Giulio Andreotti, l’uomo
politico più importante che l’Italia ha
avuto negli ultimi cinquant’anni, possiede il
fascino dell’ambiguità e una complessità
psicologica così intricata da aver incuriosito
chiunque nel corso degli anni. Quando ho cominciato
a documentarmi su Andreotti, perché avevo voglia
da sempre di fare un film su di lui, sono inciampato
in una letteratura sterminata e contraddittoria che
creava un’autentica vertigine. Per lungo tempo
ho pensato che tutto quel “materiale” non
potesse mai essere incanalato dentro lo stretto imbuto
che un film, con le sue regole, richiede di usare. Inoltre,
l’immagine di Andreotti come quintessenza dell’ambiguità,
è una patente rilasciatagli non solo dagli studiosi,
dai cronisti e dai cittadini italiani, ma è una
caratteristica con la quale lui stesso ha sempre giocato
e speculato.
A partire dalla dichiarazione sul suo film preferito
di sempre: “Il dottor Jekyll e Mr. Hyde”.
E, mentre scriveva best seller garbati, ironici e rassicuranti,
buttava lì mezze frasi sul suo archivio privato,
pieno di nomi e fatti segreti, dei quali lui solo sembrava
essere a conoscenza.
Ma la dualità costante, tra una maschera di uomo
normale e prevedibile e un privato fatto di mistero
e di tenebre, prevede in Andreotti una aneddotica infinita.
Ora, di fronte a una letteratura così sconfinata,
urge il dono raro della sintesi. Per questa ragione
mi servo di ciò che hanno affermato due donne
che, molto meglio di me e di altri, possiedono questo
dono.
Una è Margaret Thatcher che, senza mezzi termini,
ha detto di Andreotti: “Sembrava decisamente contrario
ai principi etici, ed era addirittura convinto che una
persona di principi fosse condannata ad essere una persona
ridicola”.
L’altra citazione è di Oriana Fallaci:
“Mi mette paura, ma perché? Quest’uomo
mi ha ricevuto con una gentilezza squisita, cordiale.
Mi aveva fatto ridere a gola spiegata, arguto. E il
suo aspetto non era certo minaccioso. Quelle spalle
strette quanto le spalle di un bimbo, e curve. Quelle
mani delicate, dalle dita lunghe e bianche, come candele.
Quell’atteggiamento di perpetua difesa. A chi
fa paura un malatino, a chi fa paura una tartaruga?
Solo più tardi, molto tardi, mi resi conto che
la paura mi veniva proprio da queste cose. Il vero potere
non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che
abbaia. Il vero potere ti strozza con nastri di seta,
garbo, intelligenza”. Ecco, queste due dichiarazioni
sull’uomo più potente d’Italia, tra
le migliaia che ho letto, mi hanno rivelato l’esistenza
di un nucleo centrale poderoso sul quale si poteva imperniare
un film.