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Anno
2012
Genere
drammatico
In
scena
Festival di Avignone
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Autore |
Steven
Cohen |
Regia |
Steven
Cohen |
Scene |
Steven
Cohen |
Costumi |
Steven
Cohen |
Luci |
Erik
Houllier |
Interpreti |
Steven
Cohen,
Nomsa Dhlamini |
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Il
teatro ha un suo linguaggio e le parole, spesso, sono di contorno.
“La culla dell’umanità” di Steve Cohen,
autore teatrale sudafricano, è l’Africa, le sue
grotte, la sua tata di colore (Nomsa Dhlamini) con la quale
ripercorre la storia dell’umanità e della schiavitù
degli africani. Cohen utilizza oggetti artistici come simbolo:
le immagini scorrono su un video, le parole si leggono su una
sfera che cambia colore a seconda della razza che vuole interpretare,
bianca o nera. L’autore protagonista dello spettacolo
si presenta come un moderno esemplare metropolitano: dipinto
di bianco, orecchini ai lobi, scarpe con tacco alto, un bustino
bianco incandescente illuminato, a ricordare che il maschio
proviene dalla scimmia come il feticcio che abbraccia in alcuni
momenti, ma è diventato anche femminile. Con gli oggetti
si arriva all’evoluzione dell’umanità, dagli
animali primordiali alle differenze razziali che provocano schiavitù,
catene, metri che misurano la protagonista femminile, eppure…
L’umanità nella sua accezione più poetica
si affaccia piano piano, le catene diventano uno splendido tutù
luminescente per la protagonista femminile, il sorriso sostituisce
la rassegnazione della donna, il sogno, la speranza, di una
vita è sempre possibile se si vive la propria vita come
un’opera d’arte. Non si dimenticano le proprie origini
animalesche, la lotta alla sopravvivenza, ma si va oltre, ci
si evolve verso una maggiore gentilezza verso se stessi e verso
gli altri.
[deborah ferrucci]
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