Alta tensione
Haute Tension
Regia
Alexandre Aja
Sceneggiatura
Alexandre Aja,
Gregory Levasseur
Fotografia
Maxime Alexandre
Montaggio
Baxter
Musica
Francois Eudes
Interpreti
Cecile De France, Maiwenn, Philippe Nahon, Franck Khalfoun, Andrei Finti, Oana Pellea, Marco Claudiu Pascu, Jean-Claude De Goros, Bogdan Uritescu
Anno
2003
Durata
85'
Nazione
Francia
Genere
horror
Distribuzione
Eagle Pictures
Tutto in una notte. Una casa isolata... due amiche inseparabili... un assassino sanguinario... un’unica regola: SOPRAVIVERE.
Questa la trama di un horror secco, condensato nella trama, nei personaggi, nell’ambientazione. Un casale perso in mezzo ad un campo di grano che sembra il profondo sud americano ed invece siamo in Francia, che pesca a piene mani nei topoi primordiali del genere horror ma tiene lo spettatore inchiodato sulla poltrona dall’inizio alla fine.
I riferimenti filmici sono evidenti; siamo dalle parti di Non
aprite quella porta, La Casa, L’ultima casa a sinistra.
“Ci siamo divertiti ad immaginare tutte le situazioni più tremende che conoscevamo
e le abbiamo assemblate in un’ora e mezza di suspence. Abbiamo giocato con tutte le paure primarie, quella dell’ignoto, del buio, la claustrofobia e la morte” raccontano il regista Alexandre Aja insieme al co-sceneggiatore Gregory Levasseur.
Alta tensione è una perfetta macchina di paura, una generatrice di terrore puro e primordiale, con atmosfere soffuse nella prima parte dedicata alla descrizione del casale
da cui tutto ha origine per debordare nello splatter più violento e reazionario tipicamente Anni Settanta, con il sangue che schizza sulla macchina da presa colorando di rosso emoglubinico lo schermo ed i nostri iridi. Un film che tralascia inutili preamboli per catapultarci nel cuore dell’azione accanto alle due protagoniste femminili vittime di un violentissimo assassino che irrompe di notte nel casale e da l’avvio alla mattanza. La regia di Aja riesce a creare un clima claustrofobico insostenibile, riempiendo di oscura inquietudine dettagli di vita quotidiana attraverso giochi di
luce, funzionali movimenti di macchina ed un sonoro calibratissimo tra musiche e suoni d’ambiente. Nonostante momenti di puro gore con amputazioni, sgozzamenti e decapitazioni il film vive sull’equilibrio instabile di una angoscia persistente che è tanto nostra quanto quella delle due protagoniste Cecile De France (L’appartamento spagnolo) e Maiwenn. Angoscia che poi esplode nella seconda parte in cui l’effettaccio manifesto, lo schizzo di sangue diviene protagonista assoluto come nella convulsa sequenza della macchina fatta a pezzi da una motosega a lama rotante,
insieme ai suoi malcapitati passeggeri. La trama è tanto pretestuosa quanto funzionale alla scansione degli eventi e al servizio dei nostri peggiori incubi, tant’è che si sorvola sulla “trovata finale” che capovolge inaspettatamente ai più, il senso di quanto raccontato sino a quel punto. Ma perdoniamo con leggerezza questa devianza alla “Sesto Senso” di cui oramai il cinema sembra non poterne più fare a meno; perdoniamo l’assoluta inverosimiglianza su cui poggia la "devianza”; lo perdoniamo sull’altare di 85 minuti vissuti pericolosamente con il fiato mozzato. Sconsigliato agli impressionabili! [fabio melandri]