Che fine hanno fatto Lillo
e Greg?
“Chi
erano i Jolly Rockers?“ è il
nuovo lavoro teatrale scritto da Claudio Gregori: una commedia
musicale sorretta da un esilissimo se non futile impianto
(un gruppo musicale in cerca del successo è disposto
a tutto, anche al classico patto col diavolo. Il diavolo però
si rivela talmente scadente che il successo sembra non arrivare
mai), è il pretesto per seguire una lezioncina di musica
rock dalle sue origini ai giorni nostri.
La struttura dello spettacolo,
nonostante sia un intrecciarsi multimediale di sketch, canzoni
dal vivo e video, risulta monocorde e a tratti persino noiosa.
Non c’è fusione tra gli elementi, lo svolgersi
del racconto appare ingessato e in generale risulta schematica
l’intera messa in scena.
I momenti divertenti (la versione
edulcorata di “Tutti frutti”, l’imitazione
di Franco Battiato da parte di Max Paiella, la parodia del
critico musicale coi sottotitoli, le esecuzioni indovinate
da parte del duo Paiella/Greg, alcuni assoli di Lillo e i
camei di Renzo Arbore, Dario Salvatori e Marco Presta) non
riscattano la sensazione di uno spettacolo stiracchiato e/o
sgangherato, costruito sull’onda del successo ormai
consolidato e in espansione del duo Lillo e Greg che (sarà
banale dirlo), non riescono a teatro a ritrovare la leggerezza
del tocco e il cazzeggio irresistibile delle loro trasmissioni
radiofoniche .
Alfredo Agli (batteria), Mario
Caporilli (tromba), Mario Monterosso (chitarra), Francesco
Redig De Campos (basso e contrabbasso), Stefano Rossi e Alessandro
Tomei (sax) danno credibilità e spessore alle esecuzioni
dal vivo (musiche originali di Greg e Attilio di Giovanni)
vero asse portante e tutto sommato punto forte dello spettacolo.
In “Chi
erano i Jolly Rockers” vengono meno
però le doti indubbie degli stessi attori: Max Paiella
oltre a sorprendere per le qualità canore appare spaesato
e non incide e il talento comico di Lillo rimane un po’
ai margini quasi non fosse convinto del ruolo. Greg poi canta:
lo fa con mestiere ma forse troppo preso dalla sua passione
musicale rinuncia alla consueta eccentricità per sottolineare,
con un ombra di moralismo al contrario, il valore liberatorio
e catartico del rock.
Manca forse un autore
forte, una storia ben costruita e soprattutto ben congegnata
che possa trasformare una collana di gag in uno spettacolo
teatrale.
[paolo zagari]