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Regia
David Moreau,
Xavier Palud
Sceneggiatura
David Moreau,
Xavier Palud
Fotografia
Axel Cosnefroy
Montaggio
Nicolas Sarkissian
Scenografia
Nicolas Dancel
Costumi
Elisabeth Mehu
Suono
Christine Charpail
Produzione
Eskwad, StudioCanal, Castel Film, Canal +, Cinécinéma
Interpreti
Olivia Bonamy, Michaël Cohen
Anno
2007
Genere
horror
Nazione
Francia
Durata
77'
Distribuzione
KStorm
Uscita
27-04-07

Gli italiani non lo fanno più da un pezzo. Spagnoli ed inglesi lo fanno saltuariamente con alterni risultati. Agli americani piace ri-farlo, ritornando ai tempi di quando lo facevano ed anche bene. I tedeschi lo facevano quando gli incubi di un senso di colpa non ancora tacitato dava loro coraggio, ispirazione ed incubi. I francesi lo fanno, ci credono e gli riesce pure bene.
Stiamo parlando, scalziamo subito maliziosi equivoci dalla mente del lettore, del cinema horror. Un cinema basico, di pancia, pura costruzione del terrore utilizzando i mezzi puri e crudi dell’arte cinematografica, del racconto per immagini. La trama è un puro pretesto, ma non sempre, per una messa in scena che scandaglia i gangli tumorali delle nostre paure per una analisi impietosa delle nostre debolezze, insicurezze, fobie.
Dicevamo dei francesi. Dopo il fulminante esordio di Alexandre Aja in Alta Tensione seguito dal remake di Le colline hanno gli occhi, registriamo la vitalità ed il coraggio produttivo transalpino con una seconda opera di due registi qui al debutto sul grande schermo: Xavier Palud e David Moreau. Spiega quest’ultimo: “L’horror non è il solo genere a cui siamo affezionati ma occupa un posto significativo nella nostra cultura e, da cinefili, è per noi puro divertimento. Il cinema degli anni 80 è quello che ci esalta di più. Molti ritengono questo genere di film “minore”, ma non bisogna dimenticare che è stato prodotto per intrattenere il pubblico, onestamente e senza pretese: questi sono i film che ci hanno portato a fare questo lavoro. Si tratta di titoli molto realistici che partono da una base sociale credibile per rivelare in fondo qualcosa di straordinario. Desideravamo girare un film che terrorizzasse la gente che ama l’horror e il thriller. Abbiamo allora indetto un breve “sondaggio” chiedendo ai nostri amici cosa li spaventasse maggiormente. Tutti ci hanno dato la stessa risposta: avere degli intrusi in casa propria.
La trama è semplice. Una grande casa isolata nella periferia di Bucarest. Una coppia di giovani, Lucas e Clementine che proprio in quella casa in mezzo alla foresta hanno costruito il loro nido d’amore. Tutto procede tranquillo ma intuiamo che è solo la quiete che precede la tempesta. Una notte, strane presenze iniziano ad aggirarsi intorno all’edificio. Qualcuno tenta di entrare nella casa. Gli scuri delle finestre vengono improvvisamente chiuse dall’esterno. I due finiscono per essere prigionieri del loro nido d'amore. Ma il peggio deve ancora venire, perché le presenze riescono a penetrarvi all’interno per un incubo senza fine. Non diremo altro per non rovinare il piacere della paura, del puro terrore che i due registi riescono a costruire attraverso una calibrata ed a tratti insostenibile costruzione della suspence, incentrata sul principio basico di negazione della visione. Percepiamo la presenza di qualcosa/qualcuno, ma non la vediamo mai direttamente se non di riflesso, attraverso dettagli fisici, le azioni che compiono, i segni che lasciano. Chi sono, cosa vogliono, perché lo fanno? Sono domande che lo spettatore non fa in tempo a porsi travolto dal ritmo incalzante su cui è imperniata la narrazione. E’ cinema tout-court. Una fotografia sgranata ed imperfetta - unico neo della pellicola - un montaggio sincopato, musica ridotta ai minimi termini per evidenziare i rumori ed i respiri sempre più affannati dei due giovani. La macchina da presa, puntata dritta in faccia ai due protagonisti Olivia Bonamy e Michaël Cohen per cogliere il loro terrore più profondo, si muove in maniera nervosa sul campo diegetico, catapultando lo spettatore all’interno della messa in scena, finendo per sentirsi lui stesso braccato, circondato, minacciato da queste presenze.
Con uno dei finali più agghiaccianti che si ricordino, il film proprio nei secondi finali compie uno scatto ulteriore, trasformandosi da puro oggetto di entertainment ad analisi sociologica di un malessere tanto diffuso quanto sotterraneo. Da vedere e rivedere. [fabio melandri]

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