Pochi gli
elementi in comune con il primo capitolo di The Eye: i registi innanzitutto,
i fratelli Pang e la capacità della protagonista di vedere
i morti.
Un altro film alla “io vedo la gente morta”? Purtroppo
si, e la ragione di quel purtroppo risiede nella assoluta mancanza
di un pur minimo tentativo di proporre ad un pubblico fortemente recettivo
come quello di questi ultimi anni, un pur minimo barlume di novità.
La trama è presto detta. Joey, dopo un tentativo di suicidio,
acquista la facoltà di vedere i morti, o meglio le anime dei
morti che vagano per il mondo in cerca di nuovi corpi in cui reincarnarsi.
Joey, rimasta misteriosamente in cinta – buco di sceneggiatura
talmente evidente da far sorridere – si vede circondata di anime
che pretendono di impossessarsi del corpo del futuro nascituro. In
particolare l’anima vendicatrice della moglie del suo supposto
amante (gli sceneggiatori di Beautiful in confronto sono dilettanti
allo sbaraglio) tenta più volte di “entrare” nel
suo utero, porta d’accesso alla reincarnazione. Il perché
ed il percome lo lasciamo ai temerari spettatori che si arrischieranno
in sala. Non siamo neanche nel campo del trash voluto perché
la confezione è patinata, alcuni momenti hanno una carica visiva
ed emotiva di un certo impatto – vedi la sequenza in ascensore
– ma i balzi sulla sedia, pur essendoci, sono frutti di abili
quanto furbi giochi di montaggio – visivo e sonoro – mentre
la trama si trascina stancamente tra assurdità, inverosimiglianze
e noia, quella sì mortale, sino ad un finale che come un moribondo
si attacca alla vita con pervicacia inumana, stenta a chiudersi in
maniera definitiva. Tralasciamo la spicciola filosofia buddista, che
dovrebbe “certificare” in qualche modo la veridicità
dell’assunto, e viene sciorinata da un personaggio attaccato
con lo scotch alla storia – quasi inserti da un altro film.
Aspettiamoci, qualora il film fosse colpito da insperato successo,
un terzo capitolo della “saga” .[fabio
melandri]