E’
possibile girare un film alleniano senza essere Woody Allen?
C’è chi ci prova (voto 8 per il coraggio). L’eroe
è Bart Freundlich sceneggiatore/regista nato a Manhattan
ed autore di tre lungometraggi I segreti
del cuore (1997), World Traveller
(2001) e Tre ragazzi ed un bottino
(2004). Ma il suo capolavoro è il matrimonio con la
bellissima Julienne Moore attrice protagonista di tre delle
sue quattro pellicole, compresa l’ultima fatica
Uomini e Donne - Tutti dovrebbero venire… almeno una
volta!, sottotitolo assai ‘pecoreccio’
e complimenti al titolista (voto 0) tra ispirazioni lelouchiane
e maria-defilippiane.
Ma questo Trust The Man (perdonateci
se ricorriamo almeno per una volta al titolo originale) non
è ne una commedia grossolana e sboccata ne un gioiellino
di sottotoni e comicità newyorkese. “Questo
è un film che parla di come uomini e donne comunicano
il loro stato emotivo, di come gli uomini usano metafore per
esprimere i loro sentimenti – ci racconta il regista
presente a Roma con la moglie per presentare la pellicola
– Un film sul diverso modo di comunicare tra uomini
e donne.”
Rebecca, attrice di successo è sposata con Tom pubblicitario
che ha lasciato la carriera professionale per dedicarsi alla
famiglia e alla disperata ricerca di un posto fuori e dentro
il letto coniugale. Il fratello di Rebecca, Tobey è
fidanzato con Elaine, un’aspirante scrittrice. La loro
relazione è ormai giunta a un bivio: dopo sette anni
lui non ha alcuna intenzione di affrontare la vita adulta
con la scusa che “tutti dobbiamo morire”, mentre
lei vuole una famiglia. A minare le fragili fondamenta delle
due coppie intervengo sedute di analisi, siti porno, tentazioni
che ritornano dal passato o nascono tra la routine del quotidiano:
un’ex fidanzata, una mamma single e un aitante folk-singer!
Di carne al fuoco ce ne è diversa, peccato che la cottura
non è uniforme.
Freundlich è bravo quando contestualizza il racconto;
crea ambienti verosimili in cui i personaggi lavorano, si
incontrano, parlano, pranzano, discutono, litigano, finendo
per costruire una mappa mentale e personale New York che ricorda
il Woody Allen di Manhattan,
Io e Annie, Misterioso
omicidio a Manhattan. “Abbiamo scelto New
York perché l’ambiente in cui vivono i personaggi
fa parte della loro personalità. Ambientare la storia
in una città che conosco bene mi ha permesso di dare
tridimensionalità e verosimiglianza ai personaggi”
continua il regista. Ma quando è il momento di mettere
in bocca ai personaggi parole sensate, profonde quand’anche
spiritose, entriamo nel campo delle occasioni mancate, delle
banalizzazioni e del non-sense non sappiamo quanto cercate
o involontarie.
Problemi di scrittura quindi a discapito di un cast volenteroso
capeggiato da Julianne Moore nel ruolo dell’attrice
sposata ad un marito ‘malato di sesso’ interpretato
da David Duchovny che a furia di ruoli comici e leggeri sta
tentando di scrollarsi di dosso l’immagine del tenebroso
Fox Mulder del serial X-Files. La seconda coppia è
invece interpretata da Billy Crudup, un volto facilmente dimenticabile
e la lanciatissima Maggie Gyllenhaal, alla ricerca ancora
della sua vera dimensione di attrice tra cinema d’autore
(Casa de Los Babys, Secretary,
Criminal, Il
ladro di orchidee) e blockbuster (40
giorni e 40 notti, World
Trade Center). [fabio melandri]