Folgorato a diciassette anni dal capolavoro claustrofobico
di Delmer Daves, James Mangold ha impiegato molte energie
e molti anni prima di convincere Hollywood a realizzarne un
adattamento. Rifiutato dalla Sony nonostante l'oscar come
migliore attrice a Reese Whiterspoon per il film su Johnny
Cash, Quando l'amore
brucia l'anima, perché un western è considerato
un genere morto e sepolto che non ha più niente da
dire al pubblico del weekend, il progetto viene sponsorizzato
da Cathy Conrad, produttrice e moglie di Mangold e grazie
all'interesse della Lionsgate ne vede finalmente la luce.
Benchè Quel treno per Yuma
sia a basso budget i divi, da Russell Crowe a Christian Bale
fino al redivivo Peter Fonda non mancano e sullo schermo l'azione
e le esplosioni si susseguono senza un attimo di respiro.
La Guerra Civile, mito di fondazione dell'identità
americana, è ormai un lontano ricordo e nordisti e
sudisti si ritrovano a convivere insieme e a costruire dal
nulla un intero paese. La siccità ha piegato le speranze
e le volontà di un reduce, ex tiratore scelto, Dan
Evans che nella terra ha investito i sogni e le speranze di
rifarsi una vita. Ma soprattutto deve guadagnarsi il rispetto
della famiglia, di una moglie trascurata e di un figlio quattordicenne
deluso. Dan Evans si porta dietro il marchio indelebile del
suo fallimento, una gamba ferita che lo costringe a zoppicare
e ad apparire come debole e insicuro. Deve fronteggiare oltre
alla scarsezza d'acqua anche un proprietario terriero sadico
che gli ha deviato il corso del fiume e che gli ha bruciato
le stalle dei cavalli. Dan è a un punto morto della
sua esistenza. Ma non si dà per vinto e quando sul
suo passaggio gli capita il temibile bandito Ben Wade coglierà
al volo l'occasione di una vita per riscattarsi e riconquistare
la dignità di uomo.
Interpretato da un Russell Crowe in stato di grazia, Dan è
la nemesi del contadino squattrinato. Ben invece guida una
banda sanguinaria che assalta i treni e rapina le diligenze
scortate dai Pinkerton. Ha un paio di vezzi che fanno di lui
uno dei grandi villain dell'immaginario di tutti i tempi.
Prima di fare un colpo e scatenare tutta la sua violenza disegna
con minuzie di particolari piccoli uccellini che si posano
sui rami degli alberi. Sul calcio della pistola ha inciso
un pacchiano crocifisso d'oro e cita interi brani della Bibbia
per articolare meglio i suoi discorsi. E' crudele ma ha fascino.
Ottiene massimo rispetto alzando semplicemente il sopracciglio
e le sue ragioni sono immediatamente condivisibili. La sua
visione del mondo è perversa ma ogni giorno il mondo
non fa niente per smentirlo. Per lui gli uomini sono corrotti,
nessuno resiste al fascino del male e chiunque si può
comprare con un po' di denaro o uccidere perché più
debole nella scala sociale. Nessuno si salva, dall'ultimo
dei contadini fino al Presidente. E gli sceriffi non sono
da meno. Durante il viaggio prima di arrivare alla stazione
da cui partirà il treno per Yuma, gli uomini che hanno
il compito di scortarlo devono evitare di parlarci.
E' l'incarnazione del diavolo. Mellifluo e seducente, non
rappresenta una minaccia a prima vista. Ammanettato è
impedito nei movimenti tranne che nella lingua. Come il serpente
che induce al male, anche Ben imbavaglia i suoi carcerieri
con la sola capacità della parola. Perché la
prima proprietà del linguaggio è la menzogna,
la dissimulazione. E mentire vuol dire uccidere. Ogni scena
di dialogo è costruita su questo schema. Prima che
si avvicini ad ognuno di loro, qualcuno lo mette sull'avviso
"Non ascoltarlo". Ben apre la bocca, l'altro lo
ascolta e fatalmente ne muore. Di fronte a una leggenda del
genere Evans dovrà lottare parecchio per sostenere
la sua causa, basata sull'onestà e sulle buone intenzioni.
Tratto da un racconto di Elmore Leonard pubblicato per la
prima volta su Dime Western Magazine (omaggiato fin dal primo
fotogramma) Quel treno per Yuma
è un concentrato di epica, personaggi forti e carismatici,
violenza e sarcasmo spietato.
Affidato alle cure della coppia Michael Brandt e Derek Haas,
autori di 2 Fast 2 Furious, il
remake lascia sbalorditi per la potenza della trama e dei
colpi di scena. Non c'è un momento morto e quel mondo
di cowboy e banditi fascinosi è reso con una credibilità
unica. Gran parte del merito è dovuto a Elmore Leonard,
al suo spirito caustico, di chi sta dalla parte dei losers,
di chi ha non ha niente da perdere, di chi scommette tutto
sul cavallo sbagliato, sul pugile suonato, sulla mano sfortunata.
Eppure ne esce con un sorriso sulle labbra e spolverandosi
le spalle della giacca con un gesto della mano. Mangold conosce
i duri, sa rappresentarli nei loro tic, nelle loro nevrosi,
trasforma un noir in un western (Copland)
e un western in un noir.
Ma Mangold si pone anche come un grande direttore di attori.
Sono tutti azzeccati, Christian Bale non è più
odioso come nella saga di Batman,
Russell Crowe è un degno erede di quella schiera di
attori del cinema classico di Hollywood come Glenn Ford o
James Cagney e Peter Fonda è un cacciatore di taglie
più feroce dei banditi che deve acciuffare. Ma la vera
sorpresa è Ben Foster, uno schizzatissimo Charlie Prince
ossessionato dal suo capo, Ben Wade, per il quale prova un'attrazione
morbosa ai limiti dell'omosessualità.
[matteo cafiero]