Chiedi alla polvere
Ask the Dust
Regia

Robert Towne

Sceneggiatura
Robert Towne
Fotografia

Caleb Deschanel

Montaggio
Robert K. Lambert
Musica
Christopher Young
Interpreti
Colin Farrell, Salma Hayek, Donald Sutherland, William Mapother, Tamara Craig Thomas, Idina Menzel, Eileen Atkins, Justin Kirk
Anno
2006
Durata
117'
Nazione
USA
Genere
drammatico
Distribuzione
Moviemax

… ecco, finalmente un uomo che non aveva paura delle emozioni. Rimasi fermo per un attimo a leggere, poi mi portai il libro al tavolo con l'aria di uno che ha trovato l'oro nell'immondezzaio cittadino…E' la storia di un uomo fortunato e sfortunato in ugual misura, di un uomo di raro coraggio naturale… scritta con le viscere e per le viscere, con il cuore e per il cuore.” Così nel 1980 scriveva Charles Bukowski nella prefazione all’edizione di Chiedi alla polvere di John Fante che Bukowski pretese fosse pubblicata dal suo editore la Black Sparrow Press.
Chiedi alla polvere è cronologicamente il secondo romanzo che Fante dedicò al suo alter ego Arturo Bandini insieme ad Aspetta primavera, Bandini, Sogni di Bunker Hill e La strada per Los Angeles. Quattro romanzi per narrare la saga di Baldini, dall’accettazione della sua estrazione umile, passando per la formazione della personalità artistica, sino al raggiungimento di un compromesso tra l’orgoglio della sua provenienza italo-americana e il suo desiderio di assimilazione.
Ora, dopo 30 anni di gestazione, Robert Towne, sceneggiatore Premio Oscar per Chinatown di Roman Polansky, porta sullo schermo il capolavoro di Fante puntando sull’appeal di attori come Colin Farrell nella parte di Arturo Bandini e Salma Hayek in quella di Camilla, una donna molto amata dallo scrittore tanto da farsi tatuare il suo numero sul corpo.
Lui è un giovane scrittore alle prime arti, con un gran talento inespresso a causa della sua poca esperienza nella vita quotidiana. Lasciato il nativo Colorado vive in una camera d’albergo nella periferia di Los Angeles. Camilla è una giovane messicana, con una sola idea nella testa: sposare un americano white anglo-saxon protestant (WASP) ed assumerne il cognome. Un modo per emanciparsi ed acquistare una rispettabilità che nell’America degli Anni Trenta era difficile da divenire, se messicana. Sullo sfondo la Los Angeles della Grande Depressione, volgare e piena di glamour nello stesso tempo, brillante e malfamata; un ricettacolo di desideri inespressi e sogni irrealizzati che si consumano tra il calore e la polvere di una città dove le aspirazioni di fama, benessere, ricchezza si scontrano con una realtà instabile come le masse telluriche sulle quali è costruita.
Towne concentra la sua attenzione sull’incontro-scontro tra Arturo e Camilla, puntando decisamente sul lato melò del testo di riferimento che però viene restituito allo spettatore cinematografico in maniera prevedibile, meccanica, manieristica. L’opera di semplificazione del romanzo a cui Towne va incontro, rischia la banalizzazione dello stesso tanto che la storia appare come un feuilleton d’altri tempi con le prevedibile schermaglie amorose, il gioco del ti lascio - ti riprendo - per rilasciarti – e riprenderti prima di perderti definitivamente.
Intorno ai due protagonisti assolutamente convincenti nella parte - sebbene la Camilla descritta nel romanzo sia fisicamente diversa dalla bella attrice messicana, la Hayek riesce a regalare al suo personaggio una intensa aderenza psicologica ed una interpretazione di notevole spessore – ruotano una serie di comprimari di lusso da Donald Sutherland il cui Hellfrick, veterano della prima guerra mondiale alcolizzato, è costruito sulla perfetta personificazione di quella riga di W.B. Yeats in Viaggio verso Bisanzio in cui si dice “un uomo anziano altro non è che cosa miserevole, una giacchetta sbrindellata su un bastone”, a Idina Menzel (Rent) nel ruolo di Vera Rifkin, donna fisicamente ed emotivamente provata che fungendo da contraltare alla fisicità espressa di Camilla, aiuta Bandini a diventare l’uomo che egli desidera essere.
Chiedi alla polvere come ogni progetto a lungo accarezzato alla resa dei conti risulta un’opera parzialmente riuscita, paradossalmente per il troppo amore e rispetto nei confronti della fonte originale. Se da una parte corre il rischio di deludere i lettori del romanzo, dall’altra ha quel giusto appeal per spingere nuovi e soprattutto giovani lettori ad avvicinarsi all’opera omnia di uno scrittore che non sfigura certamente quando accostato a nomi non casuali come Charles Bukowski e Jack Kerouac.
[fabio melandri]



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