1966.
Il giovedì, per quattro amiche, prevede un appuntamento
irrinunciabile: giocare a carte. Tra una smazzata e una tazza
di thè a casa di Beatrice (un’ingenua Isabella
Ferrari che parla in dialetto emiliano), Gabriella (Margherita
Buy, più ironica del solito), Claudia (Marina Massironi
molto impostata) e Sofia (Paola Cortellesi con piglio amaro)
si riuniscono intorno ad un tavolo, mentre le figlie giocano
nella camera accanto. Tra una sigaretta e una battuta sul
futuro parto della padrona di casa, vengono fuori i dilemmi
propri dell’epoca: mariti che tradiscono, frustrazioni
professionali per aver sacrificato la carriera alla famiglia
e matrimoni senza amore. Sono temi che appartengono solo alle
madri, o forse le loro azioni, pensieri, desideri e insoddisfazioni
ricadranno sulle figlie?
Passano trent’anni: le quattro eredi femmine si ritrovano
a casa di Beatrice, per il funerale della stessa, suicida.
Adesso a confrontarsi ci sono Sara (Carolina Crescentini esageratamente
isterica), diventata un’affermata pianista al contrario
della madre Gabriella; Giulia (Alba Rohrwacher) che ha sempre
subito la vita passivamente, ma che forse troverà la
forza di reagire; Rossana (Claudia Pandolfi), pediatra con
piglio maschile che non sa se avere o meno un figlio che le
faccia affermare la sua femminilità. Ed infine Cecilia
(Valeria Melillo), single in ormonale attesa del figlio da
concepire in provetta.
A conti fatti, le difficoltà che vivono le donne sono
rimaste le medesime: il difficile rapporto uomo/donna, l’emancipazione
femminile, la voglia di riscatto professionale e il tempo
che passa. Si impara dagli errori materni, o si ricade nelle
stesse mancanze?
Pellicola tratta dall’omonimo testo teatrale scritto
e diretto sul palcoscenico da Cristina Comencini, Due
partite cerca di mettere in luce, con ironia e semplicità
narrativa, i pensieri delle donne. La versione cinematografica
ha molti debiti rispetto a quella teatrale – a cominciare
dalla scelta di mantenere un solo ambiente – eppure
i debiti diventano qualità grazie al montaggio veloce.
Il regista Enzo Monteleone (voluto dalla Comencini: “Lo
sguardo di un uomo ha dato forza drammatica al testo”),
ha dichiarato: “Cecilia Zanuso è stata molto
brava, ma anche le attrici: abbiamo ripetuto infinite volte
i ciack, necessari per cogliere anche un’alzata di sopracciglia.
In fase di montaggio questi frammenti emotivi sono diventati
la forza della pellicola, rimanendo funzionali alla storia”.
Scenografia e costumi sono studiati con cura e minuziosità,
come anche la musica: Mina è la colonna sonora ideale.
[valentina venturi]