In
una Roma lontana dalle cartoline agiografiche servite ai turisti,
si consumano le vite di Diego, ragazzino senza arte ne parte
se non quella della truffa e delle piccole delinquenze, ed
Asia la sua ragazza che lavora in un ristorante come cameriera,
tra serate al bar con gli amici e piccoli grandi sogni da
realizzare.
Nella stessa periferia che va da Casal Bruciato a Pietralata
e giù seguendo la Tiburtina fino a San Basilio, e poi
più a Nord verso Fidene e Prima Porta, la periferia
dominata dal cemento armato, comanda il Primario, un costruttore
con l’hobby del traffico di droga, che considera la
città, la sua città. E quando Diego inconsapevolmente
gli procura un danno, la vendetta del Primario sarà
feroce, inesorabile, sanguinaria.
Cemento armato segna il ritorno sul grande schermo del pulp
all’italiana, colorandosi di suoni, rumori ed atmosfere
delle periferie delle grandi città per vestire di verosimiglianza
dure storie di criminalità che nella realtà
carsicamente emergono all’onore della cronaca in maniera
sistematica ma che il cinema contemporaneo non ha mai saputo/voluto
raccontare dopo i fasti degli anni Settanta.
Cemento armato è la storia di un conflitto, confitto
tra il male ed il bene. Il primo ben organizzato, cinico e
consapevole incarnato dalla figura del Primario e dei suo
scagnozzi, il secondo in fieri non ancora sbocciato ma sul
punto di farlo. Ogni personaggio sembra combattere con il
proprio lato oscuro, una bidimensionalità (il bene
ed il male presente in quasi tutti i personaggi poi caratterizzati
dalla prevalenza di un aspetto sull’altro) funzionale
ad una storia di vendetta ed incroci che rimanda a tutta una
serie di filoni cinematografici contemporanei ma che per il
suo essere calato in un’ambiente riconoscibile e verosimile,
lo rende nel suo piccolo unico.
Lo stesso gruppo di lavoro che aveva lavorato nelle commedie
di successo Notte prima
degli esami e Notte
prima degli esami – Oggi, abbandona i toni leggeri
della commedia per calarsi in quelli più rischiosi
e delicati del noir. Giorgio Faletti, Nicolas Vaporidis, Carolina
Crescentini (la più credibile dei tre nel ruolo) davanti
la macchina da presa, dietro Marco Martani (sceneggiatore
dei due film sopra citati e partner di Fausto Brizzi, co-sceneggiatore
di Cemento Armato, per i film
panettoni firmati De Laurentiis-Neri Parenti), oltre a tecnici
e artigiani ritrovatisi unitamente sul set coordinati da Federica
Lucidano alla produzione per la Italian International Film
che promette nuove sorprese.
Il risultato finale è scostante. L’impiego di
attori leggeri – aggiungiamo Dario Cassini nel ruolo
del poliziotto corrotto – in ruoli drammatici funziona
a metà e se convince come presenza scenica (Faletti
è fisicamente perfetto ma quando recita lascia sospeso
più di un dubbio) meno nel recitato. Alcuni passaggi
prevedibili nuocciono al ritmo della narrazione, mentre sono
ben caratterizzati i personaggi di contorno che servono a
colorare il tono complessivo del film.
Un finale coraggioso riscatta in parte un film che avvince
ma non convince, apprezzabile nelle sue intenzioni, meno nella
sua realizzazione.
[fabio melandri]