Così come fondamentali
sono gli effetti sonori di cui l’Italia detiene una grande
tradizione ed un amestro per tutti come Sergio Leone.
Questo è un film anomalo nella
tua filmografia in quanto vede due personaggi femminili assolute
protagoniste. Perché questa scelta?
Tutto parte da una donna, Grazia Verasani che ha scritto il
romanzo e che ha inventato questo personaggio di Giorgia, detective
che ficca il naso nella vita degli altri. E’ un personaggio
post punk, perché se non ci fosse stato il movimento
punk e tutto quello che è venuto dopo, probabilmente
Giorgia non sarebbe come è, una donna politicamente molto
scorretta: single, 40 anni, senza figli, sceglie i suoi partner,
fuma molto, beve... insomma non è l’immagine tradizionale
della donna.
Per quanto mi concerne, mi sono imbattuto nel primo personaggio
femminile che conosco diretamente, in quanto quel tipo di donna
è stata la compagna della mia vita. Anche l’altro
personaggio femminile, quello di Ada, conoscevo, non perché
ci ho convissuto ma per motivi di lavoro;è l’attrice
di 23/24 anni che lascia casa, va a Roma in cerca di quel cinema
puro che lei sente dentro di se ma si accorgerà presto
che sarà difficile difendere quell’idea.
Nel film
lei pone lo spettatore nel medesimo punto di vista del detective,
scoprendo insieme a lei il mistero che circonda la vicenda.
Ma se questo è l'assunto di ogni giallo che si risptti,
cosa l'ha incuriosita in questo modus operandi?
Avevo voglia di affrontare una struttura del genere, applicare
un'idea che è insita nel romanzo 'Cromosoma Calcutta'.
Qui c’è una teoria per cui se vuoi far conoscere
a qualcuno una storia non devi raccontargliela, ma fargliela
scoprire.
Il pubblico è abituato ad una posizione di passività
nei confronti dell’immagine, una situazione che la televisione
coltiva con forza. Quello che ho tentato di fare è
costruire una storia che chiedesse al pubblico un impegno,
tanto che l’ultimo tassello del puzzle nel finale è
affidato completamente al pubblico; nessun personaggio del
film lo vede. E’ una dichiarazione di fiducia e se mi
permettete d’amore nei suoi confronti.
Come valuti
oggi le critiche di cantore della leggerezza e della fuga
nei confronti dei tuoi primi film, a dispetto delle tematiche
più adulte di oggi?
Ritengo che le critiche sono importanti se costruttive e che
magari ti portano anche a fare film diversi rispetto ai precedenti.
Credo che il tempo passi per tutti e che la fuga di cui si
parlava nei miei primi film non fosse evasione, ma rifiuto,
come per punk di cui parlavo prima che dicevano 'non contate
su di me'.
Oggi ho voglia di fare e sperimentare cose nuove rispetto
al passato, ma i personaggi dei miei primi film, partivano
per cercare un qualcosa che poi non trovavano, come la linea
dell’orizzonte di Hugo Pratt in Corto Maltese, sempre
sullo sfondo ma irraggiungibile.
Si intuisce
un grande lavoro sui personaggi.
Un’altra peculiarità di questo film è
che a parte Gigio Alberti, sono tutti attori nuovi per me.
Quando suoni, che sia rock o jazz c’è qualcuno
che scrive una musica. Però quando poi chiami i musicisti
l’apporto di ogni singolo musicista, nel jazz soprattutto,
è fondamentale. Miles Davis non ha bisogno di un sax
ha bisogno di un Coltraine perché Coltraine possa cambiare
la musica che Davis ha scritto. E’ quello che io avevo
bisogno; qualcuno che cambiasse la storia scritta da Fabio
(Scaloni, co-sceneggiatore) e da me, qualcuno che portasse
qualcosa di biografico. Avevo bisogno di attori che facessero
questo tipo di lavoro e li ho scelti per questo. Si può
fare cinema senza molte cose. Due solo sono indispensabili:
la macchina da presa e gli attori.
Lei è
uno dei pochi registi italiani a non aver problemi ad esplorare
i generi.
Ci sono sicuramente registi in grado di affrontare i generi.
Il problema è che i generi non vengono spesso considerati
come cinema di seria A ed anche a livello produttivo non vengono
considerati fattibili. Io considero ogni film una lezione
per imparare e crescere e questo spostare il mio punto di
vista attraverso i generi mi aiuta molto.
Nel tuo
film manca un riferimento diretto alla realtà. A cosa
è dovuto?
Io credo che ci siano due modi di fare politica e cambiare
le cose. Io faccio cinema e cerco di far politica all’interno
del mio lavoro. Scegliere Angela Baraldi, che è bravissima,
ma non è un’attrice nota è un atto politico.
Provo a fare politica attraverso gli strumenti del cinema.
I miei personaggi non sono allineati a quelli della televisione.
A tal proposito, sapete che i toni scuri di qiuesto film creeranno
probelmi per la messa in onda televisiva? Ma io faccio film
per il cinema. Godard diceva che la televisione è parte
del cinema ma che il rischio che si corre è che il
cinema divenga parte della televisione. Questa è una
battaglia politica.
Nel film
è molto presente la tematica, il dualismo soggettivo/oggettico.
Come lo ha affrontato?
Grande è il problema a riguardo di cosa è oggettivo
e cosa è soggettivo. Con la comunicazione affidata
alle immagini che abbiamo, puoi far sembrare vero una cosa
assolutamente falsa. Il discorso del soggettivo/oggettivo
è in realtà una riflessione sul cinema. Sin
dove devi montare? Dove lasciare allo spettatore la possibilità
di intervenire? In questo film ci sono le mie prime scene
di sesso e mi sono posto il problema di come rappresentarle.
Mi sono detto: una scena d’amore non può essere
affidato al montaggio, per me il sesso è un piano sequenza,
un'unica inquadratura che sale o scende a seconda delle necessità
narrative, ma è una sola inquadratura. La scena della
verità è invece raccontata in tre modi diversi,
frammentata da un moltiplicarsi dei punti di vista, uno per
ognuno degli attori prsenti in quella scena, ottenuta attraverso
una piccola videocamera posta sulla testa degli attori che
sceglievano cosa far vedere al pubblico e cosa no.