Motel Woodstock
Taking Woodstock
Regia
Ang Lee
Sceneggiatura
James Schamus
Fotografia
Eric Gautier
Montaggio
Tim Squyres
Scenografia
David Gropman
Costumi
Joseph G. Aulisi
Musica
Danny Elfman
Interpreti
Demetri Martin, Jeffrey Dean Morgan, Emile Hirsch, Liev Schreiber, Paul Dano,
Katherine Waterston, Eugene Levy, Kelli Garner, Imelda Staunton, Daniel Eric Gold
Produzione
Focus Features
Anno
2009
Nazione
USA
Genere
commedia
Durata
121'
Distribuzione
BiM Distribuzione
Uscita
09-10-2009
Giudizio
Media

Tratto dal romanzo Taking Woodstock di Elliot Tiber e Tom Monte, il film diretto da Ang Lee racconta dal punto di vista del figlio dei proprietari di un motel scalcagnato, i tre giorni epocali di Woodstock.
Stati Uniti 1969, Elliot Tiber (Demetri Martin) è un ragazzo della comunità rurale di Woodstock, che cerca di salvare la proprietà di famiglia, una fattoria, dal pignoramento imminente. La soluzione appare all’orizzonte quando Elliot viene a sapere che l'organizzatore di un concerto cui dovrebbero partecipare alcune delle più famose band del momento sta cercando un luogo per tenere un grande raduno rock. Offrire la propria terra sembra a Elliott la soluzione migliore per racimolare un po' di denaro.
Dopo la vicenda omosessuale de “I segreti di Brokeback Mountain” (2005) e la passione di “Lussuria - Seduzione e tradimento” (2007), il regista Lee, due premi Oscar all’attivo, ormai naturalizzato americano propone una commedia leggera, nostalgica e delicata dei bei tempi che furono.
“Dopo aver girato diversi film drammatici, avevo voglia di fare una commedia, dove non ci fosse cinismo. Questa è anche una storia di liberazione, che parla di onestà e tolleranza, di un candore che non possiamo e non dobbiamo perdere”.
L’arrembaggio degli hippies nei verdi campi di Woodstock per l’epocale concerto e la scelta di non mostrare immagini di repertorio, ma solo far “respirare” quell’evento dalle retrovie, lascia il senso di nostalgia per qualcosa che non tornerà più. [valentina venturi]

NOTE DI PRODUZIONE

Vi ricordate Woodstock? Be’, se ve lo ricordate – come dice lo slogan – probabilmente non ci siete stati.
Woodtsock è un soggetto fantastico, ma certamente non il più adatto a una trasposizione cinematografica. Per di più è già stato esaminato a fondo nelle 3 ore del documentario premio Oscar Woodstock, diretto nel 1970 da Michael Waldeigh.
Il produttore di Motel Woodstock James Schamus, che ha adattato la sceneggiatura dal libro Taking Woodstock (Rizzoli, 2009), scritto da Elliot Tiber con Tom Monte, spiega: “Abbiamo cercato di raccontare un pezzettino di quella storia, partendo da un episodio felice e quasi casuale, che ha contribuito a rendere possibile quell’evento straordinario evento.”
James Schamus, collaboratore di vecchia data del regista e produttore premio Oscar Ang Lee, ha scoperto la favola di Tiber quasi per caso. Nell’ottobre del 2007 Ang Lee era ospite di un talk show a San Francisco per presentare il suo film, Lussuria – Seduzione e tradimento, che usciva in quei giorni. Tiber era stato invitato allo stesso talk show, a parlare del suo libro pubblicato di recente. Mentre aspettavano di andare in onda, Tiber ha scambiato due chiacchiere con Lee.
“Qualche giorno dopo” ricorda il regista, “mi ha chiamato un mio vecchio compagno di scuola, Pat Cupo. Mi ha detto che aveva saputo che Elliot mi aveva regalato il suo libro, invitandomi a leggerlo.”
“Il ‘sì’ di Ang Lee è stato veramente il massimo. Un trip. Ho scoperto che nella vita non importa se le cose vai a cercartele, o se sono loro a trovare te. L’importante è cogliere l’occasione al volo.”
Ang Lee ha visto in Motel Woodstock la prosecuzione naturale del suo lavoro precedente. Se il suo film ambientato nel 1973, La tempesta di ghiaccio, era come “il dopo-sbornia del ’69”, Motel Woodstock è la meravigliosa notte prima, con i suoi ultimi momenti di innocenza.”
“Dopo aver girato diversi film drammatici, avevo voglia di fare una commedia, dove non ci fosse cinismo. Questa è anche una storia di liberazione, che parla di onestà e tolleranza, di un candore che non possiamo e non dobbiamo perdere.”
Anche Schamus si è subito appassionato al progetto. Realizzare il film significava offrire al pubblico più giovane “la possibilità di riscoprire Woodstock e di farsi un’idea di un’epoca in cui era ancora possibile divertirsi, avere dei sogni e smuovere le montagne per realizzarli. Ang ha lavorato al film con lo stesso spirito, faticando ma anche divertendosi. Sono molti anni che lavoro con lui, e non smette mai di mettersi alla prova e misurarsi con sfide sempre nuove.”
Per realizzare Motel Woodstock, Schamus e Lee sono stati affiancati dalla produttrice Celia Costas. “Ang Lee voleva girare un film sugli anni della mia giovinezza, praticamente dietro casa mia. Era un’occasione che non potevo lasciarmi sfuggire!”
“Alla fine degli anni ’60, se eri giovane il mondo era la tua ostrica, sia a livello politico che sociale. Eravamo nel pieno di una guerra, eppure era un periodo molto bello, di grande positività. Avevamo la sensazione che insieme avremmo potuto fare qualsiasi cosa. Una sensazione che purtroppo è andata perduta, e che forse solo oggi stiamo cercando di recuperare.”
“Nella sua sceneggiatura” spiega la Costas, “James ha creato un mondo accattivante, pieno di situazioni e spunti interessanti che un cineasta straordinario come Ang Lee sa sempre cogliere e valorizzare.”
“Oltre alla comicità, nel film ci sono le emozioni, le riflessioni sulla difficoltà di crescere e cambiare” aggiunge Schamus.
In questo senso, il film rimanda alle prime collaborazioni della coppia Lee/Schamus, e al tempo stesso prosegue il discorso sulle dinamiche familiari e generazionali, che Ang Lee è andato esplorando fin dall’inizio della sua carriera. Per Elliot e per i suoi genitori, Sonia e Jake Teichberg (interpretati nel film dai due straordinari attori inglesi Imelda Staunton e Henry Goodman), due ebrei immigrati, ritrovarsi inaspettatamente coinvolti nell’organizzazione di Woodstock si rivelerà un’esperienza preziosa: “Per la prima volta nella loro vita, avranno l’opportunità di svelarsi emotivamente gli uni agli altri” osserva la Costas.
“Nel bel mezzo di uno straordinario evento culturale, Elliot impara ad accettarsi per quello che è” spiega Schamus. “La sua omosessualità è parte integrante della storia, come pure la sua trasformazione da figlio succube a uomo indipendente, padrone della sua vita. Woodstock sarà un’esperienza liberatoria e di trasformazione per tutti e tre, ma è sulla vita di Elliot che avrà l’impatto più positivo.”
Demetri Martin, mattatore della serie tv Important Things with Demetri Martin, esordisce sul grande schermo nel ruolo di Elliot Tiber, il protagonista del film. Lui e Jonathan Groff sono solo gli esempi più recenti di come Ang Lee riesca a tirare fuori il meglio dai giovani talenti che sceglie per i suoi film. Martin è stato segnalato a Schamus dalla figlia adolescente, che gli ha fatto vedere un suo video comico (“The Jokes with Guitar”), su Youtube.
Dopo aver visionato altri video e registrazioni di Martin, Schamus è rimasto colpito dalla sua presenza, che esprimeva “un’intelligenza feroce unita a uno stile non aggressivo e a una vulnerabilità poco comuni in uno stand-up comedian”.
La storia aveva trovato Lee, e ora Schamus aveva trovato il suo protagonista ideale. “Non avevo mai lavorato con un comico” osserva Lee, “ma abbiamo fatto un’ottima scelta. Non ci si stanca di Demetri. Piace, è un volto nuovo.”
“Fisicamente e come modo di fare somiglia molto al personaggio della sceneggiatura. In più, Demetri è un vero comico.”
“Quando faccio i miei monologhi cerco di essere me stesso. In questo caso dovevo essere qualcun altro, e interpretare i dialoghi e la storia scritti da un altro.”
L’attore è stato subito affascinato dalle sfumature emotive del suo personaggio. “Quando incontriamo Elliot, all’inizio del film, non ha praticamente rapporti con nessuno” spiega Demetri. “È un ragazzo combattuto tra gli obblighi familiari e il desiderio di tagliare il cordone ombelicale. E sono soprattutto i sensi di colpa a impedirgli di sottrarsi all’influenza dei genitori.”
“Lavorare con Ang Lee è stata un’esperienza straordinaria, ho imparato molto” dichiara Martin, che ha fatto tre settimane di prove prima di iniziare le riprese, e ha trascorso molto tempo con Tiber. “Volevo saperne di più su alcuni particolari.”
“Martin ha un grande istinto per i tempi della recitazione” osserva la Costas. È perfetto per Elliot, come Dustin Hoffman era perfetto per Il laureato.”
Nella primavera del 2008, il progetto stava già rapidamente prendendo forma. Come sempre, Lee ha puntato molto sulle ricerche. David Silver, assunto come consulente storico-artistico del film, è stato incaricato di mettere insieme quello che è stato chiamato un “Manuale degli Hippie”: una raccolta di articoli, cronologie e saggi, contenente anche un glossario del gergo hippy – da freak out a roach.(Vedi Glossario a pag.18)

Sono stati riesaminati anche termini ormai acquisiti. “I primi hippies erano emigranti tedeschi che nell’800 sono arrivati nella California del nord e conducevano una vita comunitaria rurale” spiega Silver. “Alcuni decenni dopo, è nato il termine hippie derivato da hipster e hip (alla moda, in voga), che indicava che erano apprezzati, che erano considerati in gamba.”
“La parola hippie non significava ‘radicale’ o ‘attivista’. Indicava persone che erano più interessate al privato, agli scambi interpersonali, alla trasformazione umana e individuale.”
Il regista Ang Lee chiarisce un altro punto: “Il festival di Woodstock in realtà non si è svolto a Woodstock. Eppure non lo associamo a ‘White Lake’ o a ‘Bethel’ – dove si è svolto realmente. Diciamo semplicemente ‘Woodstock’.”
Per gli esterni sono state scelte le contee di Columbia e Rensselaer, nello Stato di New York, oltre alla città di New York, per un paio di giorni di riprese. Motel Woodstock è stato uno dei primi film a sfruttare gli incentivi fiscali che oggi offre lo stato, e ha contribuito per milioni di dollari all’economia locale.
E così, il film si è avviato rapidamente alla fase della lavorazione, proprio nel periodo dell’anno in cui 39 anni prima aveva avuto luogo il “Woodstock Music and Arts Festival of Peace and Music”. Per di più, il film uscirà nei cinema nel weekend del 40° anniversario di Woodtsock.
Nel 1969, a realizzare il sogno di “pace, amore e musica” è stata la Woodstock Ventures di Michael Lang (interpretato nel film da Groff), Artie Kornfeld (Adam Pally), Joel Rosenman (Daniel Eric Gold) e John Roberts (Skylar Astin). Lang emergeva come un figura leggendaria sia dal documentario Woodstock, che dal racconto dello stesso Tiber. Quando è stato sul set, ha incontrato il regista e la troupe, e ha trascorso del tempo con Groff. Schamus gli riconosce che non dev’essere stato facile “dare la precedenza agli affari, com’era necessario, senza mai apparire cinico. Dev’essere stato faticoso conservare quell’aura meravigliosamente hippie. E Jonathan – che qui è al suo primo film – è riuscito a cogliere queste sfumature del personaggio di Michael.”
Groff ha lavorato con Lee per riuscire a rendere le “vibrazioni” di Lang. “Ma ho anche cercato di dare una mia versione del personaggio” spiega Groff , che ha fatto giorni e giorni di prove con il regista, prima di iniziare le riprese.
Oltre a sfoggiare il gilet di pelle sfrangiato e i lunghi riccioli castani, l’attore ha cercato di cogliere il modo in cui Lang riusciva contemporaneamente a trasmettere “la magia di Woodstock, e a gestire la macchina organizzativa del festival, facendo funzionare tutto quanto”.
“Si sono imbarcati in quella impresa sperando di avere fortuna” commenta la Costas. “In quel weekend c’è stato di tutto: pioggia, caldo, confusione, traffico, fame, ogni sciagura possibile immaginabile tranne l’invasione delle cavallette. Eppure è stato un weekend memorabile”.
“Mentre l’organizzazione del festival è parte integrante del film, soprattutto nei suoi aspetti più comici, il festival vero e proprio fa solo da sfondo alla vicenda principale, che ruota intorno a Elliot e ai cambiamenti che avvengono in lui e in chi gli sta accanto.”
La sfida impossibile intrapresa da Lang e dal suo staff viene raccontata in parallelo alla vicenda più intima ma non meno importante di Elliot e della sua trasformazione nel corso di quell’estate del ’69. Come osserva il produttore esecutivo Michael Hausman, “il festival è – fisicamente e metaforicamente – al di là della collina, a due passi dal motel e dalle persone che ci abitano”.
“Se qualcuno verrà a vedere il film per scoprire chi interpreta Janis Joplin al festival, resterà deluso” spiega Schamus. “Non era di questo che volevamo parlare.”
Lo scopo del film era quello di collocare una storia di trasformazione umana in un contesto di trasformazione culturale.
“Woodstock è capitato al momento giusto” osserva il comico Eugene Levy. “Alla fine di quello che probabilmente è stato il decennio più dinamico del ventesimo secolo. Devo dire che all’epoca non ne sapevo molto. Solo quando l’evento era già in corso, giornali e televisioni hanno cominciato a parlarne…”
“Sono un fan di Eugene fin da quando ero piccolo” racconta Martin. “Il ruolo di Max è diverso da quelli in cui siamo abituati a vederlo, e nelle scene che ho girato con lui ho pensato che ero fortunato ad avere un posto in prima fila!”
“Ang voleva che somigliassi il più possibile a Max, nell’aspetto fisico e nel modo di parlare” rivela Levy. “Così, ho letto tutto quello che ho trovato su di lui, e ho visto quei pochi filmati di repertorio disponibili. Ang me lo aveva descritto come un repubblicano vecchia maniera – il tipo all’Abramo Lincoln, che rispettava le libertà per cui il partito si era battuto inizialmente”.
“All’inizio, Woodstock era solo un’opportunità commerciale per Max, ma alla fine gli è piaciuto anche l’evento in sé. Un anno prima era stato colpito da gravi problemi di salute, e da allora aveva deciso che non avrebbe più avuto paura di niente. È andato dai suoi concittadini allarmati e gli ha detto: ‘Questi ragazzi non fanno niente di male.’”
Jeffrey Dean Morgan interpreta la controparte di Max, Dan. “Uno dei leader della comunità” lo descrive Morgan, “con un matrimonio solo apparentemente felice.” La sua è una cittadina conservatrice e tradizionalista, e i residenti non sono per nulla contenti di essere invasi da migliaia di hippie.

“Ma il mondo, il loro mondo, stava per cambiare. E chi l’avrebbe detto che a cambiarlo sarebbe stato un concerto…”
… anche se un concerto con un pubblico che era cresciuto di ora in ora, portando vantaggi economici alla città e ai suoi abitanti. “Sì, Max ha aumentato il prezzo, quando ha saputo quanta gente stava arrivando” ammette Levy, “ma ha promesso agli organizzatori che li avrebbe sostenuti – e lo ha fatto. Quindi, si è dimostrato un uomo di parola e un buon imprenditore.”
I signori Teichberg, invece, non erano affatto due buoni imprenditori, “ma hanno guadagnato un sacco di soldi in pochissimo tempo” osserva Levy. “Quel festival per loro ha segnato una svolta.”
Secondo Goodman, che interpreta il padre di Elliot, i vantaggi per la famiglia non sono solo economici. E sottolinea il fatto che “ogni persona, a modo suo, compie dei passi avanti nel corso del film.”
“All’inizio, i Teichberg vivono una vita senza gioia” osserva Martin. “Jake e Sonia si sentono prigionieri, l’uno dell’altra.”
Goodman conosceva già la Staunton, con cui aveva recitato in teatro anni prima, ma è stato felice di scoprire che “Ang voleva che i tre interpreti della famiglia Teichberg familiarizzassero anche fuori dal set. Ha voluto che Imelda, Demetri ed io ci frequentassimo per una settimana, prima dell’inizio delle riprese. Così, poi, lavorare insieme sarebbe stato più facile, e le nostre interpretazioni più convincenti.”
Costas elogia la capacità di Goodman di rendere “la trasformazione di Jake, che all’inizio è infelice e poi gradualmente ricomincia a vivere, schiudendosi come un fiore. Henry è fantastico, in quel ruolo.”
“Alla fine del film, Jake e il figlio hanno costruito un vero rapporto – e non a spese della madre.”
Sonia, la madre di Elliot, è una brontolona perennemente in disaccordo su tutto, il cui carattere è stato fortemente segnato da una storia di immigrazione. Molti dei momenti di comicità del film si devono a lei. “Ma è una felicità che viene da una zona buia” ricorda la Staunton, “come quasi sempre la comicità migliore. Con Ang abbiamo voluto che non facesse ridere e basta. Le cose che Sonia ha vissuto in Russia, non le ha mai dimenticate.”
“Lei e suo marito non hanno mai imparato a parlarsi. Non hanno un vocabolario emotivo molto raffinato. Per un attore non c’è niente di meglio di un buon personaggio. Io cerco sempre di mettermi al servizio del ruolo.”
E l’attrice inglese ha fatto il possibile per rendere giustizia al personaggio di Sonia. “Imelda mi ha chiamato da Londra” racconta il costumista Joseph G. Aulisi, “e mi ha detto: ‘Devi darmi un mano, perché mi muovo troppo velocemente…’ Tutti noi, in effetti, immaginavamo Sonia come una donna più corpulenta e pesante. Così, ho disegnato un’imbottitura che abbiamo adattato ad alcuni modelli di abiti da casa anni ’60, in modo tale che l’abito si muovesse con il suo corpo. Ha funzionato così bene, che molti non la riconoscevano senza imbottitura e parrucca.”
“La maggior parte delle attrici non vogliono indossare abiti sbracciati” sottolinea Aulisi, “ma Imelda li ha voluti così. Si immedesima talmente nella parte, che tutto quello che fa diventa credibile. Ha una fisicità straordinaria.”
Accanto alla Staunton, che è una donna piccolina, ci sono i due metri dell’attore Liev Schreiber che interpreta Vilma, il travestito ex-marine che partecipa ai preparativi per Woodstock diventando responsabile della sicurezza del motel. Con la sua sola presenza,Vilma aiuta Elliot a capire che deve vivere la sua vita, senza vergognarsi di essere omosessuale. E così Elliot, a sua volta, incoraggerà i genitori a vivere la loro.”
Lee vede il personaggio di Schreiber come “qualcuno che ha imparato ad accettarsi, non senza difficoltà, e ora vive in pace con se stesso. In questo senso è un modello, per Elliot”.
“Siamo tutti creature molto complesse” prosegue il regista. “Com’è possibile che in una persona coesistano elementi così diversi come l’esperienza di guerra, il travestitismo, la bontà? Eppure è così, e per Vilma non è un problema. Se mai, il problema è degli altri. È stata una grande prova di attore, per Liev.”
“Nell’interpretazione di Liev, Vilma è una forza della natura” nota Schamus. “Come tutti gli altri personaggi, anche lei attraverserà una serie di trasformazioni.”
Facendo ricerche, Schreiber ha “scoperto che nel ’69 il movimento trans-gender era già molto attivo. Vilma incarna una serie di contraddizioni, non solo dal punto di vista sessuale, ma anche della personalità. Conserva aspetti virili e femminili insieme. Non si preoccupa del giudizio degli altri, ed è generosa e protettiva.”
“Non era la prima volta che interpretavo un uomo vestito da donna, e la cosa non mi preoccupava” spiega l’attore. “L’unica preoccupazione era che non mi stessero bene i vestiti.”
“Abbiamo sfruttato a nostro vantaggio l’altezza e i muscoli di Liev” racconta il costumista, Aulisi. “Le fasce per i capelli ci hanno aiutato a darle un’aria più femminile. Ang ed io ci siamo ispirati a un vecchio album di foto che ritraeva uomini che frequentavano i Catskills alla fine degli anni ’50, e si vestivano da donne. Poi, con l’aiuto di Liev, abbiamo aggiornato l’abbigliamento di Vilma allo stile più casual e informale della fine degli anni ’60, che rifletteva una maggiore libertà.”
Più liberi da un punto di vista espressivo, fin dalle prime battute del film, sono gli attori della compagnia teatrale d’avanguardia degli Earthlight Players. “Per loro, ho scelto un’orrenda gamma di gialli” spiega ridendo Aulisi. “E siccome sono una banda di squattrinati, abbiamo creato costumi molto semplici che potevano sembrare fatti in casa e che erano facili da mettere e levare.”
Dan Fogler, che interpreta il regista degli Earthlight Players, Devon, li definisce “un gruppo molto serio di attori che fanno cose ridicole col corpo”. Per assicurarsi che fosse credibile nel ruolo del direttore di una compagnia, Lee ha suggerito a Fogler di lavorare a stretto contatto con la coreografa Joann Jensen che ha coordinato i numeri incredibili che la compagnia mette in scena.
“Me l’avevano detto che Ang Lee era un regista unico” racconta Fogler. “Sa guidare la troupe con grande sicurezza, ma riesce anche a trasmettere un senso di fiducia e di giocosità. Per farci capire quello che voleva, sul set, mimava lui stesso i movimenti!”
“La cosa più incredibile è come Ang si è sforzato di capire fino in fondo il mondo e la cultura di quegli anni” nota lo scenografo David Gropman. “Girando questo film ho sviluppato una vera e propria passione per gli anni ’60” confessa il regista.
Ma è una passione che impallidisce a confronto con la passione che Ang Lee ha sempre avuto per i dettagli. Alcune settimane prima dell’inizio delle riprese, ha consegnato a Groff – che allora stava recitando in una ripresa del musical Hair – una cartellina con i materiali della ricerca storica, più dieci CD di musica degli anni ’60 e una ventina di film d’epoca in DVD.
“È la cura per il dettaglio che rende così ricchi i suoi film” afferma Emile Hirsch, che interpreta il reduce dal Vietnam, Billy. “Mi avrà spedito una trentina di DVD da vedere! Apocalypse Now, Il cacciatore, Platoon, Full Metal Jacket, Hamburger Hill – collina 937, il documentario Winter Soldier… Non solo film sul Vietnam, anche sulla seconda guerra mondiale. E poi Viaggio allucinante, che è incredibile”
“Un altro compito importante che mi ha assegnato Ang, è stato quello di andare al poligono di tiro a fare un po’ di pratica. Ho incontrato anche un reduce della guerra in Iraq, che mi ha raccontato la sua esperienza e mi ha parlato del disturbo post-traumatico da stress – una sindrome di cui soffre anche Billy.”
“Non avevo mai lavorato con un regista che si documenta tanto” dichiara Aulisi, un veterano del cinema, “e che ha un’idea così chiara del risultato che vuole ottenere. Ricorda ogni singola foto che gli hai mostrato. Conosceva così bene il materiale e ci teneva talmente tanto, che era impossibile non condividere il suo impegno e la sua passione.”
“Nel complesso, abbiamo usato molti abiti veri di quel periodo, raccogliendo un’enorme quantità di indumenti, da oltre 50 fonti diverse” prosegue Aulisi. “Ma nei giorni in cui erano previste scene di massa con molte comparse, gli abiti dovevano essere materialmente confezionati in un paio d’ore. Woodstock ha segnato un’autentica svolta nella moda. Anche se gli abitati del luogo avevano gusti piuttosto antiquati: sembravano usciti da un catalogo di acquisti per corrispondenza dei primi anni ’60!”
Ang Lee e la sua squadra di collaboratori hanno allestito una “sala operativa” in cui campeggiava un immenso pannello di lavorazione incollato a una parete lunga una decina di metri, e disseminato di post-it che contrassegnavano in ordine cronologico i giorni di riprese, le scene d’azione, ogni cambiamento fisico e emotivo dei personaggi, oltre alle normali annotazioni tecniche del tipo: di che colore doveva essere l’acqua della piscina del motel, nelle diverse scene. C’erano anche gli appunti di Lee e del consulente storico Silver, piccoli frammenti di informazioni e spunti interessanti ricavati dal libro di Tiber, dal documentario su Woodstock, dalla documentazione fotografica e da tutte le ricerche svolte.
“Ci siamo immersi in quello che la gente ascoltava e guardava all’epoca” racconta la Costas, “i programmi e le pubblicità che si vedevano in televisione. Alla fine, abbiamo scoperto che c’erano un sacco di cose di Woodstock che non sapevamo.”
Un gruppo di post-it, per esempio, conteneva informazioni sul cibo. Durante il festival, il cibo ha cominciato a scarseggiare (le poche attività commerciali hanno esaurito rapidamente le scorte, e le casse comunali erano quasi vuote), e la situazione è diventata critica, finché non è intervenuta la Hog Farm (il gruppo hippie della California fondato due anni prima da Hugh Romney, alias Wavy Gravy), che ha cucinato e distribuito il cibo gratis.
Un’altra immagine appuntata sul pannello era quella di un ragazzo che dipinge una margherita sul volto di una ragazza. Era tratta dal documentario su Woodstock. Lee voleva riproporla nel film, insieme a molte altre, per rendere l’essenza di quel periodo e lo spirito di Woodstock.
“Tra tutti quei materiali” aggiunge Lee, “potevi trovare versioni dei fatti discordanti. Alla fine, dovevi decidere dove era possibile prendersi una licenza creativa.”
In realtà, il quadro che è emerso dalla “sala operativa” non coincideva con l’idea che tutti ci siamo fatti di quell’evento. “A Woodstock non c’erano solo hippies con i capelli lunghi, i basettoni e lo spinello in bocca. Le foto pubblicate ritraggono soprattutto loro, ma c’erano tanti giovani che non erano affatto diversi da quelli oggi. Il nostro approccio è stato: offriamo al pubblico l’immagine che si aspetta, quella più scontata, ma mettiamoci anche un po’ di realismo.”
Per quantificare ulteriormente, la squadra addetta alle ricerche ha verificato che gli hippies - tendenzialmente nomadi e abituati a spostarsi da un evento all’altro - sono stati i primi ad arrivare sul posto, seguiti dagli studenti universitari (alcuni con i capelli lunghi, certo), e poi dal restante 85% del pubblico: studenti del liceo e altre tipologie assortite di giovani, ragazzi con i capelli corti e vestiti in modo assolutamente ordinario.
Di conseguenza, Ang Lee ha modificato il pannello di lavorazione dividendo le comparse in sette “tribù”, tra cui la Willow Tribe, la Bike Tribe e la Pool Tribe. “In questo modo” ricorda la segretaria di edizione, Mary Cybulski, “quando arrivavamo sul set e c’erano centinaia di comparse, sapevamo già chi doveva fare cosa, e quando. E dove collocarlo.”
“E soprattutto” spiega il regista, “ riuscivo a visualizzarle meglio: erano centinaia!”
“Siamo stati fortunati a trovare tante persone che ancora oggi vivono nelle ‘comuni’ e sono rimaste fedeli ai valori che i giovani di Woodstock cercavano di praticare allora” spiega la responsabile del casting delle comparse, Sophia Costas. “Avevano l’aspetto e l’atteggiamento giusti, perché vivevano, e vivono, quel tipo di vita, e si muovevano con grande naturalezza - cosa che traspare sul grande schermo.”
“Ang ha seguito da vicino il casting delle comparse. Ha voluto assicurarsi che riuscissimo a rendere il carattere eterogeneo del pubblico, e l’atmosfera di un evento animato da persone di ogni tipo, con filosofie di vita diverse, che per tre giorni hanno convissuto pacificamente. Quindi nel film vedrete dagli Hare Krishna agli ebrei chassidici.”
“A Woodstock non si è registrato un solo episodio di violenza” sottolinea Schamus. “È stata solo una grande festa.”
“Ang voleva che il pubblico potesse percepire l’eccitazione, l’inondazione di persone e idee che ha travolto una piccola città. Quindi ci teneva che i figuranti fossero scelti con cura. A volte, nei film, sono persone qualsiasi messe lì a fare numero, ma lui voleva qualcosa di più vero e potente.”
“Ang cura ogni singolo aspetto del film, anche i più piccoli” spiega uno degli assistenti alla regia, Tudor Jones. “Anche se una persona passa a 300 metri dall’obiettivo, lui vuole che abbia la faccia giusta e il modo giusto di muoversi. E finché non ottiene quello che vuole, non va avanti.”
“Questo ti dà la sensazione che il tuo lavoro abbia un valore, che sia apprezzato. Con altri registi non succede: non si accorgono della fatica che fai.”
Ang Lee cercava il fienile ideale per le scene degli Earthlight Players, e alla fine l’ha trovato – ma nel New Hampshire. Così, l’ha fatto smontare pezzo per pezzo, caricare su un camion e trasportare sul luogo delle riprese in esterni, dove poi è stato riassemblato. Finite le riprese, il fienile è stato restituito al suo legittimo proprietario.
Una sfida logistica ancora più impegnativa è stata la scena in cui un militare accompagna Elliot, in moto, dall’albergo al luogo del concerto. La moto si fa largo tra le auto e i pedoni in fila verso il concerto, lungo una serpentina che si estende a perdita d’occhio. Nonostante prevedesse centinaia di comparse e oltre cento automezzi, la scena è stata girata con successo in un solo giorno.
“Con la nostra favolosa troupe, ce l’abbiamo fatta!” dichiara Hausman. “E senza una sola lamentela, né da parte delle comparse né da parte degli abitanti del posto. È stata la scena più difficile. Era una delle immagini leggendarie di quell’evento, come tante altre che abbiamo riprodotto. Ma questa volta, date le proporzioni della scena, il giorno prima l’abbiamo provata.”
Su 42 giorni di riprese, una buona parte si è svolta a New Lebanon, nella contea di Columbia. Era la prima volta che in città si girava un film importante. Le auto d’epoca dei residenti – dal Maggiolino ai panel van (furgoni chiusi) Volkswagen – si sono ritrovate nel loro elemento durante le riprese, e qualcuna ha perfino percorso il suo ultimo miglio. “Molte arrancavano, e durante le riprese della serpentina si sono fermate ai lati della strada” racconta il coordinatore delle auto di scena, Phil Schneider.
Il motel dei Teichberg, El Monaco, oggi non esiste più. Al suo posto è stato scelto un motel in disuso ma ancora agibile, il Valley Rest. Gropman e la sua squadra l’hanno ristrutturato e riarredato: “Per restare fedeli allo stile dell’originale e degli altri motel della zona in quegli anni, abbiamo dipinto tutto di bianco” spiega Gropman. “Abbiamo usato qualche pennellata di colore solo sulle rifiniture e sulle porte, basandoci sulle foto d’epoca e sui racconti di Elliot.”
Schamus elogia Gropman “e tutta la sua squadra per la dedizione con cui hanno studiato la storia della famiglia di Elliot e dei Catskills, cercando di capire cosa potesse significare essere una famiglia ebrea, in quella zona, all’epoca. Quando arrivavi su quel set, avevi l’impressione di tornare indietro nel tempo.”
Lo Hitchinpost Café ha soddisfatto una delle richieste più particolari della produzione: consegnare 500 pannocchie sgranocchiate. Poco prima erano state distribuite, intere, alle mense scolastiche della città, come pasto gratuito.
“Senza i nuovi incentivi fiscali non avremmo mai potuto girare nello Stato di New York” confessa Celia Costas. “Non capita spesso di trovare una location così perfetta per le riprese. Gli abitanti di New Lebanon e delle contee di Columbia e Rensselaer sono stati così accoglienti e generosi. Ci hanno reso il lavoro molto più facile e piacevole.”
Nel corso di tutta la lavorazione, la coordinatrice ambientale Nicole Feder ha supervisionato la realizzazione di un programma intensivo di riciclaggio dei rifiuti, voluto dalla produzione. Per le scene che richiedevano centinaia di comparse, si è preferito ricorrere a postazioni per la distribuzione dell’aqua e/o borracce in acciaio inossidabile anziché a bottiglie in plastica, riducendo al minimo la quantità di rifiuti da smaltire. Un’iniziativa coerente con lo spirito del film.
Anche dal punto di vista ambientale, Woodstock è stato un evento memorabile. “Alla fine del festival c’erano 300 ettari di rifiuti” ci tiene a ricordare Schamus, “ma 400 volontari sono rimasti a ripulire tutto. Un’altra cosa bellissima!”
“Se il festival di Woodstock è stato 3 giorni di pace e musica, il nostro film è stato 3 mesi di pace e film” aggiunge Schamus.
“La nostra fantastica troupe di attori e tecnici” conclude Ang Lee, “ci ha regalato l’energia e lo spirito di Woodstock. È stato un vero sballo!”