Un uomo
assiste impotente al dissolvimento del proprio ambiente familiare
a causa dell'arrivo di un cane; un bottegaio nei primi anni
del secolo scorso, sogna il riscatto sociale attraverso un
figlio palesemente inadatto ad ogni tipologia di studio; una
donna in coma da un letto d'ospedale, fa i conti con il proprio
fallimento esistenziale. Alessandro Benvenuti mette in scena
tre monologhi sospesi in quell'atmosfera provinciale di cui,
da sempre, ha descritto le pieghe nascoste, le miserie quotidiane,
i desideri inconfessabili e, se le risate non mancano, basta
posare lo sguardo sul contesto quotidiano in cui si consumano
queste tragedie, per provare un brivido.
Il bagaglio etimologico da cui
Benvenuti attinge, frutto di quella toscanità dove
gli accenti più aulici si mescolano all'invettiva da
bar, rimane lo stesso da più di trent’anni, ma
aggiunge una buona dose di realismo. "La trilogia del
cucciolo", tre momenti dello stesso dramma ambientati
rispettivamente nel 2000, nel 2005 e nel 2015, scritta dallo
stesso Benvenuti, e intervallata da "Rutilio Canova"
e da "Silvana", che portano la firma dell'esperto
Ugo Chiti, già al lavoro con l'attore toscano in "Ad
ovest di Paperino" (1980) e "Benvenuti in casa Gori"
(1988), sceneggiatore di alcuni successi di Francesco Nuti
("Donne con le gonne") e degli ultimi film di Matteo
Garrone ("Gomorra" e "Reality").
La comicità di "Rutilio
Canova", soggetto tratto da una novella dello strapaesano
Bruno Cicognani, è quella dell'uomo ridicolo che usa
inutili espedienti per fare del figlio un improbabile Cicerone,
mentre in realtà lo prepara alla tragedia finale. L'evocazione
delle avance sessuali messe in atto da un futuro marito che
ha ben poco del principe azzurro, nell'episodio di "Silvana",
strappano lunghe e dolorose risate, ma non fanno da argine
ad uno squallore sentimentale che avanza. Il dramma dell'uomo
che, negli anni, si trasforma da fulcro di una famiglia felice
a raccoglitore notturno di escrementi canini rivela la natura
feroce e ricca di dolorosa umanità che permea la comicità
di Benevenuti. Per gettare lo sguardo su queste tragedie di
tutti i giorni non è necessario un allestimento particolare:
sono sufficienti una sedia, un leggio, poche note musicali,
la voce dell'attore e una luce chiara che ne illumini il volto
su uno sfondo nero come il suo humor.
[valerio
refat]