Il
titolo è accattivante, richiama passioni intense,
dubbi che lacerano l’anima. Invece no. È
uno spettacolo dalle passioni miti. Più che
“Camminare sul fuoco”,
lo spettacolo mostra come, se si 'cammina in bilico'
nella vita, come degli equilibristi dell’umanità
contemporanea, basta un passo falso e si precipita.
Presumibilmente nell’inedia. Ci si rifugia in
uno studio medico per fuggire dalle insidie della
vita, impiegando le proprie energie alla ricerca di
fantasmi che impediscano di agire, trovare un lavoro
e vivere serenamente un rapporto d’amore per
colpa di una gelosia immotivata.
Tutto
questo può accadere in un condominio un po’
decadente di una grande città tra un ragazzo,
Daniel (Federico Rosati), e la psicanalista Paula
(Alessandra Vanzi). L’incontro tra i due sembra
casuale: la richiesta di una ricetta per un tranquillante.
Ma poi il ragazzo si ferma nell’appartamento/studio
e tra loro inizia un rapporto a metà strada
tra la terapia e l’amicizia. La relazione è
il lato convincente, il copione è la parte
debole. Non ci sono frasi o dialoghi che restino impressi
nella memoria. L'originale è ambientato a Berlino,
con riferimenti espliciti alla decadenza di alcune
parti della città unificata, ma nella regia
di Iuorio si predilige la mediazione locale. Per questo
la tematica rimane sullo sfondo, non ci sono tracce
di teatro minimalista e la scenografia non è
così vuota. Forse ha anche un senso. Come il
rapporto tra Paula e Daniel è amichevole, così
le piante al centro della scena evocano una dimensione
domestica, piena. Richiamano il dialogo tra i protagonisti,
non la distanza. Originale il tipo di rapporto tra
la psicanalista e il ragazzo, l’osmosi di comportamenti
tra i due (la regia dovrebbe evidenziarlo di più),
ma è pur vero che il tema del rapporto psicoanalitico
è frequente a teatro.
La
regia è armoniosa ma a volte rallenta il ritmo,
ostacolando il livello d’attenzione dello spettatore,
già distratto da dialoghi fin troppo asciutti.
La Vanzi come psicanalista è molto efficace;
Rosati all’inizio parte bene, con un'interpretazione
fatta di piccoli movimenti che caratterizzano il personaggio,
ma poi si perde in una recitazione un po’ monocorde.
La gelosia è un sentimento difficile da rendere
a teatro, basta poco per banalizzarlo.
Testo
apparentemente semplice, ma che proprio nella sua
semplicità rischia di cadere. Non cattura.
[deborah
ferrucci]