Chiedi alla polvere
Titolo originale
Ask the dust
Autore
John Fante
Anno
1939
Editore
Marcos y Marcos, Einaudi
Bukowski si innamorò di questo libro e leggendolo se ne capisce il perché. Chiedi alla polvere è un romanzo che nasce in una Los Angeles dove le speranze e le disillusioni della gente si confondono nella combinazione di culture abbandonate al proprio destino, al confine con un deserto affamato di sogni e di vite. "Così l'ho intitolato, Chiedi alla polvere, perché in quelle strade c'è la polvere dell'Est e del Middle West, ed è una polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, una frenetica ricerca di un riparo, la furia cieca di un popolo perso e senza speranza alle prese con la ricerca affannosa di una pace che non potrà mai raggiungere". Come nei precedenti romanzi appartenenti alla saga di Bandini, anche in quest’ultimo Fante parla di sé attraverso il suo alter ego, affondando il ricordo nella sua giovinezza squattrinata tra le strade sabbiose di Los Angeles. Ritorna qui il tema già precedentemente affrontato nel suo primo romanzo, La strada per Los Angeles, scritto tra il 1934 e il 1936 ma uscito solamente postumo nel 1985, due anni dopo la sua morte. Siamo infatti lontani dall’ambiente familiare descritto nella sua opera narrativa d’esordio, Aspetta primavera, Bandini, in cui spicca la figura del padre e tutto ciò che ruota intorno al mondo della sua prima infanzia trascorsa in Colorado. In Chiedi alla polvere Arturo è già un ragazzo, un ventenne che insegue un sogno, un bruciante desiderio che lo conduce lontano dal suo luogo d’origine e dalla famiglia nel tentativo di strapparsi alla povertà. Perché Bandini scrive prima di tutto per mangiare, scrive per poter vendere i propri racconti e sfamarsi. La sua non è quindi una passione a tempo perso, una posa da intellettuale, ma un vero e proprio mestiere al quale si applica con costanza e dedizione. Questo la dice lunga sul “mestiere dello scrivere” e sotto molti punti di vista accosta Fante ad altri autori come Bukowski e Kerouac, per i quali lo scrivere riassumeva tutto il senso della propria esistenza: scrivere per vivere o per sentirsi vivi, scrivere per raccontarsi. E forse non è un caso che Fante pensò inizialmente di intitolare il proprio romanzo “Ask the Dust on the Road”, anticipando così di quasi venti anni il libro-simbolo della Beat Generation: Sulla strada di Jack Kerouac. E di strada Fante ne ha percorsa tanta. Appartenente ad una famiglia di abruzzesi immigrati in America nel 1901, John nacque in Colorado dove trascorse gli anni della sua infanzia. Ancora giovanissimo partì per raggiungere la California e stabilirsi a Los Angeles, luogo nel quale sono appunto ambientati i libri sulla saga di Bandini. E proprio nella città degli angeli prenderà vita il Fante-scrittore, l’Arturo che tutti ben conosciamo, il ragazzo squattrinato che si aggira solo per le strade di una città polverosa, “perché il tuo guaio è che non sai niente della vita”, come scriverà nelle pagine del suo romanzo. Probabilmente Kerouac avrebbe apprezzato questo autore di talento, così come lo apprezzò Bukowski, il quale lo cita anche in un suo scritto, Donne, del 1978. Purtroppo è il mondo a scoprirlo tardi, o meglio, a riscoprirlo pochi anni dopo la sua morte. La prima traduzione italiana dell’opera, a cura di Elio Vittorini, risale al 1941 con il titolo Il cammino nella polvere, ma è presto dimenticata. È solo nel 1983 che vede la luce la nuova traduzione a cura di Maria Giulia Castagnone, alla quale seguirà la definitiva consacrazione di Fante a scrittore di vero talento. Il romanzo racconta una storia d’amore, in un percorso fatto di tentativi e fogli bianchi, di pellegrinaggi senza meta lungo strade buie, di fame e desiderio represso, dove Arturo è il bugiardo, il codardo, l'ateo che non riesce a scrollarsi di dosso il senso di colpa cristiano, il peccatore che tenta di redimersi ad ogni sbaglio. Poi l'incontro con Camilla, la cameriera messicana che lo trascina in quello che lo stesso Fante definisce <<amore senza desiderio>>, amplesso mancato, impossibilità di penetrare fino in fondo in quegli occhi, in quei capelli neri, in quelle gambe scure e lisce. Fino al crollo, al fallimento finale che coincide con la vittoria di un romanzo pubblicato, di una fatica e di una fame ripagate con il successo. E come sempre il deserto avrà l'ultima parola. Racconto autobiografico, poetico e tragico, profondamente autentico. [giulia rastelli]
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