo per uscire vincitori nello specchio della luce, una luce tremendamente abbagliante: quella divina.
È inutile illudersi in un’entrata di Parsifal come cavaliere puro, l’entrata in scena è estremamente casuale: non quella di un cavaliere ma quella di un ragazzo colpevole di aver ferito a morte un cigno, e chi ha esperienza delle leggende arturiane conosce bene a priori questo personaggio.
È un cammino, lento e travagliato quello che porta il nostro eroe, “un puro folle”, a comprendere l’importanza del Graal e l’essenza del suo peccato (il dolore inflitto alla madre dalla sua sparizione), ad osservare la sua vera storia e la sua vera natura, a resistere alle tentazioni (la seduzione delle ragazze fiore ed il bacio di Kundry, ovvero: “la più forte e più poeticamente audace figura femminile tra quelle che Wagner ha concepito” a detta di Thomas Mann) e ad aprire gli occhi sul dolore umano di Amfortas (fase non ultima del percorso che lo trasformerà in messaggero di salvezza).
È estremamente interessante il modo in cui Wagner affronta la storia del Graal. Per una piccola analisi degli elementi utilizzati dal Nostro vorrei offrire qui una piccola descrizione delle loro origini “accertate” dal punto di vista letterario.
IL GRAAL

Il termine graal designa in francese antico una coppa o un piatto e probabilmente deriva dal latino medievale gradalis, vaso. Fu Robert de Boron, nel suo Joseph d'Arimathie, composto tra il 1170 ed il 1212, che aggiunse il dettaglio secondo cui il Graal sarebbe la coppa usata nell’Ultima Cena, all’interno della quale Giuseppe di Arimatea avrebbe poi raccolto le gocce di sangue del Cristo sulla croce, come raccontato da alcuni testi apocrifi come le Gesta Pilati o lo Pseudo-Vangelo di Nicodemo. Il Graal appare per la prima volta sotto forma letteraria nel Perceval ou le conte du Graal di Chrétien de Troyes (XII secolo)

LANCIA DI LONGINO E SOFFERENZA DI AMFORTAS
(dal racconto del re pescatore)

La storia del Re pescatore ed il Graal fu più tardi incorporata nel ciclo arturiano. Il racconto riguarda, essenzialmente, un re zoppo la cui ferita alla gamba rende la terra sterile:
Il Re Pescatore è stato colpito da una grave infermità: questo male, sappilo, non guarirà - né si salderà la pietra al posto della Tavola Rotonda su cui si è seduto Perceval - finché uno fra i cavalieri che siedono a questa Tavola non abbia compiuto grandi imprese e prodezze. Quando si sarà innalzato sopra tutti gli altri e sarà stato riconosciuto come il miglior cavaliere del mondo, Dio lo condurrà alla dimora del ricco Re Pescatore. E quando avrà domandato a cosa serve il Graal e chi viene servito con esso, allora il Re Pescatore guarirà, la pietra della Tavola Rotonda si salderà e si dissolveranno gli incantesimi che gravano attualmente sulla terra di Bretagna”.
L’eroe (Gawain, Percival, o Galahad) incontra il re pescatore ed è invitato ad una festa al castello. Il Graal è ancora presentato come un vassoio di abbondanza ma è anche parte di una serie di reliquie mistiche, che includono anche una lancia che stilla sangue (da alcuni interpretata come la Lancia di Longino, il soldato che trafisse il costato del Cristo) ed una spada spezzata. Lo scopo delle reliquie è di incitare l’eroe a porre domande circa la loro natura e quindi rompere l’incantesimo del re infermo e della terra infruttuosa, ma l’eroe invariabilmente fallisce nell’impresa.


KUNDRY / MADDALENA (similitudini e antitesi)

Il maleficio che affligge Kundry è dovuto, nella storia wagneriana, al suo più grande peccato: sarebbe lei la donna che ha deriso il Cristo in croce. Riguardo alla maledizione non ci sono riscontri nelle sacre scritture; come la Maddalena nei confronti del Cristo, ad ogni modo, Kundry laverà ed ungerà i piedi di Parsifal con un unguento.
Si racconta, inoltre, che Maddalena predicasse in tutta la regione, convertendo i pagani, con il fervore di una santa, (la statua lignea di Donatello mostra infatti la bellezza ormai totalmente sfiorita di una Maddalena che prega nel deserto, con le vesti lacere), allo stesso modo, nel terzo atto Kundry grida – Servire! Servire! – infervorata dal desiderio di servire Dio ed il Graal.

RICERCA DEL GRAAL

Per quanto riguarda invece la ricerca del Graal, alcuni racconti del ciclo arturiano presentano cavalieri che ebbero successo, come Percival o Galahad; altri raccontano di cavalieri che fallirono nell’impresa per la loro impurità, come Lancillotto.
Una delle teorie recenti che ha fatto scalpore è quella avanzata da Baigent, Leigh e Lincoln, nel loro The Holy Blood and the Holy Grail (Il mistero del Graal, 1982). Gli scrittori hanno avanzato l’ipotesi che in realtà il Graal non sia un oggetto ma la linea di sangue della stirpe dei discendenti di Gesù Cristo. Partendo dalla similitudine etimologica di San Graal e di sang real, asseriscono che Gesù avrebbe sposato Maria Maddalena, e con lei avrebbe avuto dei figli, i cui discendenti sarebbero la dinastia dei Merovingi. Questa tesi è stata posta dallo scrittore americano Dan Brown alla base del suo romanzo best seller Il codice da Vinci, molto criticato per le sue incongruenze storiche. Questa, come altre informazioni sulle fonti delle leggende, divide la verità della ricerca dalla leggenda, o peggio, dalla “leggenda romanzata”. È praticamente impossibile parlare di fonti assolutamente vere quando il tema di cui si tratta è una leggenda antica, nata ben settecento anni fa, ed è anche difficile parlare di fonti verosimili, e proprio perché non siamo naturalisti come Zola, ma semplici lettori, dobbiamo chiarire nelle nostre menti che qualsiasi materiale scritto ci capiti di leggere in proposito non può essere considerato in grado di tangere la realtà al punto da essere “messo all’indice”, né farci stupire dal clamore dei giornali al punto da considerarlo verità storica assodata. Per quante controversie possa causare un’opera (musicale e wagneriana o letteraria e scritta da Brown è indifferente), non dobbiamo mai dimenticare che la realtà storica è in mano solo ed unicamente a chi usa gli strumenti della ricerca e non quelli dell’illazione. Bisogna inoltre tenere bene a mente, prima di parlare di argomenti le cui fonti più certe sono meno numerose dei voli fantastici di cui sono protagoniste, che la realtà, per quanto noiosa, non può fondersi a tal punto con la fantasia. Il sogno ed il volo fantastico sono due meravigliose necessità umane, due aspetti sfolgoranti della passione ed elementi caratterizzanti dell’umanità, espressioni altissime e potentissime dell’arte non completamente condivisibili con altri, in poche parole arte pura. Non storia né scienza.

 
Richard Wagner
Richard Wagner, compositore, scrittore, pensatore e librettista - nonché impresario teatrale di se stesso - che ha sconvolto la musica dell'Ottocento, nasce a Lipsia il 22 Maggio 1813.
Rimasto orfano di padre, Richard Wagner rimane solo con la madre che presto convola a seconde nozze con l'attore Ludwig Geyer. Quest'ultimo, affezionatosi al bambino, lo porta sempre con sé in teatro: il contatto assiduo con il mondo del palcoscenico lascerà nella mente del fanciullo un'impressione incancellabile. Dopo aver intrapreso in modo discontinuo gli studi musicali, nel 1830 Wagner si dedica seriamente a questa disciplina sotto la guida di Theodor Weinlig, alla Thomasschule di Lipsia. A Würzburg compone la sua prima opera Die Feen, dall'impianto melodico e armonico ancora poco definito, con forti influenze dello stile di Weber. Approdato a Parigi nel 1836 sposa la cantante Minna Planner. È in questo periodo che matura la decisione di scrivere i libretti dei propri drammi in piena autonomia, assecondando in questo modo la sua cognizione personale di teatro musicale. Richard Wagner si spegne il 13 febbraio 1883 a causa di un attacco cardiaco. La sua salma viene sepolta a Bayreuth vicino al suo teatro.
Liszt compone, sulla scia dell'intensa emozione, visionari e aforistici brani pianistici in memoria dell'amico scomparso (fra i quali il lugubre, annichilito, R.W.- Venezia).