Fino al 21
aprile sulle tavole del Teatro de’ Servi di Roma è
in scena la commedia di Pierre Palmade e Muriel Robin “C'eravamo
troppo amati”, adattata da Michele La
Ginestra, protagonista insieme a Michela Andreozzi. La commedia
inizia proprio lì dove solitamente le storie d'amore
finiscono: dal divorzio.
Una decisione presa di comune accordo,
un po' meno quando si tratta di dividersi il patrimonio comune
con la famosa lista di oggetti, che talvolta comprende anche
i ricordi (quelli del cane morto) e scarti surreali («io
di quelle tende ho scelto la stoffa», «io la fantasia»,
«vuol dire che tu ti tieni la stoffa ed io la fantasia»).
Da qui salti temporali conducono
lo spettatore ad un primo re-incontro in un bar, dove l'ostentata
felicità di una single ritrovata, cozza con le evidenze
della quotidianità di racconti che presentano buchi
e falle peggio di una fetta di Emmental. Una cena con i rispettivi
nuovi compagni, un poeta e una modella a domicilio, non interrompe
quel filo rosso di complicità tra i due che anzi sembra
prendere maggior vigore dalla lontananza e dal pensiero ricorrente
del proibito e del tradimento. Fino all'inevitabile finale…
“C'eravamo troppo amati”
è una commedia dal ritmo sostenuto, tutta giocata sulla
parola e sulla capacità recitativa dei protagonisti.
Scene minime ed essenziali costruite dai movimenti degli attori
sul palco e sostenute da pochi elementi evocativi; La Ginestra
e Andreozzi rievocano in salsa molto romana le grandi coppie
cinematografiche litigarelle da Katherine Hepburn e Spencer
Tracy fino a Jerry Lewis e Dean Martin. Gli attori sembrano
divertirsi molto, diverse battute strappano risate scroscianti
e applausi in sala e il sorriso si fa largo sul volto di molti.
Lo spettacolo, forse un po' lungo e con alcune situazioni
troppo reiterate, colpisce il suo obiettivo di un'ora e mezza
di puro divertimento scacciapensieri.
[fabio melandri]