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Con
l’ottava edizione di Trend, di questo nostro motore di
ricerca orientato, nella sua prima e storica sezione inglese,
a far luce tra i modelli, i linguaggi, i temi correnti, le energie
sceniche e il tasso alcolico o la crisi emotiva di personaggi
assunti a prototipi del nuovo teatro britannico, con questa
finestra che ancora possiamo aprire su autori, titoli e fenomeni
di una drammaturgia che dagli anni Cinquanta ci è scoppiata
addosso frantumando i codici di rappresentazione dell’epoca
moderna, non vanteremo l’approfondimento di un filone,
l’intercettazione di un problema diffuso, il punto su
un sistema di segni correnti.
Superato il muro del suono della violenza e dello scandalo,
e anche del malessere collettivo, il quadro che si pone infatti
davanti a questo capitolo di Trend reso possibile dal confermato
sostegno dell’Assessorato alle Politiche Culturali del
Comune di Roma - oltre che destinatario di un gesto di fiducia
concreta del British Council, e del Goethe Institut per la seconda
sezione che nel 2008 è tedesca - è stato stavolta,
per quanto concerne l’Oltremanica, un quadro di anomalie
sparse, di deviazioni privatissime, di picchi di mostruosità
e di deformate peripezie distanti tra loro anche millenni (con
relative alterazioni di scrittura) all’insegna di eventi
e protagonismi individuali.
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Da convincerci a disporre una accanto all’altra storie
di discriminazione sociale, di scelleratezza congenita, di
devastante diversità intima, di accanimento in circostanze
ambientali al limite, di nostalgia della pedofilia (subita),
o di sofisticazione-attualizzazione di miti culturali. Tessere
fortuite di un mosaico che testimoniano come all’interno
di ognuno di noi ci sia una tragedia controversa, s’annidi
un trauma, giaccia una bestia. E gli autori d’Oltremanica
sono come entomologhi alle prese con strani insetti allergici
l’uno all’altro in un mondo-alveare di costumi
in feroce o insinuante mutamento. È il caso, nell’ambito
degli spettacoli, dei pezzi di Mark Ravenhill che rigenerano
le epopee del cinematografico Birth of a Nation di Griffith
e di Odissey da Omero, di Mark O’Rowe che in Terminus
racconta donne allo sbando e un serial killer, e di Philip
Ridley che in Vincent River esamina i postumi dell’uccisione
di un ragazzo omosessuale, mentre ci sarà anche spazio
per letture dove David Harrower (Blackbird) indaga lo choc
di rapporti tra età lontanissime, dove Duncan Macmillan
(Monster) ritrae il caso di un canagliesco buon selvaggio
che stana le zone buie del prossimo, e dove Alex Jones (Tinned
Peaches in Syrup) profetizza una terra arsa con famelici e
inermi branchi di superstiti. Tre allestimenti e tre reading
elaborati, cui si prestano compagnie, registi, attori che
hanno ancora il gusto di traghettare sensazioni anglosassoni-europee.
Cui seguirà, a cura di Adriana Martino, un’analoga
impresa di matrice tedesca.
[presentazione di Rodolfo di
Giammarco]
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