Il divo
id.
Regia
Paolo Sorrentino
Sceneggiatura
Paolo Sorrentino,
Giuseppe D'Avanzo
Fotografia
Luca Bigazzi
Montaggio
Cristiano Travaglioli
Scenografia
Lino Fiorito
Costumi
Daniela Ciancio
Musica
Teho Teardo
Interpreti
Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Giorgio Colangeli, Alberto Cracco, Piera Degli Esposti, Gianfelice Imparato, Massimo Popolizio, Paolo Graziosi
Produzione
Indigo Film, Lucky Red, Parco Film, Babe Films, Studiocanal, Arte France Cinéma
Anno
2008
Nazione
USA
Genere
drammatico
Durata
110'
Distribuzione
Lucky Red
Uscita
28-05-2008
Giudizio
Media

In concorso a 61° Festival di Cannes, il film scritto e diretto da Paolo Sorrentino, ha vinto il Premio della Giuria, oltre a quello per i valori tecnici (assegnato al direttore della fotografia Luca Bigazzi e a quello del suono Angelo Raguseo per l'armonia dell’immagine e del suono).
Il regista napoletano, ha dichiarato in sala stampa: “Era un film molto rischioso, quindi avere un premio non era previsto. Giulio Andreotti è un personaggio incredibilmente cinematografico e raccontare gli anni del suo potere mi ha dato l’opportunità di parlare di un periodo sconvolgente per l’Italia, un periodo sul quale ritenevo fosse importante tornare per capire qualcosa in più dell’Italia di ieri, ma anche di quella di oggi”. Invece il presidente della giuria di Cannes, Sean Penn ha sottolineato il “potere travolgente e autenticità del film. Un linguaggio a servizio di un cinema di grande dinamismo. L’audacia di fotografia che racconta come va il mondo e la politica in modo umoristico e pieno di energia. Corrisponde ad un nuovo genere che forse un giorno si chiamerà cinema pop”. Ed ora parliamo della pellicola.
«Il mal di testa è sempre stato il mio problema, quando feci la visita medica per il militare il medico mi diagnosticò sei mesi di vita, ma è stato lui a morire prima di me e dopo molti altri. Queste gocce che prendo per il mal di testa le ho mandate anche a Pecorelli. Ma è morto pure lui». Il film è iniziato da qualche minuto, ma solo adesso viene pronunciata la prima battuta: è di Giulio Andreotti (impareggiabile Toni Servillo, poco somigliante ma identico nello studio dell’intimità dell’uomo Andreotti) che con degli aghi sulla fronte, riflette mentre prende appunti. Prima di questa immagine, però, viene presentata una carrellata di omicidi devastanti. Sono quelli di Roberto Calvi impiccato sotto il ponte di Londra, di Michele Sindona, Carmine Pecorelli, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giorgio Ambrosoli, Aldo Moro (che torna per tutto il film come memento della coscienza del senatore, che lo vive “come una seconda emicrania”), fino a quello felliniano “incidente” di Giovanni Falcone. Tutti vengono titolati in rosso (non sarà un caso, se è il colore dominante nei titoli), per non far perdere un solo “corpo” allo spettatore più giovane e per identificare la storia con le immagini.
Il periodo è quello tra la fine del settimo, conclusosi nel giugno del 1992, e l’inizio del processo per associazione mafiosa che lo ha visto coinvolto nelle vesti di imputato. In sintesi potrebbe essere questo il film: l’impassibile politico Andreotti e le morti connesse ai sette governi che l’hanno visto protagonista. La vicenda viene descritta da Sorrentino con uno spunto grottesco che dà la cifra stilistica alla pellicola e rende plausibile ogni scena. Da quella mai confermata dell’incontro tra Andreotti e Riina, a quelle in cui si ferma davanti ad un gatto bianco mentre si avvia alla settima Presidenza. Senza dimenticare quelle più familiari, intime: il Divo che guarda la tv in compagnia della moglie Livia (profonda e calibratissima Anna Bonaiuto) e senza parole si commuovono ascoltando “I migliori anni della nostra vita”, cantata dal vivo da Renato Zero, i chilometri dentro casa per sfogare la tensione fino alla fedele segretaria Signora Enea (impeccabile Piera Degli Esposti) che lo segue silente e lo incita a “stare dritto”. Senza dimenticare le scene delle riunioni della corrente andreottiana, con Cirino Pomicino (Carlo Buccirosso) irrefrenabile e sempre circondato da belle donne; Vittorio Sbardella (Massimo Popolizio) ingombrante ma consapevole della grandezza del politico quando il senatore non viene eletto Presidente della Repubblica; Giuseppe Ciarrapico (Aldo Ralli); il cardinale Angelini; Franco Evangelisti (Flavio Bucci) e Salvo Lima (Giorgio Colangeli). L’uccisione di quest’ultimo, viene proposta con un montaggio parallelo degno della storia del cinema: morte e corse di cavalli. Alla notizia della morte di Lima, Andreotti reagisce con assoluta freddezza, parlando al telefono con la cugina (scena realmente vissuta dal regista quando ha incontrato il senatore).
Cinema politico quello di Sorrentino. Dopo L’amico di famiglia, incentrato sull’usuraio sessantenne di una cittadina dell’Agro Pontino, la scelta ricade sul simbolo dell’Italia: la Sfinge, il Gobbo, La Volpe, il Papa nero, Belzebù. In altre parole il Divo Giulio, emblema di una riflessione sui mali del nostro Paese. Il paragone con Francesco Rosi ed Elio Petri non è azzardato.
[valentina venturi]

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