Ultimamente
seguo con molto interesse Jon Brion, autore della musica di
Magnolia, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Punch Drunk
love per citarne alcuni. Secondo me Brion ha indicato una nuova
strada e un nuovo percorso sonoro.
Parlaci
della musica di questo film.
Ci
sono della canzoni che ascoltavo quando avevo quindici anni
e perciò mi sembravano necessarie per costruire l’atmosfera
adatta al racconto: dai Duran Duran a Nada, dai Cure ai Culture
Club.
Per le musiche originali ho utilizzato alcuni componenti dell’Orchestra
di Piazza Vittorio di Roma e uno dei temi principali è
suonato dagli Snaporaz, la band con cui suono da una vita.
Come definiresti
“L’estate del mio primo bacio” se fosse
una musica o una canzone?
Si
potrebbe dire che è un misto tra un coro di voci bianche,
un valzerino in La maggiore settima e una canzonetta estiva
da juke-boxe.
Come è nato il progetto?
E’
stato Riccardo Tozzi a propormi questo progetto, gli ho risposto
“fammici pensare un minuto”. Dopo quindici secondi
ho accettato. A dire la verità all’inizio qualche
perplessità l’ho avuta, avevo un po’ di
timore a mettermi in gioco, forse potrei dire pudore. Sono
rimasto colpito dallo spirito della storia, da questi buffi
personaggi. La vicenda di Camilla, una ragazzina che può
sembrare odiosa ma che invece viene voglia di proteggere e
coccolare, così sola e sul piano affettivo abbandonata
a se stessa. E poi quella mamma Giovanna, così dolcemente
distratta e presa dalle sue smanie, “svaporata”
come la definisce Laura Morante. E non ultima la grande occasione
di rivivere quella stagione dolce e potente che rammento con
grande nostalgia.
E’ il tuo primo film. Nel cast
ci sono dei nomi importanti, ma anche degli esordienti. Come
ti sei trovato?
Ho
avuto l’enorme fortuna di trovarmi davanti Laura Morante,
meravigliosa e generosa attrice, alla quale sono molto grato
per aver accettato un ruolo come quello di Giovanna, così
delicato e inedito per lei. Mi ha colpito l’intelligenza
e il divertimento col quale si è buttata nel progetto.
Poi Neri Marcorè, che a conoscerlo è uno spettacolo
continuo e che con i suoi fuoriscena sarebbe da farci tutto
un film. Ho sentito fiducia da parte loro fin dall’inizio.
Questo è servito per vincere una altrimenti inevitabile
soggezione. Lo stesso per Andrea Renzi, uno splendido e sfasato
Agostino, e poi Gigio Alberti, quel meraviglioso trombone
di Raimondo Florinelli Nardi, entrambi per me attori di culto.
E’ stato bello passare del tempo con loro.
Meno soggezione, ma certo non meno lavoro, nei rapporti con
i giovanissimi attori del film. Sono il frutto della ricerca
fatta nelle scuole e per le strade di Roma e dell’Argentario
insieme a Betta Boni e Dario Ceruti, con i quali ormai faccio
squadra da un po’. Ho provato ad aiutare i ragazzi ripensando
alla mia quasi unica esperienza da attore quando avevo diciassette
anni, “preso dalla strada” come loro; allo spaesamento
che provoca il cinema a chi non lo ha mai frequentato e si
trova nel bel mezzo del circo con le luci in faccia e dei
segni da seguire sul pavimento. E’ risultata utile anche
la pratica accumulata durante le esperienze di casting, dove
in qualche modo ti trovi a dirigere e dove impari a individuare
le caratteristiche che ti servono per i vari personaggi. Incontrare
Gabriela Belisario è stata veramente una fortuna, coi
suoi meravigliosi occhioni da cartone animato e il suo talento
incredibile: ha subito convinto me e anche i produttori. Avevamo
inventato degli aggettivi, delle espressioni tra di noi per
capirci al volo durante le riprese, un vero spasso. Per Iacopo
Petrini avevo una particolare aspettativa rivedendo nel docile
Adelmo me stesso a quell’età. Lui si è
lasciato guidare in questo revival e ci siamo divertiti un
sacco.
[Intervista
a cura dell'Ufficio Stampa del film]