Fino al
3 dicembre al Teatro Quirino – Vittorio Gassman la compagnia
Mauri-Sturno presenta la versione teatrale di “Delitto
e castigo”. Si tratta della trasposizione del romanzo
di Fëdor Michajlovic Dostoevskij, scritto nel 1866: la
storia descrive gli effetti emotivi, mentali e fisici che
derivano dall’omicidio di un’usuraia e della sorella
più giovane, da parte di Rodion Raskolnikov, un indigente
studente pietroburghese interpretato da Roberto Sturno. Dopo
l’uccisione Rodion nasconde il bottino sotto una pietra
e comincia la sua finzione...
La pièce creata non è una semplice rilettura
del capolavoro dostoevskijano: Glauco Mauri, nei panni del
giudice istruttore Porfiri porta sul palcoscenico il dramma
dell’uomo, i dubbi che ne dilaniano l’animo e
che a volte possono portare alla redenzione. «Partiamo
dall’aspetto psicologico delle persone – precisa
Mauri - che è alla base del delitto stesso, scavando
anche nel profondo. Tutto questo è di un’attualità
veramente sconcertante, perché l’insensatezza
del delitto descritto da Dostoevskij non è nient’altro
che l’insensatezza dell’uomo d’oggi. Basta
guardarci intorno per capirlo».
Partendo dall’assunto espresso dall’autore russo,
secondo cui “un uomo è un mistero, difficile
da risolvere”, la vicenda si sbroglia sul palco. Dopo
aver ucciso, Rodion comincia a lottare con gli tormenti presenti
della sua mente. Le motivazioni del suo gesto partono dall’interpretazione
filosofica della vita, secondo cui «esistono due tipi
di uomini: quelli comuni e quelli non comuni. I primi sono
tenuti a rispettare le regole della convivenza civile; gli
esseri non comuni, invece, possono e devono superare queste
regole per raggiungere il loro scopo». Rodion, uccidendo,
tenta di avvicinarsi a Napoleone, alla sua grandezza e superiorità,
ma finisce per consegnarsi nelle mani della giustizia. Nei
due intensi e serrati dialoghi tra lo studente e il giudice
istruttore, viene messa in luce la tensione psicologica e
il dramma dell’uomo. L’assassino e il grottesco
giudice istruttore Porfiri (Glauco Mauri) giocano al gatto
con il topo, nella speranza di giungere alla verità,
per uno esistenziale e per l’altro umana.
Le scene, essenziali ed ipnotiche, persino labirintiche, che
riportano al dedalo umano vissuto da Rodion, sono curate da
Alessandro Camera, mentre i costumi sono di Simona Morresi.
Interessate l’idea registica dei sopratitoli che scandiscono
il tempo e i capitoli della vicenda, suddivisa in due atti.
“Il teatro ha bisogno di ‘favole’ da raccontare
agli uomini – ha dichiarato Glauco Mauri – e l’appassionante
cammino, dal delitto al castigo di Raskolnikov è una
di quelle grandi ‘favole’ che ci chiedono di essere
raccontate perché possano aiutare l’uomo a meglio
comprendere sé stesso”. [valentina
venturi]