Chiamata Kitsune
in Giappone, spesso gratificata da nomi femminili, la
volpe occupa un posto speciale nella letteratura giapponese.
Grazie alla penna di numerosi scrittori prende le sembianze
di spiriti magici. I suoi poteri sono molteplici, la si
trova associata alla divinità del riso Inari. Può
soffiare fuoco, creare illusioni, rendere pazze le persone.
I manga l’hanno resa mansueta per farla diventare
uno dei loro personaggi.
Da secoli le furbizie della volpe non smettono di incuriosire,
di far colpo su numerosi popoli. Personaggio duplice in
Oriente, può assumere i tratti della sua femmina,
apparire sia con quelli di una meravigliosa fanciulla
che con quelli di una terribile strega.
Ma, stranamente, il cinema non ne ha quasi mai fatto una
star. Se Walt Disney l’ha trasformata in Robin Hood,
molto rari sono stati i cineasti che a lei si sono ispirati.
Solo Le Roman du Renard è stato adattato nel 1937
per un film in bianco e nero con delle marionette.
Mai prima di oggi, prima de La Volpe e la Bambina di Luc
Jacquet, questo animale così particolare, così
imprevedibile, era stato l’eroe di un film.
Strano
animale, dallo sguardo apparentemente ribelle, dal naso
appuntito, con una coda folta, che si muove spazzando
di qua e di là, dal muso curioso, allungato. Corta
sulle zampe, non più lunga di un fusto di felce,
60 cm. circa, non molto pesante, 10 chili circa, la volpe
porta a spasso il suo pelo lucente in tutte le contrade
del globo da diversi lustri.
Appartenente alla famiglia dei canidi, così come
il lupo, il cane, lo sciacallo e oltre una trentina di
altre specie, il suo nome in francese (renard), almeno
fino alla metà del XVI secolo, finiva con una t
e non con una d. Si scriveva, secondo le diverse regioni
della Francia e i dialetti, Raynard in Vandea, Rainart,
Regnard nella regione di Lione o nella Vaucluse. Come
molti altri analoghi, nato dalla crasi dei due termini
germanici Ragin (consiglio) e hart (forte).
In Francia la volpe ha per lungo tempo risposto al nome
di Goupil, che deriva dal latino volgare vulpiculus, derivato
da vulpecula (piccola volpe) e dal diminutivo di vulpes
(volpe in latino classico), un termine proveniente senza
dubbio dal greco. Il termine volpe, renard, si imporrà
solo grazie all’impronta lasciata nella memoria
collettiva dall’eroe del Roman de Renard, raccolta
di brevi racconti indipendenti, talvolta in prosa, per
la maggior parte in versi ottonari, scritti nel XII secolo
da Pierre de Saint-Cloud, Richard de Lison e altri 28
autori circa non identificati.
Dotata di un fiuto acuto, la volpe dispone come i suoi
compagni di caccia di una dentatura provvista di lunghi
canini e di molari a dir poco potenti. L’insieme
mette a mal partito prede vive, carogne, pesci, topi di
campagna, vegetali… e rifiuti domestici. Questi
ultimi «pasti» oggigiorno fanno sempre più
parte della sua alimentazione. Estremamente adattabile,
la volpe vive soprattutto in ambienti forestali e agricoli,
ma in effetti avvicinandosi sempre di più alle
grandi città, fino ad istallarvisi. Generalmente
solitario, questo animale può, in funzione di alcune
circostanze e dell’abbondanza di cibo, abituarsi
alla vita di gruppo.
La volpe comune, Vulpes vulpes, è rossa. La sua
area di diffusione è vasta: vive in Eurasia, America
del Nord, Africa del Nord e Australia.
Anche altre specie di volpi figurano nelle tavole degli
zoologi, come l’otocione (Otocyon megalotis) dell’Africa
australe, dotato di orecchie da pipistrello che gli permettono
di avere un udito molto fine, così come di un termoregolatore
per il clima caldo presente nell’Africa australe;
la Vulpes chama, detta “volpe del Capo”, che
si trova nelle savane aride del Mozambico, in Sud Africa
e in altri paesi vicini. La Alopex lagopus, detta “volpe
artica”, vive nelle zone dei grandi freddi dell’Artico.
La sua pelliccia le permette di affrontare temperature
vicine ai - 70°, con un pelo bianco che diventa marrone
in estate. La “volpe delle sabbie”, o fennec,
si trova invece dall’altra parte del Mediterraneo,
in Nord Africa. E’ il più piccolo dei canidi
con una lunghezza del corpo che va dai 15 ai 20 cm., ma
con orecchie di oltre 15 cm! Dall’altra parte dell’Atlantico,
nel sud dell’America del Nord, c’è
invece la “volpe grigia” (Urocyon cinereoargentus),
che ha la particolarità di essere un’eccellente
arrampicatrice ed è spesso avvistata sugli alberi.
Se la speranza di vita della volpe in natura si avvicina
ai tre anni, alcune vivono fino a dieci anni. La volpe
emette delle piccole grida stridule, guaisce. La sua femmina
ogni anno a marzo può partorire delle cucciolate
che vanno dai 3 ai 5 volpacchiotti, pasto apprezzato da
aquile, gufi, avvoltoi e linci.
Per cacciare i roditori, la volpe pratica una particolare
forma di caccia, saltando sulla preda a zampe unite.
PASCAL
TREGUY, responsabile per gli animali
Come è entrato a far
parte di questa avventura?
Quando ci siamo incontrati, Luc mi ha spiegato il suo
progetto e tutta la fauna europea che sarebbe stata presente
nel film. Sono rimasto affascinato dall’idea che
i protagonisti sarebbero stati gli animali che ci circondano,
specialmente quelli che si vedono raramente allo stato
libero.
Come ha preparato questo
film?
Leggendo la sceneggiatura, l’elenco delle diverse
specie che dovevano comparire nel film era notevole, andavano
dalla salamandra all’orso, passando per l’aquila
o il cinghiale. Ho contattato degli addestratori specializzati,
in quanto non ho animali in un serraglio o simili. Trovare
l’interprete del ruolo principale era particolarmente
complicato perché poca gente lavora con le volpi.
La prima fase del mio lavoro è quindi consistita
nel cercare delle volpi. Ho incontrato alcune persone
che avevano raccolto dei volpacchiotti, che li avevano
allevati, e ho proposto loro di poterli tenere per il
periodo delle riprese.
Come è stato stabilito un rapporto con le volpi?
Nonostante la forte complicità che si è
stabilita con le volpi, credo ancora che siano gli animali
più imprevedibili. Sempre all’erta, fanno
solo quello che passa loro per la testa. E’ importante
capire la sensibilità e il carattere di ciascun
animale per portarli a fare con naturalezza quello che
c’è scritto nella sceneggiatura. Avevamo
delle volpi vivaci per le scene d’azione, altre
più anziane e più calme per le scene con
la bambina. Alcune, come Titou, Max o Swannie facevano
davvero parte della troupe. Conoscevamo le loro manie,
le loro reazioni.
Cosa le ha dato questa esperienza?
Capitare con un regista che ha una tale conoscenza degli
animali è il sogno di qualunque animalista, si
condivide la stessa passione. Luc mi ha permesso di ottenere
quello che ho sempre voluto dal mio lavoro. Questo film
rispetta il carattere degli animali e li fa vedere per
ciò che sono, non per quello che ci si aspetta
che siano. Il suo obiettivo, in questo senso, mi stava
a cuore.
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