Giorni felici
Autore: Samuel Beckett Traduzione: Carlo Fruttero
Regia: Anna Marchesini
Scene: Carmelo Giammello Luci:
Costumi: Santuzza Calì Musica:
Produzione: Marisa srl
Interpreti: Anna Marchesini, Renato Cecchetto
Anno di produzione:2008 Genere: drammatico
In scena: fino al 18 gennaio 2009 al Teatro Eliseo Via Nazionale, 183 - 00184 Roma
Tel. botteghino: 06 4882114 | 06 48872222

“Il timore reverenziale che nutro per la gigantesca figura di Samuel Beckett, rende difficile il tentativo di redigere qualche nota sul “mio allestimento” di Giorni felici. Da quando ero un’allieva dell’Accademia, desidero interpretare Winnie di Giorni Felici. Una delle poche, forse la più forte spinta ad invecchiare, è stata raggiungere quel… “cinquantenne” richiesto dal testo. Finisco per infilarmi in un buco, inghiottita nel terreno, in uno spazio desolato, in un tempo fermo, nei giorni di Winnie, affaccendata a riempire il tempo tra il campanello del giorno e il campanello del sonno, con i gingilli della sua grossa sporta nera. Le viscere sepolte e poi prolassate in una gabbia che tuttavia la “protegge” dal mondo circostante, dal nulla che la sovrasta e la comprende. In questa condizione terminale che, in qualche momento della nostra esistenza appartiene certo a tutti noi, Winnie diventa dunque portavoce di un’umanità sfinita e disfatta che tuttavia si accanisce ad esistere, a resistere, a dire tutte le parole che ci sono da dire, a identificarsi con quelle, per riempire il silenzio, per sottolineare il silenzio, per abbellire la propria fine. In questa esaltante ricerca dell’oro, ficcata dentro un buco, bloccata fino al collo, aspettando la Fine della Partita, voglio proprio vedere se riesco a mantenere le promesse e… le parole! Oh quello sì sarà un giorno felice!”.
Con questi ragionamenti Anna Marchesini, nel duplice compito di regista e interprete, descrive il testo di Beckett e il ruolo di Winnie, una donna sepolta viva (prima fino ai fianchi, nel secondo atto fino al collo) dentro una buca, in grado solo di seguire la ritualità delle ore, di curare i pochi oggetti personali a sua disposizione e di ascoltare la campana stridula che scandisce il giorno dalla notte; suono che le permette di esclamare l’arrivo di “un altro giorno divino”.
Samuel Beckett nel 1961 recupera il convenzionale “dramma di conversazione” e lo svuota da tutte le componenti espressive, trasformandolo in un pallido riflesso della misera condizione umana. La Marchesini, anche se eliminando alcuni passaggi testuali, ripropone attraverso le scarne scene di Carmelo Giammello il senso di avvilimento, di perdita, di smarrimento fisico e culturale proprio dell’opera beckettiana.
[valentina venturi]