Dunque
ancora una volta le partiture di questo compositore
che entra nel novero dei grandi della migliore tradizione
italiana della musica da film, seguono orbite che arrivano
a lambire la sensibilità popolare, in quell’area
dove, partendo probabilmente dalla nostra storia operistica,
dalle grandi “arie” per intenderci, trova
terreno di sviluppo la forma canzone.
Guerra
di sicuro non la cerca scientemente; piuttosto finisce
talvolta per incontrarla in un percorso creativo fatto
soprattutto di suggestioni e fantasie legate alle immagini
che è chiamato a commentare. La ricerca del tema,
la tensione creativa, l’originalità, sono
elementi ben presenti nello stile compositivo di questo
musicista che è appunto riconoscibile per un
suo “stile” preciso e non per un suono.
Non esiste infatti un “suono” Andrea Guerra,
esiste piuttosto il senso di una grande duttilità
derivante da un consistente patrimonio di cultura musicale
che affiora senza sfoggio. Questo cd, come del resto
tutti i suoi lavori, vivono una vita propria oltre il
film: ed è così che sia interi brani così
come brevi scritture, non rimangono mai nel pur piacevole
limbo del tappeto sonoro. Hanno carattere, individuano
generi, si vestono di ritmo, effetti, si propongono
come memorizzabili.
Titoli
come “Valzer”, “Nicole”, “Benedetta”,
“Prima partita”, “Nicole se n’è
andata”, “La dannazione di Sasha”,
che prelude allo sviluppo musicale di “Tear Down
These Houses”, “Le scale”, “Parlami
d’amore”, ecc. (per un totale di 13 composizioni
originali ), nel loro insieme regalano a questo lavoro
una fisionomia netta, modernissima quando propone il
presente, elegante e sobria, spesso lieve, quando richiama
il passato.
E
a proposito di passato, la colonna sonora di “Parlami
d’amore” si completa con cinque famosissimi
brani del repertorio internazionale molto diversi tra
loro per epoche e mondi di appartenenza: si parte con
i Buffalo Springfield e con la loro celebre “For
What It’s Worth”, la canzone che Stephen
Stills scrisse nel 1967 dopo i primi scontri all’Università
di Berkeley tra studenti e polizia. Arriva poi un altro
classico riconoscibile per la sua indimenticabile prima
strofa: “Sunny, yesterday my life was filled with
rain”…è proprio “Sunny”,
qui nella versione originale di Bobby Hebb del 1966.
Quindi un salto indietro al 1945 per un evergreen che
più evergreen non si può: “Que Reste-t-il
De Nos Amours” di Charles Trenet. A rompere le
sognanti atmosfere del famoso chansonnier, ma sarebbe
più giusto usare la parola “annientare”,
ecco i “fratelli chimici”, quei Chemical
Brothers che con “Believe” nel 2005 facevano
volare sempre più in alto il loro album “Push
the Button”. Infine la canzone che negli anni
‘50 ha fatto parte del repertorio dei più
grandi vocalist jazz e a cui Chet Baker regalò
nel 1954 la definitiva popolarità con la sua
particolarissima versione nella doppia veste di cantante
e trombettista: “My Funny Valentine”. Tutte
le tracce sono originali e rimasterizzate.