‘Parlami
d’amore’
è la storia di una educazione sentimentale che sfugge
al controllo e alle regole.
In cui i ruoli si confondono e si ribaltano.
«Perché la vita» come dice Nicole, «è
prepotente».
‘Parlami d’amore’ è l’imprevisto.
È una doppia rinascita.
Sasha
è un ragazzo di venticinque anni che si affaccia timidamente
nel mondo. È cresciuto in una comunità di recupero
per tossicodipendenti, figlio di due drogati: il padre è
morto presto, la madre l’ha abbandonato in quel girone
infernale dove Sasha ha trovato una specie di equilibrio.
Lontano dalla vita vera.
Nicole è una donna che ha passato la quarantina. Bella,
intelligente, ironica. Ma dopo che l’uomo che amava
è morto suicida, è scappata dalla Francia, ha
sposato Lorenzo e ha fatto di tutto per dimenticare chi era
e cosa voleva. Si è nascosta alla vita. Ha cancellato
dalla sua visuale ogni sorpresa. Ma la vita spesso è
prepotente e non tiene conto della volontà degli esseri
umani.
Dall’omonimo romanzo di successo (oltre 400.000 copie
vendute) di Carla Evangelista e Silvio Muccino, Parlami d’amore
è il regalo che quest’ultimo nella giornata di
San Valentino offre ai suoi fan, debuttando alla regia alla
giovane età di 25 anni.
Regista, sceneggiatore, attore, nonché autore del romanzo,
Parlami d’amore rappresenta
per Silvio Muccino una scommessa ad alto rischio, un mettersi
in gioco coraggioso, ma dal risultato altalenante.
Come riconosciuto dallo stesso, il film è pieno di
robba forse troppa e non sempre i nodi narrativi vengono risolti
nella giusta maniera; alcuni telefonati, altri sbrigativi,
altri ancora sospesi…
Il sentimento che nasce tra Sasha e Nicole è da subito
intuito dallo spettatore mentre i due protagonisti ci impiegano
un’ora e mezza prima di giungere alle medesime conclusioni,
il che rende lo svolgimento del film abbastanza meccanico,
a volte stucchevole, comunque noioso.
La confezione patinata, elegante da spot televisivo non disturba
più di tanto mentre le numerose citazioni da quelle
“dichiarate” nel pressbook ed in conferenza stampa
sino a quelle “nascoste” ma evidenti - Stanley
Kubrick e Eyes Wide Shut per
le scene del party orgia – nascondono una insicurezza
di fondo su cui si può anche sorvolare trattandosi
di un debutto, ma che segnalano una mancanza di personalità
che spiazza e non poco.
Non si può dire che il film sia brutto, ma pretenzioso
si, e alcune battute del film danno adito ad una comicità
involontaria che è stata ferocemente sottolineata in
proiezione stampa…
Immaginiamo che in sala il film andrà molto bene e
ce lo auguriamo solo per il fatto di poter vedere un’opera
seconda in cui i pregi qui solo accennati e velati da una
insicurezza evidente, possano sbocciare in un’opera
più compiuta e matura. Auguri!
[fabio melandri]