Due
sorelle, giovani attrici di una compagnia teatrale
in fallimento attendono invano l’arrivo di un
autobus che dovrebbe ricondurle a casa, per iniziare
una nuova vita e realizzare i propri sogni. Un palco
vuoto, una scena volutamente nuda pone l’attenzione
su un mondo intimo, fatto di reminiscenze familiari
agrodolci.
Condividono
tutto, ricordi e speranze pur essendo diverse. Susanna,
così ingenua e fragile, in continua ricerca
di attenzione e con una smodata passione nell’intessere
frottole; Francesca, la prediletta: figlia minore
ma concreta ed appassionata, intelligente e ricettiva.
Il testo, di chiara memoria cecoviana - i versi dell’autore
russo sono pronunciati continuamente da Francesca
nel suo anelito di successo - attraversa con levità
una tematica drammatica sempre più alla ribalta:
il disastro dell’usura ed il baratro di chi
vi cade dentro.
Susanna, insolita sorella maggiore che segue le orme
dell’altra, più dotata, si occupa della
contabilità della compagnia teatrale, cede
al calore di un interessato amore, un giovane collezionista
di “oggettini” d’oro, e per mantenere
vivo il sentimento si indebita ipotecando le proprietà
di famiglia, unico sostentamento rimasto. Per le due
sorelle si prospetta così un’oscura incertezza
del futuro ma, contrariamente a quanto ipotizzabile,
il testo non cede alle lusinghe di un dramma disperato
o a un moderno ciclo dei vinti dal sapore verista.
Le due ragazze sono attrici, ma la loro professione
non intende analizzare le alterne vicende romantiche
della loro carriera, bensì la condizione di
precarietà del mestiere, che rende i personaggi
ancor più fragili ed oscillanti, sottolineando
l’indeterminatezza del domani. In un certo qual
modo viene spiegata la tendenza di Susanna a ricordare
eventi mai accaduti, nel duplice tentativo di assurgere
allo stesso livello della migliore Francesca, ma anche
di sopportare il peso della responsabilità
del tracollo economico.
Malgrado tutto, la pièce ha la capacità
di suscitare il riso e di toccare un argomento così
difficile con profonda leggerezza. L’improbabile
sperimentazione di Francesca che rilegge Cechov come
una moderna hit rap strappa un sorriso delicato e
nostalgico, che rievoca la purezza di Charlie Chaplin.
[paola di felice]