Le
storie d’amore sono complicate a tutte le latitudini,
sembra dire David Hare, autore inglese della commedia
“Skylight”,
nonché famoso sceneggiatore di film di successo
quali “The Hours”
e “The
Reader”. Nonostante le differenze
di classe sociale e di approccio sentimentale, lo
scontro tra ragione e istinto, il miracolo dell’incontro
tra un uomo e una donna si ripete. Dura poco però.
“Skylight
- Il cielo sopra il letto” è un
labirinto, i dialoghi sono lunghi e lo spettatore
a volte rischia di perdersi nei meandri della verbosità,
con il pericolo di non cogliere il senso e l’importanza
delle parole. Le poche pause sono molto più
efficaci di mille discorsi. Realtà e quotidianità
dei gesti degli attori, stridono con dialoghi troppo
estesi per essere veri. La recitazione ne risente,
soprattutto nell’interpretazione della protagonista
femminile Laura (Emanuela Guaiana), che trova una
sua autenticità solo quando sfoga la rabbia
di donna incompresa contro l’amante Marco; nel
resto della commedia stenta a trovare un registro
spontaneo. Emanuela Guaiana agisce, ma non sente:
recita il personaggio, non è il personaggio.
Dovrebbe lasciarsi andare, osare di più e le
manca davvero poco per farlo.
Luca
Tartaglia, che interpreta Claudio, il figlio di Marco,
è ancora un talento acerbo che andrebbe misurato
nell’interpretazione da una regia più
attenta. Nella prima scena Tartaglia e Guaiana recitano
senza comunicare tra di loro, troppo entusiasta lui,
troppo sotto tono lei, quasi intimidita dall’energia
del ragazzo che andrebbe invece incanalata nella scena.
Il protagonista maschile, Riccardo Serventi Longhi,
è bravo a stemperare e facilitare i dialoghi
con una recitazione spontanea e al tempo stesso teatrale,
ma non basta.
Il
testo è la forza e il limite di questo spettacolo.
La regia dovrebbe intervenire per renderlo più
fluido, altrimenti si rischia di banalizzare un tema
abbondantemente sfruttato da cinema e teatro: l’incomunicabilità
tra uomo e donna. Spettacolo da rifinire.
[deborah ferrucci]