Un
tavolo verde, un mazzo di carte, tazzine da tea e
quattro donne che giocano a carte.
Siamo negli anni ’60 e sul palco uno spaccato
di vita, un consueto appuntamento settimanale, in
cui tra una partita e l’altra le amiche si confrontano,
mettendo a nudo le proprie esistenze. Una di loro
è incinta. Il suo stato è l’occasione
per riflettere sulla maternità e la realizzazione
delle proprie vite: nessuna lavora, sono madri, casalinghe,
mogli o amanti che abbattendo a fatica il muro delle
convenzioni e del bon ton riescono, attraverso il
dialogo, ad accettare le proprie frustrazioni e la
perdita dei sogni.
Il primo atto si conclude con una nascita. Il secondo
- per inversione - si apre con la morte di una delle
quattro. Il lutto riunirà le figlie, sempre
intorno ad un tavolo.
Scritto e diretto da Cristina Comencini, il fortunato
spettacolo ha come tema principale la condizione della
donna. Momenti di giocosa ilarità ed ironia
s’intrecciano ad amare considerazioni sulla
difficoltà di trovare un equilibrio. Lungi
dall’essere un manifesto del femminismo, il
testo scandaglia la naturale tensione tra volontà
di affermazione e pacata accettazione del proprio
destino.
Le due partite, i due salti temporali sono lo specchio
rovesciato del tempo: le figlie delle giocatrici realizzano
i sogni delle prime, ma neanche così appaiono
appagate. Sembrano anche loro schiacciate dall’eccessiva
forza caratteriale o da un’emancipazione ostinata,
che le induce a perseguire la propria strada in totale
solitudine. Il sogno diventa nemesi, che ricade da
madre a figlia lasciando comunque irrisolto il problema
di una piena collocazione nella società. Senza
dimenticare il contraddittorio rapporto con l’universo
maschile. Tutto ciò viene espresso con assoluta
freschezza di dialogo. Notevole è il cambiamento
di registro del linguaggio tra gli austeri anni ’60
del primo atto e i dialoghi più moderni del
secondo. Se il primo non riesce ad pronunciare liberamente
la parola sesso, il secondo è contraddistinto
da una comica quanto manifesta crudezza.
Le quattro attrici – Sara Bertelà, Stefania
Felicioli, Susanna Marcomeni e Chiara Noschese –
interpretano sia le madri che le figlie con naturalezza;
divertono e commuovono, tratteggiando le numerose
sfaccettature e contraddizioni della donna.
Mai soddisfatte, fiere della propria maternità
e scontente delle rinunce, affermate ma solitarie,
amanti spregiudicate, forti e sarcastiche ma che non
riescono a staccarsi dall’avvolgente abbraccio
materno.
Per il pubblico femminile è difficile non ritrovare
un lato del proprio carattere.
[paola di felice]