Come
da grande tradizione ottocentesca, anche Herlitzka,
attore di comprovata esperienza e carriera, propone
alla maniera degli antichi mattatori, un monologo
tratto dal dramma shakespeariano.
Eppure la prima versione integrale dell'opera è
arrivata in Italia solo nel 1952, allestimento storico,
grazie all'impegno di Luigi Squarzina e Vittorio Gassman
che ha vestito i panni del famoso Principe di Danimarca.
Prima di allora le opere del drammaturgo erano quasi
sconosciute ed erano giunte in Italia a partire dall'Ottocento,
grazie alla buona volontà e alla maestria di
alcuni attori-mattatori che ne avevano estrapolato
i punti salienti, cucendosi addosso dei monologhi
o presentandone scene. Così avveniva che Sarah
Bernhardt inscenasse il duello di Amleto, idem valeva
per Tommaso Salvini o Ermete Novelli (Herliska ha
ricevuto il premio alla carriera intitolato a questo
grande attore nel 2002). Altra eco dei drammi shakespiriani
arrivava dalle opere verdiane, come appunto il "Macbeth"
o "l'Otello", debitamente piegati al libretto
dell'opera. Sulla stessa linea pare operare il meticoloso
Herlitzka che dà prova qui della sua sapienza
e maturità.
Un Amleto che gioca a far capriole davanti agli eventi,
senza curarsi della morte e della vita. Il famoso
monologo "Essere o non essere" è
recitato in piedi su una sedia irrorata da una forte
luce rossa, come a rappresentare il percorso di sangue
che Amleto é deciso ad intraprendere e che
si conclude con la sua morte e la vendetta del padre,
ingiustamente ucciso dallo zio. Pensare che quando
William Shakespeare compose il dramma, sembra avesse
perso da poco un figlioletto proprio di nome Amleto.
Il dolore della perdita di un figlio da parte di un
padre è sublimato e capovolto dal geniale scrittore
nel grande dolore di un figlio (Amleto) per la perdita
dell'omonimo padre (Re Amleto). [annalisa
picconi]