Terzo incontro con Fosse per Valerio Binasco

Debutta l’11 novembre al Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma lo spettacolo Un giorno d’estate di Jon Fosse, che segna da un lato l’inizio del rapporto produttivo triennale tra il regista Valerio Binasco e il Teatro Eliseo, dall’altro la collaborazione tra l’Eliseo stesso e il Teatro Stabile di Torino diretto da Mario Martone.
Il testo parla di una storia d’amore e di un viaggio nella memoria: una coppia in fuga dalla realtà, arriva in un luogo appartato in riva al mare. La possibilità di un idillio amoroso, diventa una punizione del destino: lui cade in depressione e sparisce per non tornare più. La storia viene ricordata in scena da una vecchia signora, la stessa che un giorno aveva creduto nella storia d’amore. Valerio Binasco - che per la terza volta si confronta con un testo del norvegese Fosse - racconta durante la conferenza stampa del suo amore per questo autore, del quale apprezza le contraddizioni e la capacità di raccontare storie mai “minimali”. Si sofferma sul tema della paura, sulle angosce degli uomini, che sono sempre le stesse (la morte, il silenzio, il buio, la solitudine) ed emergono nei testi di Fosse in quanto “la paura – precisa il regista - ci parla della vita; la paura è poeta ed è un compagno artistico. Quello di Fosse è un teatro poco poetico e poco realistico. È piuttosto una festa della vita, fatta di gioco, risate, travestimenti che lo fanno diventare a tratti un po’ vaudeville”. A tale proposito, Binasco non perde l’occasione per ringraziare chi ha curato il fondamentale aspetto visivo dello spettacolo, ovvero Nicolas Bovey per scene e luci e Sandra Cardini per i costumi.
Per mettere in scena il testo, il regista si è circondato di interpreti a lui poco noti, “attori che hanno affrontato con coraggio questa lotta alle paure – spiega – e che per questo ringrazio”. In Jon Fosse, esponente di punta della nuova drammaturgia scandinava, si respirano echi da Thomas Bernhard (“anche se è meno arrabbiato” ammonisce Binasco), da August Strindberg (per la visione dell’amore) e da Henrik Ibsen (per la pressione del mondo esterno, della natura che si percepisce nei testi). Lo spettacolo resterà in scena fino al 7 dicembre. [simone pacini]

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