Lotta di negro e cani
Autore: Bernard-Marie Koltès Traduzione: Valerio Magrelli
Regia: Teatrino Giullare
Produzione: Teatrino Giullare
Interpreti: Teatrino Giullare
Anno di produzione: 2008
In scena: in turnè

Teatrino Giullare prosegue il suo lavoro con i classici contemporanei. Dopo Beckett (Finale di partita) e Bernhard (Alla meta) adesso è la volta di Bernard-Marie Koltès, autore francese di culto scomparso prematuramente colpito dall’Aids.
Il testo scelto dalla compagnia, vincitrice nel 2006 di un Premio Ubu speciale “per l'originalità con cui usa il teatro di figura per ridare vita e profondità di interpretazione a importanti classici contemporanei”, è Lotta di negro e cani, testo complesso e atroce messo in scena per la prima volta in Francia da Patrice Chéreau nel 1983 con Michel Piccoli in scena. Ambientata in Africa, nel cantiere di opere pubbliche di un’impresa francese, è una storia di razzismo, di colonizzazione politica e culturale, di alcolismo e violenza. Un negro è stato ucciso o è morto in un incidente sul lavoro? La vicenda viene rappresentata dalla compagnia bolognese con tutti i trucchi tipici del suo teatro: giochi di ombre, manichini, maschere, rumori sordi e metallici, vetri e mani.
Una rappresentazione intimistica, che fa della limitazione e della privazione fisica il punto di partenza per svelare un universo di segni e visioni particolarissime. Questo teatro di sottrazione ben si adatta ai testi che la compagnia sceglie di volta in volta: testi minimalisti, segreti, tesi come i marchingegni che i due artisti manipolano e manovrano. A tale proposito, sorprende non poco che siano soltanto in due ad elaborare e muovere questa nuova singolare architettura scenica e poetica. Giulia Dall’Ongaro e Enrico Deotti si fanno in quattro (personaggi) per sostenere l’intero spettacolo e si ingegnano per mantenere quella coerenza stilistica che appartiene loro sin dagli inizi, per trovare continuamente mezzi alternativi che rappresentino il testo, riuscendo anche stavolta nell’impresa.
Presentato in prima assoluta a VIE Scena Contemporanea Festival, lo spettacolo è bello e intrigante, rende omaggio alla lingua di Koltès e merita una lunga tournée.
[simone pacini]



   
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