Gay Panic
Autore: Riccardo de Torrebruna
Regia: Riccardo de Torrebruna
Scene: Massimiliano Frumenti
Musica: Aida Nadeem
Produzione: Michele Renzullo
Interpreti: Andrea Gherpelli e Simone Spirito
Anno di produzione: 2008 Genere: drammatico
In scena: fino al 24 febbraio 2008 al Teatro Belli – Roma. P.zza Sant'Apollonia 11/a - 00153 ROMA. Biglietteria tel. 06.5894875

L’esercito americano ha identificato una “sindrome” che colpisce quei soldati che esorcizzano il terrore della guerra trasformando la paura in passione, amando violentemente, in alcuni casi uccidendo il compagno di sempre o magari solo di una notte o di un attimo, quello in cui l’unica salvezza che sembra plausibile è abbandonarsi all’impeto. GAY PANIC, appunto. E la drammaturgia non poteva farsi sfuggire un tema tanto ricco quanto carico di idee. Riccardo de Torrebruna (attore, scrittore e autore teatrale vincitore nel 1996 del premio “Enrico Maria Salerno” per la drammaturgia con un testo intitolato "Zoo Paradiso"), ne ha scritto una piece (presentato per la prima volta, in forma di Lettura Scenica, nell’edizione 2006 della rassegna di teatro omosessuale Garofano Verde), che porta il nome della sindrome e che vorrebbe raccontare e descrivere le gioie, le paure e le sensazioni.
Procediamo con ordine. Il testo è ispirato a un fatto realmente accaduto nel corso di un turno di guardia durante la guerra in Iraq (maggio 2004, base militare di Ad Dawr), tra Daniel, marine americano e Zaggam, giovane recluta irachena della rifondata Guardia Nazionale (interpretati da Andrea Gherpelli e Simone Spirito). I due rappresentano tesi e antitesi della stessa guerra e questo rende ancora più forte il senso di amicizia prima e di tormentata passione poi. Praticamente taciuta dagli organi di stampa, la notizia non ha trovato eco finché non è stata scoperta tra i carteggi della giustizia militare americana e pubblicata da un giornale del North Carolina, il "News & Observer".
Sebbene i presupposti lascino immaginare un testo fatto di parole forti, cariche di amore, per la patria, per la famiglia o per un’idea, il linguaggio della piece è volutamente spoglio. Ma, nonostante lo sottolinei De Torrebruna stesso, non ci si spiega perché un tema così pieno di “sotto testo” venga riprodotto con parole più vicine a luoghi comuni che alla sfera drammaturgica. Migliori i monologhi dei dialoghi, che si riducono in una banale altalena di battute, per arrivare al “fatto”. La pacatezza nel raccontare questa sindrome piena di tormento, passione e dramma si riscontra anche nella regia curata dallo stesso autore.
Gli attori, seppur bravi, sono costretti a una recitazione monotona e priva di tensione, qualsiasi forma di attrito e dissidio sembra sepolta sotto i sacchi di sabbia che simulano la torretta. Le pochissime musiche utilizzate sono dell'irachena Aida Nadeem. Sembra che testo e regia non sfruttino la forza dell’argomento, c’è un mondo dietro al Gay Panic e ci avrebbe fatto piacere percepirlo.
[emiliana palmieri]