QUATTRO MATRIMONI ED UN FUNERALE
Autore: Richard Curtis
Adattamento e Regia: Daniele Falleri
Scene: Alessandro Chiti
Luci: Giovanna Venzi
Costumi: Isabella Rizza
Coordinamento musicale: Dino Scuderi
Produzione: Star Dust International
Interpreti: Giampiero Ingrassia, Marta Zoffoli, Mauro Marino, Giulia Cantore, Amedeo D'Amico, Annamaria Iacopini, Paola Maccario, Andrea Manzalini
Anno di produzione: 2006 Genere: commedia
In scena: fino al 5 aprile, teatro Brancaccio, Roma
Dove un tempo c’era leggerezza, oggi c’è approssimazione. Dove prima c’era dinamicità, oggi c’è staticità. Dove prima c’era sense of humour tipicamente british, oggi trovi maschere e macchiette.
Dove prima c’era la brillante commedia cinematografica di Mike Newell con Hugh Grant, oggi c’è l’adattamento di Daniele Falleri dello script di Richard Curtis, con Giampiero Ingrassia e Marta Zoffoli. Comune denominatore: 4 matrimoni ed un funerale.
La storia è la medesima. La vita di un gruppo di amici capitanati dall’inglese Charles (Hugh Grant/Giampiero Ingrassia) che si innamora dell’americana Carrie (Andie MacDowell/Marta Zoffoli) lungo un percorso costituito per l’appunto da quattro matrimoni ed un funerale.
Il regista Daniele Falleri: “Volevo uno spettacolo che fosse quella storia e non un’altra. Che avesse quei personaggi e non altri. Che facesse ridere e piangere e sognare allo stesso modo. Ma senza schermi e proiettori! Che fare? Ripartire da zero. O meglio, ripartire dagli stessi ingredienti primari”. Purtroppo non tutte le ciambelle riescono con il buco: il confronto con la pellicola del 1994 è naturale ed implacabile.
La messa in scena è appesantita da una scenografia statica ed assai poco funzionale, che invece di caratterizzare i cinque momenti fondamentali della rappresentazione, li livella rendendo tutto troppo omogeneo. Gli stessi protagonisti sono ombre dei personaggi del grande schermo e nonostante il mestiere di Ingrassia (apprezzato in passato in altre performance) la commedia non decolla. Risultato: uno spettacolo freddo, a tratti noioso e la sensazione di una certa pigrizia creativa insita in operazioni di questo genere. Non basta prendere una commedia di successo e traslarla pedissequamente sul palcoscenico che vive di ritmi e meccanismi narrativi diversi. La limitatezza e staticità del palcoscenico dovrebbe aguzzare l’ingegno di registi, scenografi, tecnici delle luci e via discorrendo. Invece la sensazione è quella di uno spettacolo poco curato e amato dai protagonisti stessi, il che si riverbera anche nel pubblico in sala, compreso quello sempre ben disposto delle prime che accoglie lo spettacolo con applausi cortesi più che convinti.
[fabio melandri]