Le scelte del Grido
[a cura di simone pacini]
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Dicembre un po’ fiacco sulle scene milanesi, fatta eccezione per l’arrivo dell’Ubu africano di Marco Martinelli e del Goldoni secondo Letizia Russo. E allora Il Grido getta uno sguardo sui teatri meno conosciuti, ma non per questo meno interessanti: il Teatro della Cooperativa e il Teatro della Contraddizione (quest’ultimo con un curioso spettacolo itinerante e interattivo)

2 – 21 dicembre Piccolo Teatro Studio
LA STORIA DELLA BAMBOLA ABBANDONATA
di Giorgio Strehler
da Alfonso Sastre e Bertolt Brecht
regia Giorgio Strehler
ripresa da Andrea Jonasson
scene e costumi originali Luciano Damiani
luci Gerardo Modica
musiche Fiorenzo Carpi
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d'Europa

Nata da un'idea di Giorgio Strehler, La storia della bambola abbandonata – rappresentata nella stagione 2007-2008 a Milano, Roma, Brindisi e Prato – vede in scena, accanto ad Andrea Jonasson e altri attori professionisti, bambini della scuola primaria preparati attraverso appositi laboratori teatrali. Lo spettacolo pone una domanda fondamentale: le cose sono di chi le lavora, di chi le migliora, di chi le ama, oppure di chi le ha ricevute senza aver fatto nulla per conquistarle? Paca e Lolita sono due bambine coetanee. Paca trova nell'immondizia una vecchia bambola, gettata via dalla ricca e viziata Lolita. La prende con sé e la ripara. Lolita, indispettita nel vedere il suo vecchio giocattolo tornato come nuovo nelle mani di un'altra ragazzina, rivuole indietro la bambola. Come risolvere la lite?
http://www.piccoloteatro.org/



3 – 5 dicembre Teatro Franco Parenti
UBU BUUR
dall’irriducibile Ubu di Alfred Jarry
drammaturgia e regia di Marco Martinelli
ideazione di Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Mandiaye N’Diaye
produzione Ravenna Teatro

“Una corrente impetuosa d’energia” di cori e danze è la versione africana del’Ubu re di Jarry, tragicommedia universale del potere realizzata con ragazzi senegalesi. Un Ubu re in versione africana che ha trionfato a livello internazionale, reinventato dalle Albe di Ravenna nel cuore del Senegal, a Diol Kadd, un villaggio dove manca la luce elettrica e l’acqua la si attinge a un pozzo. Una corrente impetuosa d’energia di cori e danze, una tragicommedia universale del potere realizzata con ragazzi senegalesi: dalle nebbie del testo originale, al sole di un villaggio nella savana, rifugio di un feroce signorotto della guerra e della sua femme bianca, attorniati da bambini-soldato armati di kalashnikov, il cui capitano, ammazzando il re di Polonia, diventa “buur”, ovvero re. “Jarry ci dimostra ancora una volta la vitalità della sua maschera, capace di raccontare l’idiozia del potere e il sogno anarchico degli adolescenti a qualsiasi latitudine del mondo”. (Marco Martinelli)
http://www.teatrofrancoparenti.com/



3 – 12 dicembre CRT Teatro dell’Arte
IL FEUDATARIO
da Goldoni,
riscrittura Letizia Russo
regia Pierpaolo Sepe
produzione Nuovo Teatro Nuovo e La Biennale di Venezia

“Goldoni e io siamo lontani non solo trecento anni, ma anche tremila anni luce. Il Feudatario è un testo difficile, forse neanche tanto felice. È un testo che già dal titolo si contraddice: il Feudatario del titolo non solo non ha la dignità del personaggio principale, ma forse neanche quella umana di un tipo che valga la pena osservare. Goldoni fa finta di elevare il popolo alla dignità degli sbertucciati nobili e invece poi salva solo loro, i nobili, appunto, la loro presunta onestà, le decantate doti da dandy ante litteram che contrappongono la nobile reticenza dei sangue blu all'espressione dei propri sentimenti più cupi, alla selvaggia, brutta incapacità del popolo di trattenere i propri istinti. Ora, Goldoni è morto e non mi potrà fare causa. Quando Pierpaolo Sepe mi ha chiesto un adattamento, sotto sotto voleva dire stravolgimento, sotto sotto voleva dire riscrittura. Non c'era per me altra strada se non quella di accoltellare Goldoni per riportarlo in vita. La mia non è un'operazione filologica, né un accanimento terapeutico nei confronti di un testo che non a caso è stato pochissimo frequentato ed è molto poco noto. Semplicemente, ho preso ciò che di Goldoni mi sembrava reggersi, e ciò che mi sembrava reggersi malgrado Goldoni, ciò che poteva parlare a noi hic et nunc, ciò che secondo me nascondeva una potenza in potenza, e ho cercato di riportarla in vita. Farla riemergere piano piano fino al nostro tempo, un tempo in cui siamo costretti per appartenenza a essere felici e allo stesso tempo ad avere paura. Per questo, tutto è bene quel che finisce bene, come Goldoni avrebbe voluto, ma chi vince veramente è la paura: di non poter comandare, di non saper vivere, di non avere dignità”. (Letizia Russo)
http://www.piccoloteatro.org/

9 – 14 dicembre Spazio Mil (Sesto San Giovanni)
WOOF!
un mèlopunk di e con Paolo Faroni
regia di Emanuele Crotti
disegni di Paolo Faroni
produzione Babygang
Woof! nasce da un lato dalla sfida di trasferire un fumetto in teatro, dall'altro da quella d’intrecciare l'impasto di due visioni del mondo molto diverse: il melodramma e il punk. È dunque nato un melòpunk, appunto, che parla d'amore e distruzione, a metà tra il disegno animato e il punk-kabaret. Woof! tratteggia le figure e le ombre di una intera città, rappresentando i diversi personaggi coinvolti in una trama spudoratamente noir: un ispettore si mette in caccia di un assassino che colpisce le sue vittime con una mazza da baseball e firma i suoi delitti con una immagine del lupo Ezechiele. Nella sua indagine si imbatte in una ambigua entraineuse, con occhi di predatore ma candore di pecora. Ed è proprio lei a far da tramite con la figura del Lupo, l'assassino poeta, che appare nel grigio della città come un lampo rosso di sangue e amore. Da questa figura di Fool disegnato, che ghigna e ringhia senza poter parlare mai, è venuta l'idea provocatoria di dare un suono, una voce, al silenzio metropolitano delle tavole. Il Lupo, creatura ai margini, reclamava la rottura dei margini della pagina. A questo punto è stato naturale pensare a riempire la scena di un teatro.
http://www.tieffeteatro.it/



9 – 20 dicembre Teatro della Cooperativa
Gli Indifferenti alla prova
dal romanzo Gli Indifferenti di Alberto Moravia
progetto e regia Annig Raimondi
produzione PACTA.dei teatri
“Quando Alberto Pincherle, in arte Alberto Moravia, scrisse il suo primo romanzo, Gli Indifferenti, non aveva ancora compiuto diciotto anni. Erano i tempi cupi del fascismo. L'opera, inizialmente censurata, fu in seguito un successo e divenne il manifesto di una
generazione. Il soggetto si sviluppa in un ristretto ambiente borghese. La storia è presto detta: Carla è insidiata dal libertino Leo, amante della madre, il quale mira ad impadronirsi del patrimonio di famiglia. Egli è facilitato dalla particolare situazione in cui si trova Carla, desiderosa di uscire da un'esistenza mediocre, contrassegnata da una decadenza e una corruzione insostenibili. Leo, dopo molti tentativi, riesce a portare Carla a casa sua. Gli Indifferenti alla prova è una favola contemporanea in cui Sesso e Denaro la fanno da padroni. Seguendo le regole di una partita a carte scoperte, ciascun personaggio cerca una lealtà di visione sviluppando il soggetto in continuo dialogo con l’autore/narratore. Nello spettacolo, che è inserito nel Progetto Moravia comprensivo di spettacoli, incontri e film, questa particolare figura ha un ruolo quasi polifonico, dialogico, in cui la sua voce si confronta, con la voce autonoma dei personaggi, cosicché il rapporto con la realtà emerge dal continuo incrociarsi dei punti di vista dei vari personaggi e del narratore. L’aggrovigliata situazione familiare narrata vuole anche rifarsi alle grandi tragedie shakespeariane e dostoievskiane, ma, di fatto e per “forza di storia”, finisce in farsa”. (Annig Raimondi).
http://www.teatrodellacooperativa.it/



10 – 21 dicembre Teatro della Contraddizione
Die Privilegierten - Kz.
La città ideale

di Marco Maria Linzi
regia Marco Maria Rebecca Linzi
La vendita di realtà, questo è il commercio più sviluppato dell’uomo. Il potere è il commerciante, i negozi sono diversi: religioso, filosofico, economico. L’attività più antica dell’uomo non è la vendita del corpo ma quella del proprio potere, della propria realtà, del proprio potere sulla realtà, in cambio di un'illusione credibile, vivibile o sopportabile. Questa delega sul nostro destino la portiamo dentro ereditata dai nostri predecessori; la vendita non è avvenuta oggi, ma oggi quotidianamente si rinnova. Die privilegierten è una visita attraverso questa esperienza, in particolare negli usi e nelle conseguenze che questa "vendita - delega" comporta. Non è un pensiero che si definisce razionalmente nel percorso dello spettacolo, ma una sensazione: Die privilegierten è un documentario incompiuto che si realizza con chi lo attraversa. È una visita guidata in noi stessi, nella capacità di creare o credere, sostituendo alla nostra realtà un mondo altro, illusorio. Un’esperienza nell’ambiente umano, nell’energia della sopravvivenza, nella sua eterna capacità di riprodursi in ogni uomo, in ogni luogo, in ogni situazione e figliare sopravvivenze, sempre più distanti dalla complessità delle contraddizioni umane. Lo spettatore entrerà nella città ideale - una città realmente esistita - non con una visione distaccata ma partecipante, come fosse un gioco di ruolo, un “soul-game”, un'esperienza attiva e passiva al tempo stesso, in cui il pubblico è necessario all’alchimia della rivelazione di se stesso. Come? Attraverso più dimensioni e ruoli; in un percorso che inizia come giocatore, transita per la vittima per finire al testimone. Ma per quanto sarà immerso in questo mondo, per quanto lo attraverserà e ne sarà attraversato, divertito o commosso, incosciente o pensante, ritornerà alla sua realtà o illusione di realtà; mentre la storia che lascerà in teatro è accaduta, irrimediabilmente accaduta.
http://www.teatrodellacontraddizione.it/