Concediamoci
una tregua dal 3D ed in attesa di “Shrek
e vissero felici e contenti” - che arriverà
il 25 agosto nelle nostre sale col timbro USA sulla valigia
- in concomitanza ai mondiali di calcio ed in un momento delicato
per il nostro cinema e la cultura tutta, la Francia ci propone,
dopo un’ impegnata carrellata di film come Welcome,
Il Riccio e L’amante
Inglese, quest’ultima realizzazione per opera di
Mia Hansen Love, una giovane regista al suo secondo lungometraggio
che cercherà di salire sul podio della prossima uscita
settimanale piuttosto modesta, aiutata dal un tam tam dei
mass media e dal successo ricevuto a Cannes dove il film si
è aggiudicato il premio speciale della giuria.
Disinteressato al successo finanziario il protagonista pensato
da Mia Hansen Love, si barcamena in progetti filmici quasi
impossibili. Un ampio catalogo di film da proteggere ed uno
in fase di lavorazione e minacciato dallo sciopero della troup
se questa non riceverà il denaro che gli spetta. Il
produttore Grégoire Canvel, a capo della casa cinematografica
Moon Film, si trova nella morsa dei debiti che mettono in
pericolo la sua ambizione. Un’ intensa attività
spesa in gran parte al telefono, l’aspetto elegante
ed un aria da uomo perbene, una moglie e tre figlie invidiabili,
nascondono le inclinazioni di un animo tormentato incapace
di reagire e che in molti avrebbero considerato vigliacco.
La storia è ispirata a Humbert Balsan, un produttore
suicida con il quale la regista ebbe modo di lavorare.
Prima di lui già Vincent Van Gogh, Virginia Wolf, Ernest
Hemingway ed il più giovane Luca Flores, il jazzista
interpretato da Kim Rossi Stuart nel film Piano
solo, hanno caricato di mistero la loro biografia con
il suicidio, ed oltre a loro molti altri. Abituati ad esprimere
l’ immenso mondo interiore attraverso parole, musica
e colori, queste abilità li hanno forse tagliati fuori
dalla capacità comunicativa nei confronti della realtà
esterna. Ma per Grégoire il movente non è un
oblio d’autore, è un problema tangibile e asfissiante
al quale non sa far fronte. Così, dopo che il personaggio
lascerà questo mondo e quindi la scena con una revolverata
alla testa, l’occhio della regista si sposterà
sulla moglie vestita di coraggio, poi sulla figlia maggiore
dominata dalla rabbia e poi sulle altre due piuttosto stordite,
mostrandoci il volto di ognuna con il dramma inflitto. Ciò
che improvvisamente è perso susciterà nuovi
sentimenti che tenteranno invano di movimentare l’animo
del film, sopito già da un’oretta. Parleranno
gli occhi delle attrici, il loro corpo e all’inadeguatezza
e all’arresa si alterneranno coraggio e fiducia. Ma
la regia è spoglia, poco articolata e non lascia molto
spazio alla decadenza psichica dei personaggi, irrigidendo
le loro emozioni ed il loro evolversi, fino ad un lutto quasi
snobbato, mentre le attrici e, badate bene, non l’attore,
cercheranno in ogni modo di esprimere a Mia Hansen-Love quello
che infondo saprebbero fare. [silvia
langiano]