Dopo
la Locandiera
di Goldoni nella messa in scena di Jurij Ferrini,
continua al Teatro Vittoria la riproposizione in chiave
moderna ed anticonvenzionale di classici del teatro
moderno. È la volta del “Cirano
di Bergerac” di Edmond Rostand, nella
versione di Corrado D'Elia. Uno spettacolo in turné
da ben 13 anni, con oltre mille repliche per 150 mila
spettatori in tutta Italia. Nell'adattamento D'Elia
(vincitore nel 2009 del Premio Pirandello) rinuncia
alla rima, per sposare la prosa senza scalfire la
potenza del testo originale esaltato da una regia
che - filo rosso con lo spettacolo goldoniano - rinuncia
ad orpelli come scenografie e costumi, per una visione
che potremmo definire espressionista.
Il
palcoscenico è dominato da una pedana inclinata,
attraversata in apertura di spettacolo da quelli che
intuiamo essere i cadetti di Borgogna intenti in scorribande,
duelli e zingarate. Vestiti modernamente in nero,
gli attori appaiono e scompaiono dietro le quinte
come ombre cinesi. Giochi di luci e musiche moderne
costruiscono un'atmosfera moderna che conserva in
sé, non esplicitata, la classicità dell'originale.
La
pedana, costruita secondo strutture modulari, si apre,
modificandosi nel corso dello spettacolo. Si dà
origine con semplicità ed efficacia a diversi
ambienti, più “percepiti” che illustrati.
Su questa scena volutamente spoglia, si svolge la
storia di Cirano ottimamente reso dallo stesso D'Elia,
con i sogni, l'amore per la libertà e l'anticonformismo;
la passione non corrisposta per Rossana, invaghitasi
invece del bello ma vuoto Cristiano.
Una
versione moderna, con inserti musicali che non stonano
ma contribuiscono alla costruzione di atmosfere e
sentimenti. Il Cirano di D'Elia convince anche se
non pienamente a causa della disparità interpretativa
della compagna: alla bravura di D'Elia non tengono
testa né Monica Faggiani nella parte di Rossana,
né Vincenzo Giordano in quella di Cristiano.
Una debolezza che non scalfisce più di tanto
lo spettacolo, valido per le scelte registiche non
convenzionali adottate, sorprendendo prima e seducendo
poi. Piano piano.
[fabio melandri]