Omissioni.
Tante piccole mezze verità. Bugie pietose.
Confessioni vomitate nella disperazione del ricordo.
Confessioni evitate proprio per la disperazione del
ricordo. E confessioni inventate per ovviare alle
conseguenze della drammaticità dell'atto.
Liam è rosso, sporco di sangue, inebetito.
Helen e Danny sono abbracciati, stretti in un attimo
di gioia famigliare sconvolta in un istante e mai
più recuperata. Liam arriva e porta inquietudine,
sgomento, terrore. Porta preoccupazione, ansia, curiosità.
Hellen è sua sorella: cerca spiegazioni, propone
soluzioni, attua un piano. Liam ed Hellen sono legati
da un passato che si scopre con lacerante lentezza
ma che, nel momento in cui si manifesta, rende sempre
più chiaro il mistero che Liam porta in scena.
Assieme al sangue che ricopre parte del suo corpo.
Un mistero fatto di allusioni, parole che sfuggono
alla ragione, riferimenti al passato e a ciò
che i due "orfani" hanno vissuto. Danny
è la saggezza, colui che cerca di risolvere
la questione legalmente, che incarna il giusto. All'inizio.
Poi ci sono i ricatti emotivi, c'è la scoperta
del trascorso familiare, la rivelazione del presente
e l'incertezza del futuro sognato. Allora anche Danny
diventa "orfano": la parte buona cede il
posto a quella cattiva, il giusto è soppiantato
dall'ingiusto. Tutto assume un'altra luce.
"Orphans" è
un flusso di parole, continue, ripetute, interminabili.
Pier Luigi Pasino, Fiorenza Pieri e Vito Saccinto
danno a Hellen, Danny e Liam sfaccettature tali da
far crescere, impercettibilmente ma costantemente,
la tensione emotiva. Cresce nello spettatore come
nei personaggi, la voglia di sapere, di capire e,
quasi, di giustificare. [patrizia
vitrugno]