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La
locandina della Sessantaseiesima edizione del Festival Internazionale
di Avignone è un invito alla mobilitazione, lo schizzo
rosso vivo di un uomo con un megafono in mano, visualizzazione
del successo editoriale francese Indignez-vous (Indignatevi),
sponsorizzato da un credito cooperativo locale, in cui «L’arte
viva deve restare tale… Il teatro è un’opera
di un’utilità pubblica e cittadina». La cultura
come valore pubblico, con una funzione sociale e, diciamolo
pure, politica. Nell’anno del centenario della nascita
dello scrittore francese Jean Vilar, l’artista associato
all’edizione 2012 è stato Simon McBurney, attore
e regista inglese allievo di Le Coq a Parigi e presente al Festival
con lo spettacolo Il Maestro e Margherita di Bukowski, che ricorda
che «la pigrizia è il peggiore dei peccati».
I titoli della rassegna riguardano pochi autori classici, tra
cui Pirandello, molti contemporanei, in cui il tema della finanza
fa la parte del leone, un’unica compagnia teatrale italiana,
la Socìetas di Romeo Castellucci, una vera star da queste
parti. È un teatro che sollecita, chiede impegno, partecipazione
da parte degli spettatori, o meglio spett-attori. Il pubblico
è mediamente giovane. C’è anche il contro
festival, “Le OFF”, che si contrappone a quello
ufficiale che qui chiamano “Le IN”, in pura salsa
francese… Al gusto del contraddittorio o forse della pluralità
democratica delle voci.
[deborah ferrucci] .
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