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[sara
lucarini] |
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Autore |
Grazia
Verasani |
Prima
edizione |
Colorado
Noir 2004 |
Pagine
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217 |
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Regia |
Gabriele
Salvatores |
Sceneggiatura |
Gabriele
Salvatores, Fabio Scamoni |
Fotografia |
Italo
Petriccione |
Montaggio |
Claudio
Di Mauro |
Musiche |
Ezio
Bosso |
Interpreti |
Angela
Baraldi, Gigio Alberti, Claudia Zanella, Andrea
Renzi, Elio Germano, Luigi Maria Burruano, Alessandra
D'Elia |
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“Non
riesco a pensare. È come leggere la vita di un’estranea.”
Giorgia Cantini ha seguito le orme del padre ed è diventata
un’investigatrice privata. Sedici anni prima sua sorella
Ada, andata a Roma per sfondare come attrice, si è suicidata
senza un apparente motivo. Adesso Aldo, un amico comune, le
invia una scatola da scarpe con una serie di vhs in cui Ada
ha registrato tutti i suoi monologhi interiori. Ada parla di
un misterioso A. e per la prima volta Giorgia si troverà
ad indagare nella propria di vita. Per la prima volta, la realtà
non potrà essere vissuta con la freddezza di uno scatto
furtivo a due amanti. Per la prima volta Giorgia non potrà
dimenticare il “caso” una volta concluso. Sarà
con il suo di passato che si troverà a fare i conti,
con la sua memoria da pedinare, con la verità da immortalare.
Il flusso di coscienza che apparteneva alla pagina scritta,
nel film è stato giustamente trasformato in soggettive
ed è stato eliminato l’effetto voce-off fin troppo
abusato.
Il libro della Verasani, veloce, ben scritto, con delle buone
trovate non perde nulla nella sua trasposizione sullo schermo.
E neanche acquista. Se mancavano colpi di scena e i fatti non
avevano certo l’effetto sorpresa, Salvatores ha evitato
di lavorare su queste lacune per dare un senso di completezza
al lavoro. Del noir rimangono esclusivamente gli ambienti, quasi
tutti interni e i pochi esterni, sotto le logge bolognesi, danno
lo stesso il senso di spazi chiusi. Il personaggio femminile
che viene descritto è quello di una donna chiusa al mondo
e ad ogni contatto umano. Che scappa per paura di un coinvolgimento.
Che non azzarda e si appanna la mente al bancone del bar. A
differenza della sorella, Giorgia non ha mai provato a fare
qualcosa di diverso. Una sognatrice, l'altra attenta a non uscire
dai binari. Ruvida, spigolosa, complicata, senza una prospettiva
reale di cambiamento, senza evoluzione e slanci comportamentali.
Tutto rimane incredibilmente piatto e fin troppo normale. Mancanze
di sensazioni forti, sconvolgimenti emotivi, reale sofferenza
o desiderio di rivalsa. Non basta il carattere di Giorgia. Nel
libro era stato dato molto più spazio alla sua interiorità.
Ne erano venute fuori riflessioni e pensieri molto belli. Nel
film gran parte dei monologhi sono lasciati alla sorella morta.
Giorgia si limita ad ascoltare e perde gran parte della sua
profondità. Importanti invece gli interpreti secondari
che danno una mano al plot. Tra tutti Elio Germano, nei panni
dell’assistente di Giorgia. Nel libro di Grazia Verasani,
i casi su cui investigare servono a dare complementarietà
alla vita di Giorgia. Nel film sono solo un contorno.
L’atmosfera del film è molto curata. Dopo la solarità
dei campi di grano di “Io non ho paura”, Salvatores
si concentra sulle tonalità del nero e del grigio, che
danno una scenografia cupa e triste. Il regista ha definito
questo film sperimentale per tutto un insieme di fattori. L’utilizzato
di una donna per protagonista, la scelta di uscita nele sale
ad inizio estate, l’utilizzo del digitale in mano e “in
testa” agli attori. Nell’insieme un buon film, dall’accurata
ricerca stilistica. Il digitale contribuisce ad accrescere la
partecipazione del pubblico: il finale è visto solo dallo
spettatore, quasi come se il reale detective fino a lì
fosse stato l’occhio extradiegetico. E solo a lui è
dato di sapere qualcosa in più. Però manca qualcosa.
L’atmosfera da sola non basta a creare la giusta suspense,
non basta a darci l’idea di trovarci di fronte a un caso
importante.
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L'autrice |
L'anno
di Grazia è il 1963. La città è Bologna.
A venti anni si diploma all'Accademia d'arte drammatica
e inizia a lavorare in ambito teatrale.
Nei suoi movimenti attraverso i teatri stabili incontra
Tonino Guerra che la indirizza verso una nuova direzione:
la scrittura. Autorevolmente spronata e grazie all'intervento
di Roberto Roversi, pubblica i suoi primi racconti. Seguiti
da quelli pubblicati dal Manifesto, a cura di Gianni Celati,
nella rubrica Narratori delle riserve. Nel frattempo percorre
altri sentieri: speaker, doppiatrice, corista per Gang,
Elio e le storie tese e altri gruppi. Nel '95 vince il premio
Città di Recanati con il brano Devi morire e nel
'96 pubblica il suo primo cd Nata mai (Musicultura Bmg).
Nel '97 si esibisce con il suo gruppo come supporter dei
Jethro Tull nel tour italiano. Ma non dimentica la scrittura,
ha infatti pubblicato due romanzi L'amore è un bar
sempre aperto (1999) e Fuck me, mon amour (2001), oltre
a una raccolta di trenta racconti, Tracce del tuo passaggio
(2002).
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