“…
ecco, finalmente un uomo che non aveva paura delle emozioni.
Rimasi fermo per un attimo a leggere, poi mi portai il libro
al tavolo con l'aria di uno che ha trovato l'oro nell'immondezzaio
cittadino…E' la storia di un uomo fortunato e sfortunato
in ugual misura, di un uomo di raro coraggio naturale…
scritta con le viscere e per le viscere, con il cuore e per
il cuore.” Così nel 1980 scriveva Charles
Bukowski nella prefazione all’edizione di Chiedi
alla polvere di John Fante che Bukowski pretese fosse
pubblicata dal suo editore la Black Sparrow Press.
Chiedi alla polvere è
cronologicamente il secondo romanzo che Fante dedicò
al suo alter ego Arturo Bandini insieme ad Aspetta
primavera, Bandini, Sogni di
Bunker Hill e La strada per Los
Angeles. Quattro romanzi per narrare la saga di Baldini,
dall’accettazione della sua estrazione umile, passando
per la formazione della personalità artistica, sino
al raggiungimento di un compromesso tra l’orgoglio della
sua provenienza italo-americana e il suo desiderio di assimilazione.
Ora, dopo 30 anni di gestazione, Robert Towne, sceneggiatore
Premio Oscar per Chinatown di
Roman Polansky, porta sullo schermo il capolavoro di Fante
puntando sull’appeal di attori come Colin Farrell nella
parte di Arturo Bandini e Salma Hayek in quella di Camilla,
una donna molto amata dallo scrittore tanto da farsi tatuare
il suo numero sul corpo.
Lui è un giovane scrittore alle prime arti, con un
gran talento inespresso a causa della sua poca esperienza
nella vita quotidiana. Lasciato il nativo Colorado vive in
una camera d’albergo nella periferia di Los Angeles.
Camilla è una giovane messicana, con una sola idea
nella testa: sposare un americano white anglo-saxon protestant
(WASP) ed assumerne il cognome. Un modo per emanciparsi ed
acquistare una rispettabilità che nell’America
degli Anni Trenta era difficile da divenire, se messicana.
Sullo sfondo la Los Angeles della Grande Depressione, volgare
e piena di glamour nello stesso tempo, brillante e malfamata;
un ricettacolo di desideri inespressi e sogni irrealizzati
che si consumano tra il calore e la polvere di una città
dove le aspirazioni di fama, benessere, ricchezza si scontrano
con una realtà instabile come le masse telluriche sulle
quali è costruita.
Towne concentra la sua attenzione sull’incontro-scontro
tra Arturo e Camilla, puntando decisamente sul lato melò
del testo di riferimento che però viene restituito
allo spettatore cinematografico in maniera prevedibile, meccanica,
manieristica. L’opera di semplificazione del romanzo
a cui Towne va incontro, rischia la banalizzazione dello stesso
tanto che la storia appare come un feuilleton d’altri
tempi con le prevedibile schermaglie amorose, il gioco del
ti lascio - ti riprendo - per rilasciarti – e riprenderti
prima di perderti definitivamente.
Intorno ai due protagonisti assolutamente convincenti nella
parte - sebbene la Camilla descritta nel romanzo sia fisicamente
diversa dalla bella attrice messicana, la Hayek riesce a regalare
al suo personaggio una intensa aderenza psicologica ed una
interpretazione di notevole spessore – ruotano una serie
di comprimari di lusso da Donald Sutherland il cui Hellfrick,
veterano della prima guerra mondiale alcolizzato, è
costruito sulla perfetta personificazione di quella riga di
W.B. Yeats in Viaggio verso Bisanzio in cui si dice “un
uomo anziano altro non è che cosa miserevole, una giacchetta
sbrindellata su un bastone”, a Idina Menzel (Rent)
nel ruolo di Vera Rifkin, donna fisicamente ed emotivamente
provata che fungendo da contraltare alla fisicità espressa
di Camilla, aiuta Bandini a diventare l’uomo che egli
desidera essere.
Chiedi alla polvere come ogni
progetto a lungo accarezzato alla resa dei conti risulta un’opera
parzialmente riuscita, paradossalmente per il troppo amore
e rispetto nei confronti della fonte originale. Se da una
parte corre il rischio di deludere i lettori del romanzo,
dall’altra ha quel giusto appeal per spingere nuovi
e soprattutto giovani lettori ad avvicinarsi all’opera
omnia di uno scrittore che non sfigura certamente quando accostato
a nomi non casuali come Charles Bukowski e Jack Kerouac.
[fabio melandri]
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