Tarantino
e Rodriguez, collaboratori di lunga data oltre che stimati
cineasti conosciuti in tutto il mondo ci regalano due
film originali nel formato grindhouse pieni zeppi di
pistole e scene raccapriccianti. Death
Proof- A prova di morte, diretto da Quentin
Tarantino è un terrificante viaggio a bordo di
una micidiale macchina della morte guidata da un killer
psicopatico mentre Planet
Terror di Robert Rodriguez, è un’incursione
al cardiopalma in una città colpita da una misteriosa
e terribile epidemia. I due terrificanti e audaci lungometraggi
tra breve nelle sale si rifanno al peculiare schema
distributivo dei classici del cinema dell’orrore
indipendente degli anni 60 e 70.
La mania per i film grindhouse nacque negli Stati Uniti
molto prima che il sistema delle multi sale o gli avveniristici
impianti home video rivoluzionassero totalmente il nostro
modo di vedere i film. Le origini del termine “grindhouse”
sono piuttosto incerte: alcuni citano il genere di film
proiettati in vecchie e gloriose sale cinematografiche
ormai decrepite (come nel caso di “Bump-and-Grind”);
altri invece si concentrano sul metodo di presentazione
dei film – i film venivano “grinded out”
(riprodotti) uno dopo l’altro usando vecchi proiettori.
Spesso i film venivano assemblati sulla base del genere
o sotto genere al quale appartenevano dando vita a nuove
categorie quali “splatter, sexploitation, blaxploitation,
cannibal e mondo movies”, assemblati tutti insieme
e proiettati dopo essere stati infarciti di trailer
altamente grafici.
Partendo da questo ricco e succulento passato, Robert
Rodriguez e Quentin Tarantino hanno deciso di realizzare
due film totalmente differenti e indipendenti l’uno
dall’altro che verranno distribuiti separatamente
sui mercati internazionali dove la cultura dei cinema
“grindhouse” non è affatto diffusa.
Negli Stati Uniti, invece, i due film sono usciti come
unico film doppio con il titolo collettivo di GRINDHOUSE,
che si rifà appunto a quelle sale cinematografiche
del passato in cui i film venivano “macinati”
l’uno dopo l’altro.
“Si trattava di vecchi cinema piuttosto malandati
presenti soprattutto nelle grandi città oppure
di sale aperte tutta la notte che proiettavano tre o
quattro film uno dopo l’altro,” spiega Tarantino.
“Erano i luoghi in cui i vagabondi andavano a
dormire, o dove qualche ricercato si nascondeva per
passare la notte. Poi, alle sei del mattino, ti svegliavano
e ti cacciavano via. Ti facevi una bella passeggiata
per un’ora e mezza e poi ritornavi dentro.”
Ma i cosiddetti exploitation movies non erano destinati
solo agli abitanti delle metropoli: “Anche i drive-in
avevano la stessa programmazione, ma l’ambiente
era totalmente diverso,” aggiunge Tarantino. “I
cinema grindhouse erano situati perlopiù nelle
aree urbane. Erano presenti in città come Dallas
e Houston, tanto per citarne un paio, ma se ti spostavi
nelle zone remote del Texas, per esempio, erano i drive-in
a farla da padroni.”
Le sale erano gestite in maniera indipendente, i titoli
dei film venivano cambiati a seconda della piazza e
la promozione veniva organizzata a livello locale (soprattutto
nel caso dei drive-in delle zone rurali). Una copia
viaggiava da un vecchio e decrepito cinema di città
ad un drive-in. “Non era come oggi, quando lo
stesso film esce in contemporanea in 3.000 sale diverse,”
commenta Tarantino. “Le cosiddette exploitation
companies facevano al massimo venti copie, e in quei
casi si parlava di una grande uscita, anzi direi addirittura
enorme. Dopodiché quelle venti copie facevano
il giro del paese viaggiando da Houston a Los Angeles.
Te le dovevi letteralmente portare in giro per il paese,
da una città all’altra dove restavano in
programmazione generalmente per una settimana. Le sale
grindhouses prendevano i film nella settimana in cui
uscivano e potevano contare sulla pubblicità
televisiva e della carta stampata, oltre che su quella
dei canali locali.”
“Vista la scarsità delle copie, era normale
che la pellicola si rovinasse e si graffiasse e per
questo motivo i distributori erano soliti tagliare le
parti più danneggiate che quindi sparivano letteralmente
dalla circolazione prima ancora che il pubblico vedesse
il film,” aggiunge Rodriguez.
“E quindi se avevi la fortuna di vedere uno di
quei film all’inizio della programmazione, la
copia generalmente era in buono stato. Ma dopo che era
stata proiettata a all’El Paso Drive-In Theater,
Dio solo sa come era ridotta. E quindi la qualità
delle pellicole che vedevi era legata alla regione o
al paese in cui vivevi e dipendeva da quanto tempo quella
pellicola ci metteva ad arrivare nel cinema vicino a
casa tua,” conclude Tarantino.
“Ma al contempo le grindhouses proiettavano anche
i film a grosso budget che a quell’epoca restavano
nelle sale anche per sei mesi di fila,” ci fa
notare Tarantino. “Li prendevano quando ormai
stavano uscendo dai circuiti cinematografici delle grandi
città. Per esempio, E'
nata una stella, è uscito nel nel ’76
ma nel 77 era facile trovarsi in una sala grindhouse
e vedere Barbra Streisand e Kris Kristofferson in E'
nata una stella abbinato solitamente ad un film
sul kung fu.”
Questa insolita aberrazione produttiva e distributiva
nata ad Hollywood ha prodotto alcuni dei film più
elettrizzanti, insoliti e scioccanti degli anni 60 e
70. E sebbene la tecnica di realizzazione fosse spesso
piuttosto sciatta ed ordinaria, si trattava di un qualcosa
di altamente democratico e l’entusiasmo per il
genere stimolò una forte creatività. Molti
film del genere grindhouse venivano prodotti con poche
migliaia di dollari ma “funzionavano” proprio
per la loro ingenuità, assurdità, unicità
o narrazione che era sempre molto efficace. Le ristrettezze
economiche e l’assenza di ordini o direttive sulla
sceneggiatura impartiti dagli studi di produzione lasciavano
il campo libero alla più fervida immaginazione.
“Era tutta farina del loro sacco, allo stato puro,”
commenta Tarantino. “Era materiale assolutamente
originale e fuori dagli schemi. Dal punto di vista della
sessualità, non c’erano controlli. A volte
non potevi credere a quello che vedevi in termini di
sessualità, brutalità o effetti raccapriccianti.
A volte mentre ero seduto in sala mi chiedevo: “Sogno
o son desto? Sto veramente vedendo queste cose così
terrificanti?”. Le sale cinematografiche di quel
tipo erano una sorta di rifugio, di santuario per coloro
che avevano gusti considerati di serie B o anche peggio.
Al contempo, davano spazio – anche se in maniera
sensazionale e spesso stereotipata - agli emarginati
o ai reietti: le persone di colore, i gay e le lesbiche
erano spesso i protagonisti di film quali Vapors
(un film interamente ambientato in un bagno turco per
gay) e and Dolemite (un
classico del genere blaxploitation).
Quei film erano marchiati e pubblicizzati in maniera
tale da stimolare gli impulsi più bassi e gli
istinti da voyeur. Le pubblicità ed i poster
dei film proiettati nelle sale grindhouse attiravano
il pubblico promettendo violenza e effetti raccapriccianti
a go-go. ‘Il concetto di shock assunse un valore
totalmente nuovo, con vagonate di stupri a scopo di
vendetta, splatter e scene di cannibalismo. La promozione
del film di Wes Craven L’ultima
casa a sinistra è ormai passata alla storia
con il trailer che avvisava il potenziale pubblico dicendo:
“Per non svenire, continuate a ripetere ‘E’
solo, un film, è solo un film, è solo
un film.”
In virtù della disinformazione che permeava il
settore negli anni 60 e 70, le imitazioni - e le bufale
(di titoli e trame) erano la norma. Il successo di un
titolo come L’ultima casa
a sinistra portò alla realizzazione e
alla distribuzione di House on
the Edge of the Park e Last
House on Dead End Street, film che non avevano
nulla a che vedere con il film originale di Craven,
anche se il pubblico veniva attirato e sollazzato con
lo stesso genere di depravazioni omicide. Tutti i grandi
film di successo di quell’epoca avevano la loro
versione grindhouse. Lo squalo,
per esempio produsse un’intera generazione di
piccoli film che avevano per protagonisti animali feroci
che terrorizzavano in genere gli abitanti di piccole
città, dai titoli come Tentacle,
Pirhana e Grizzly.
“C’era un abisso tra quello che promuovevano
e quello che poi offrivano al pubblico,” commenta
Tarantino “Quelle piccole società di distribuzione
avevano degli autentici geni al loro servizio, soprattutto
tra coloro che sceglievano i caratteri per i titoli
e per i poster. Erano dei grandi artisti. Se fossero
stati al servizio di film diversi sarebbero diventati
delle star ma purtroppo non vendevano i film che avevano
ma quelli che avrebbero voluto avere e per questo c’era
un abisso tra le promesse e la realtà. Siamo
entrambi dei grani fan del genere anche se siamo rimasti
spesso delusi da quello che poi abbiamo visto.”
Ma Tarantino e Rodriguez non prevedono di deludere nessuno.
“I nostri sono film grindhouse fatti da persone
che adorano quel genere. Se devi mostrare una ragazza
che ha una mitragliatrice al posto di una gamba, devi
farlo nella maniera migliore possibile per far si che
il pubblico digerisca l’idea e la apprezzi,”
commenta Tarantino.
Il progetto è nato in maniera alquanto semplice,
quando Rodriguez ha visto un poster a casa di Tarantino
e ha commentato di avere lo stesso poster a casa sua.
In quell’occasione, Rodriguez confessò
a Tarantino che da tempo desiderava realizzare un film
doppio e Tarantino gli ha proposto di farlo con lui.
Commenta Kurt Russell, protagonista del film di Tarantino:
“Hanno tentato di ricreare una sensazione, un’atmosfera.
Per me Quentin è professore di una materia che
definirei “direttorologia”.’ Se Quentin
potesse portare il mondo intero alle sue lezioni di
cinema, direbbe: E’ così che si facevano,
si vivevano e si guardavano i film tra la fine degli
anni 60 e gli anni 70.”
Greg Nicotero, che ha creato gli effetti speciali di
Planet Terror e A
prova di morte, ha dei ricordi ben precisi delle
sue visite alle cabine di proiezione dei drive-in della
sua città: “Il protezionista tagliava intere
sequenze, anche quelle più belle. Una volta sono
andato a vedere La cosa
di John Carpenter in un drive-in, e mentre chiacchieravo
con il protezionista, quello mi ha detto: ‘Guarda
un po’ questa’. E aveva tagliato un’inquadratura
in cui si vedeva la testa del ragno perché pensava
che non andasse bene. E io dicevo tra me e me: “Se
un film di questo genere viene mandato in giro per il
paese e ogni protezionista taglia a suo piacimento un
paio di inquadrature, oppure se la pellicola si rompe
e qualcuno la riappiccica come gli pare, chi vedrà
il film dopo qualche settimana che è in giro,
vedrà un’opera distrutta.”
L’ironia alla base di questo bizzarro sistema
di distribuzione non è certamente sfuggita ai
realizzatori che però hanno lavorato tenendo
sempre bene a mente la sicurezza del pubblico: “Il
pubblico vedrà questi film nel confort di grandi
multisale e non nelle vecchie sale grindhouse dove correva
il rischio di vedere un film tagliato e rimontato in
maniera confusa e personale,” dice Tarantino scherzando.
Con Planet Terror e A
prova di morte, Rodriguez e Tarantino si mostrano
al contempo nostalgici ma progressisti. Con un piede
nel passato, i registi-sceneggiatori hanno ricreato
dei mondi cinematografici totalmente personali con qualche
punto di incontro tra i due film. Spiega Rodriguez:
“Una delle cose che ci piace di più è
il fatto che vedrete un doppio film nel quale però
c’è sempre Pam Grier. In uno dei film è
una detenuta, nell’altro fa la guardiana e mi
sono detto: Wow, la cosa potrebbe funzionare.’”
Planet Terror trova una
sorta di romanticismo noir nel bel mezzo di una visione
scioccante di una sorta di apocalisse chimica. Ispirandosi
a Zombie e L'alba
dei morti vivienti, oltre che ai film dell’acclamato
e già citato John Carpenter, Rodriguez ci regala
una sua personale e originale reinterpretazione del
genere zombie. Una notte come tante in una cittadina
del Texas, degenera in paranoia, spionaggio e identità
nascoste in una storia dalla narrazione perfetta ed
avvincente. Planet Terror
è costruito seguendo il ritmo frenetico e l’energia
dell’ultimo grande successo di Rodriguez, Sin
City.