Benvenuta
estate del 1987. Benvenuta agognata villeggiatura all’Argentario.
Benvenuta Camilla Randone, tredicenne di famiglia facoltosa,
convinta che questa sarà l’estate del suo primo
bacio, a tutti i costi. Oggetto dei suoi desideri, Adelmo
Franci, diciassettenne locale ingaggiato per pulire la piscina
della villa di famiglia.
Fra telefonate anonime, bugie e ricatti, Camilla, ancora immatura
ma dalla personalità già molto complessa, si
troverà a manipolare il docile Adelmo creando le migliori
condizioni per quel primo agognato bacio, che però
tarda ad arrivare.
E mentre lei si macera nei patimenti amorosi e la radio suona
“Sembra un angelo caduto dal cielo” a
casa Randone gli adulti attraversano momenti delicati. Mamma
Giovanna, in preda a crisi depressive, decide di scrivere
un romanzo autobiografico; papà Agostino, alle prese
con la sua giovane amante, dovrà fare i conti con moglie
e figlia. E l’estate passa in fretta, troppo in fretta
per tutti…
Carlo Virzì, fratello minore del più noto Paolo
(qui produttore), cresciuto a bagnomaria nel mondo del cinema
avendo fatto per il fratello l’attore, il trovarobe,
l’assistente e il responsabile del casting, il compositore,
e lui stesso musicista e fondatore del complesso Snaporaz
con cui gira l’Italia, debutta alla regia con una commedia
che rinverdisce il filone nostalgico-giovanilistico inaugurato
quest’anno con la commedia campione di incassi Notte
prima degli esami. Dopo gli Anni Sessanta e Settanta,
è proprio il turno degli Anni Ottanta che a distanza
di ormai quasi trent’anni diventano i luoghi favoriti
per il ricordo, la memoria e la nostalgia.
Se Notte prima degli
esami faceva perno su un momento topico nella vita degli
adolescenti italiani, rito di passaggio all’età
adulta, qui si evidenzia un secondo momento fondamentale nell’evoluzione
di ogni adolescente: la scoperta per l’altro sesso,
i primi desideri e scompensi ormonali, la ricerca del primo
bacio, un momento indelebile nella vita di ognuno di noi.
Il tutto raccontato strizzando l’occhio alla camera
da presa, attraverso la costante ricerca di complicità
dello spettatore da parte della giovane protagonista Gabriela
Belisario (Camilla) che gioca a fare la Lolita
con la sua ingenua vittima predestinata Adelmo (il debuttante
Iacopo Petrini).
Un rapporto giocato continuamente sul piano dicotomico cacciatore/preda,
ricco/povero, realtà/immaginazione, la cui reiterazione
appesantisce un racconto che già di suo vive di spunti
isolati di corto respiro. Il flusso narrativo viene interrotto
dai sogni, le fantasticherie che si aprono nella mente di
Camilla, sogni che sono fatti della materia fredda e asettica
dell’immagine digitale, televisiva, con i sogni che
assomigliano sempre di più ad estratti di soap-opera,
altro leit motiv ricorrente del film.
Tratto dal romanzo autobiografico Adelmo,
torna da me di Teresa Ciabatti, L’estate
del mio primo bacio tenta un difficile volo rasente
sopra i vicoli intricati dei primi motti amorosi, dove i ragazzini
appaiono molto più intelligenti, consapevoli ed adulti
dei genitori medesimi – vedi sull’argomento il
meglio riuscito Matilda sei mitica
di Danny De Vito – che infatti appaiono per lo più
inetti, in balia degli eventi e soprattutto incapaci di controllare
la propria vita e quelli dei figli.
Insomma niente di nuovo sotto il sole dell’Argentario.
Un’opera che sa di già visto, soprattutto per
coloro che hanno in mente la commedia di Alberto Lattuada
Guendalina (1957) con Sylva Koscina
e Raf Vallone, di cui L’estate
del mio primo bacio sembra un inconsapevole remake.
Carlo Virzì ci mette tutto l’impegno di questo
mondo, ma il risultato è un film che si dipana stancamente
lungo i suoi 85 minuti che paiono 120 mancando quel brio,
quel sano ed anche infantile divertimento che forse i Fratelli
Vanzina avrebbe saputo donare.
[fabio melandri]
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