Mariano
è un ortolano felicemente innamorato della sua bella
mogliettina tutta curve che attira inevitabilmente gli sguardi
e i complimenti di tutto il paese, stavolta Anghiari sempre
nella provincia aretina come i precedenti di Pieraccioni,
ultimo erede della commedia all'italiana che appartiene al
filone dei toscanacci, che ha in Monicelli il massimo mentore
e rappresentante.
Mariano si divide tra gli amici, con cui organizza una rappresentazione
amatoriale del musical di Grease e con cui passa le vacanze
in campeggio e la vita matrimoniale. Ha un sogno ed è
quello di aprire un negozio di frutta e verdura per mollare
il banco al mercato. Ma per realizzare i propri desideri in
questa Italia di oggi, non è facile, tra rate, mutui,
condoni e tasse esose e assurde. Mancano i soldi e Mariano
perde le speranze come il suo amico prete che si è
rinchiuso in un mutismo inspiegabile e che da un giorno all'altro
decide di non celebrare più la messa con conseguenze
disastrose sulla fede della comunità di vecchiette
e chierichetti. Finché un giorno tra i banchi della
frutta, un fotografo di moda annoiato e privo di stimoli,
nota le generose prosperità della moglie di Mariano
e propone alla coppia un assegno da cinquecentomila euro per
immortalare sul calendario il corpo di Miranda. Le lusinghe
del mondo dello spettacolo fanno gola a tutti e così
l'amore subirà un duro colpo per l'avidità e
l'egoismo di entrambi.
Giunto al suo ottavo film, Pieraccioni si presenta all'appuntamento
di Natale con una favola sinceramente stanca e che gira intorno
a un unico tema:è più importante essere o apparire?
Pieraccioni non è regista da infilare una gag dietro
l'altro, alternando meccanicamente gli sketch alle barzellette,
ma non si spinge molto più in là.
In Una moglie bellissima, Pieraccioni
sembra lasciato solo a reggere l'intero impianto comico (e
un paio di cose gli riescono particolarmente bene, ad esempio
quando riceve l'offerta milionaria la sua reazione con l'aspirapolvere
è da antologia) perché le figure di Rocco Papaleo
e di Massimo Ceccherini, sono latitanti e guardano all'ennesimo
tentativo di seduttore di Pieraccioni con aria frastornata
e smarrita. A dir la verità il quintetto di protagonisti,
compresi quindi oltre ai personaggi già citati, l'allampanato
Gabriel Garko e la "cicognona" Laura Torrisi che
non ha molti problemi a differenza del suo personaggio, di
mostrare i centimetri di gambe e di seno, sembrano tutti un
po' girare a vuoto, tra battute già sentite ed equivoci
imbarazzanti. Il confronto/scontro su cui si regge la commedia,
la dialettica tra il paese e il mondo dello spettacolo poi
è assolutamente di facciata e non genera una vera spirale
di feroce critica sarcastica. La rappresentazione dei due
ambienti rimane stereotipata, e se nelle sequenze che riguardano
gli amici di Mariano qualche risata ci scappa (soprattutto
negli scambi tra Ceccherini e suo figlio, di una tenerezza
infinita) quelle che riguardano il bel mondo fatto di veline
e aitanti fotografi ripropone lo stile televisivo, o meglio
quello che la gente si immagina di quel mondo a forza di reality
e di vallettopoli, senza sforzarsi di metterlo troppo alla
berlina. Dopotutto la protagonista viene proprio da un'edizione
del Grande Fratello e la sua credibilità come bella
del paese che conosce improvvisamente la celebrità
è assolutamente aleatoria. Pieraccioni dimostra sicuramente
di conoscere la storia della canzone italiana, e non solo
visto come riesce a omaggiare il musical di Grease, e certi
brani usati come contrappunto alle situazioni comiche sono
un suo personale marchio di cui deve andare fiero, ma questo
non basta a dare nerbo alla commedia e a sfruttare le potenzialità
di una materia come quella della provincia toscana.
[matteo cafiero]