Zohan
è un membro delle forze speciali israeliane impegnato
contro il terrorismo nella sua nazione. La sua giornata è
cadenzata da eventi come fracassare mura con le teste dei
nemici, infilarsi piranha nel costume come prova di forza,
giocare a racchettoni sulla spiaggia con una bomba a mano
al posto della palla, usare il suo lato B in maniera prensile.
Come tutti gli eroi, ha un grande ed inafferrabile nemico:
il terrorista palestinese Phantom. Non troppo inafferrabile
in realtà, il problema è che ogni volta che
Zohan lo cattura, i suoi colleghi lo usano come merce di scambio
con prigionieri o agenti israeliani. “Alì e Frazier
nel pugilato, i Celtics e i Lakers nel basket, gli Yankees
e Boston nel baseball, Zohan e Phantom” - rivela il
regista Dugan - “Si tratta di una rivalità feroce”.
Ma Zohan inizia ad accusare una certa noia e ripetitività
nel suo lavoro, coltivando nuovi progetti di vita. Uno in
particolare ha catturato tutta la sua attenzione: forbici,
lacca, gel, colore….
Il suo sogno è diventare parrucchiere a New York, sulle
orme del suo mito Paul Mitchell. Ma i tentativi di ricostruirsi
una vita ed una identità a New York non sono so dei
più agevoli. La concorrenza nel campo è spaventosa
ed agguerrita, mentre schegge impazzite del suo passato continuano
a perseguitarlo anche nel Nuovo Mondo.
Zohan è una sorta di one-man-show del comico americano
Adam Sandler, stella del Saturday Night Live e conosciuto
– poco – da noi per pellicole come Io
vi dichiaro marito e marito, Cambia
la tua vita con un click, Spanglish
e Ubriaco d’amore di Paul
Thomas Anderson, prova delle più mature grazie alla
quale ha ottenuto una candidatura ai Golden Globe. Un ritorno
alle radici con un personaggio eccessivo, selvaggio e particolare.
Con Zohan Sandler, anche nelle
vesti di sceneggiatore, torna sulla strada della comicità
demenziale, del sopra le righe senza soluzione di continuità,
trovando sponda nel regista Dennis Dugan specializzato in
pellicole non-sense e grottesche come Big
Daddy, Assatanata, Mai dire ninja, National security –
Sei in buone mani.
Il film affronta un tema serio ed importante come il conflitto
israelo-palestinese attraverso l’arma più potente,
ovvero la risata, sguaiata ed irriverente, mettendo alla berlina
stereotipi, luoghi comuni di entrambe le parti, attraverso
due personaggi icona come l’israeliano Zohan ed il suo
alter ego palestinese Phantom, un John Turturro sopra le righe
come il suo personaggio de Il grande Lebowsky ma privo di
quell’autoironia sottile che caratterizzava il suo giocatore
di bowling nel film dei Coen.
Obiettivo che viene però a mancare per una certa pigrizia
di realizzazione, per una comicità puramente scatologica
all’interno di un’estetica piatta, frettolosa,
televisiva. Un film più demente che demenziale.
[fabio melandri]