Le
avventure acquatiche
è il tuo quarto film. Nel corso dei tuoi film qualcosa
è cambiato nella costruzione. I primi tre sono stati
scritti con un tuo compagno di studi ed un attore famoso,
Owen Wilson, questo quarto film è scritto insieme a
Noah Baumbach, sceneggiatore e regista. Puoi raccontarci come
nascono queste collaborazioni?
Io e Owen abbiamo iniziato a scrivere insieme già dai
tempi dell’Università; abbiamo scritto insieme
tre film, poi nel frattempo è diventato un attore di
cinema con sempre meno tempo da dedicare alla scrittura e
sapete bene che scrivere paga molto meno bene che recitare;
quindi come partner per le sceneggiature l’ho perso.
Ho incontrato Noah Bamback sul set di un suo film che l’ho
aiutato a produrre. Durante la lavorazione, ci siamo resi
conto che vi era una certa sintonia tra noi e gli ho chiesto
di darmi una mano.
La scrittura
è un aspetto fondamentale nel tuo cinema. Ci sono film
costruiti con dei capitoli come se fossero dei libri. Alcuni
riferimenti letterari sopratutto ne I
Tenembaum ha fatto pensare alla critica americana al
grande scrittore Salinger. Sono suggestioni reali, presenti
nel momento della tua scrittura oppure no?
Per me c’è sempre un’ispirazione. Per I
Tenembaum volevo che fosse proprio come un romanzo
e quindi avevo in mente, come riferimento, Salinger mentre
stavo girando. La mia idea era quella che il film dovesse
apparire proprio come un libro con delle pagine, dei capitoli.
Il prossimo film è invece ambientato in India ed è
concepito proprio come un romanzo alla Graham Green o Kipling.
Questo film non è stato concepito come un romanzo,
ma è nato ispirandosi a Fellini e Cousteau.
Le piscine
compaiono molto spesso nei tuoi film, per quale ragione?
Non lo so; mi piace molto la fotografia subacquea, ed il colore
delle piscine. Il colore infatti che vedrete più frequentemente
in questo film è il colore "celeste" (pronunciato
in perfetto italiano NdR). L’unico simbolismo che mi
viene in mente è che mentre si è sott’acqua
si entra in un mondo completamente diverso ed in ogni mio
film cerco di creare un mondo che non è completamente
realistico, ma inventato, creato.
Hai appena
citato Cousteau e Fellini. Vorrei chiederti qualcosa in più
sui riferimenti visivi. In Le avventure
acquatiche c’è molto cinema degli Anni
Settanta che ti ha ispirato profondamente.
Tra i registi degli Anni Settanta quesllo che più mi
ha ispirato è scuramente Hal Ashby insieme a Mike Nichols,
Peter Bogdanovich ma anche molto cinema europeo e della Hollywood
di John Huston, Lubitsch e Howard Hawks.
Utilizzi
spesso e volentieri un attore che ultimamente è cresciuto
parecchio, uno degli interpreti più originali del panorama
cinematografico, ovvero Bill Murray.
Ci sono due cose di Bill Murray che ammiro in particolare.
E' uno degli uomini più spiritosi che abbia mai conosciuto
e sono sicuro che se entrasse ora in questa sala ne rimarreste
travolti, conquistati. E’ una sorta di pifferaio magico;
tutti sarebbero pronti a seguirlo, possiede un carisma quasi
eroico. Nello stesso tempo ha un lato tragico, triste, melanconico
soprattutto nei suoi occhi, nel suo sguardo. E’ questo
l’aspetto che più mi ha colpito in alcuni ruoli
che ha recitato. Quando scrissi il suo ruolo in Rushmore
ho tenuto fortemente conto di questo aspetto oltre che ha
quello comico. Questo film, oltre ad essere stato scritto
per lui, in qualche modo racconta di lui.
Le Avventure
Acquatiche,
sin dal titolo, parla di Jacques Cousteau, anche se in una
versione molto particolare, reinventata. Ma i riferimenti
a Cousteau li ho notati anche in altri tuoi precedenti lavori,
in particolare Rushmore.
Quando ero bambino, insieme ai miei fratelli, guardavamo spesso
Jacques Cousteau in televisione. Era una sorta di star ed
io lo amavo molto perché era un inventore, uno scienziato,
un avventuriero ma anche e soprattutto un cineasta, una grande
fonte di ispirazione per me. E sebbene lo vedessi in televisione
era una sorta di personaggio immaginario quasi comico, un
artista supereroe. Comunque i personaggi principali di questo
film non sono basati su Cousteau, anche se l’ambiente
è simile al suo.
La storia
del tuo primo film è così simile a quella de
I soliti ignoti, che sospettiamo un legame, un’influenza.
Conferma?
Non avevo visto questo film quando ho realizzato Un
colpo da dilettanti. Ma credo che questo film abbia
creato una sorta di genere cinematografico. Io conoscevo questo
genere e sono stato influenzato da film che sono stati a loro
volta influenzati da I soliti ignoti.
Quando l’ho poi visto ho naturalmente ricollegato il
fatto.
Uno dei
temi ricorrenti nei suoi film, in particolare negli ultimi
tre è quello tra padri e figli, separati, distanziati
che cercano di riconciliarsi. Come mai?
Non lo so, forse dovreste chiederlo ad uno psicanalista. Quando
si realizza un film si ha un controllo su molte cose ma non
su tutto. E questo vale anche quando si scrive una sceneggiatura;
molto viene dal nostro subconscio e non si sa mai dove questo
ci porterà.
Ci sono
elementi nei suoi film, fatti apposta per essere notati dai
critici. Spesso i suoi finali sono al rallenti il che hanno
una loro eleganza. Vi è anche una ragione più
profonda?
Questa è una cosa a cui non riesco proprio a fuggire.
Griffith ha inventato il primo piano, mentre Scorsese questo
rallenti abbinato alla musica, una cosa che non si era mai
vista prima che la facesse lui. In seguito è diventato
una sorta di strumento che possiamo utilizzare tutti ed io
non riesco proprio a resistere a questa tentazione. Confermo
quindi che anche in questo film vi è un finale al rallenti.
Le avventure
acquatiche,
non è ambientato in Italia, o meglio non si dice che
è ambientato nel nostro paese sebbene sia stato completamente
girato in Italia.
Penso che nei primi 40 minuti si intuisca che è ambientato
in Italia anche se effettivamente è un’Italia
un po’ inventata , immaginaria. Ho girato il vostro
paese e mi è venuta l’idea di ambientare un film
in Italia, anche se volevo creare sullo schermo una mia versione
del vostro paese.
Lei tende
ad utilizzare spesso e volentieri gli stessi attori. E’
una cosa che la rassicura? Qual’è la ragione?
Nei mie film si parla di famiglia ed amicizia. Quindi amo
circondarmi di persone che conosco. Quando ci ritroviamo,
il primo giorno delle riprese è una sorta di rimpatriata.
Si crea un’energia particolare che scaturisce da un
gruppo di amici che incontra altre persone con cui lega e
diventa amica. Ad eccezione di Gene Hackman. I miei film fanno
molto affidamento su questo punto.
Alla fine
degli Anni Settanta una generazione di registi Scorsese, Spielberg,
Bogdanovich ed altri sono venuti alla ribalta a causa del
crollo dello Studio System. Ora sembrerebbe che ci sia una
nuova generazione di registi della quale fai parte - gli altri
sono Sofia Coppola, Paul Thomas Anderson, Alexander Payne
e molti altri -. Condividi questo fenomeno e ti senti parte
di un gruppo?
Anche se può sembrare così, mi sento più
parte di un gruppo di persone con cui lavoro ovvero Bill Murray,
Noah Baumbach, Owen Wilson ed altri miei collaboratori. Con
i registi che avete citato abbiamo in comune il fatto che
siamo tutti contemporanei, facciamo film, abbiamo un’età
simile, ma non vedo altre grosse analogie tra di noi.
Molti
film che ha fatto parlano di giovani la cui genialità
costituisce un grosso problema.
E’ una domanda difficile! Sono sempre stato attratto
dall’idea della genialità, ma maggiormente da
quella del fallimento. I Tenembaum
per esempio erano una famiglia di geni ma nello stesso tempo
erano tutte persone che avevano gettato la spugna. Tutti i
miei film parlano del fallimento un tema che trovo molto affascinante
e complesso.
Mettendo
in sequenza tutti i suoi al film – dalla parodia dei
film di rapina al ritratto di un adolescente che si innamora
di una donna più grande, da una famiglia di geni in
crisi a questa strana avventura acquatica con un personaggio
alla Cousteau – sembrerebbe che vi sia una crescita,
una maturazione nella costruzione dei personaggi. So invece
che il prossimo film sarà un cartone animato.
Il film a cui sto lavorando con Noah Baumbach è l’adattamento
di una storia con delle bambole e sarà diverso dagli
altri film che ho realizzato. Noi stiamo scrivendo solo la
sceneggiatura che in seguito verrà passata ad Henry
Selick che si occuperà dell’animazione. Sarà
un film meno personale degli altri da me realizzati al contrario
di quello che, come detto, sarà ambientato in India.
I Tenembaum
è ambientato in una New York che lei ha voluto reinventare
in quanto è una città in cui non ha mai vissuto.
Come l’hanno presa i newyorkesi questa sua ricostruzione?
Non conosco la loro opinione. E’ una New York che è
stata tratta dai libri ed anche dai film. Una New York immaginaria,
adattata a questo film.
Come è
iniziata la sua carriera? So che ha i girato un cortometraggio
che costituiva lo spunto del tuo primo film. Pi grazie alla
Disney hai potuto realizzare tutti i tuoi lavori.
Il mio primo film è stato in effetti un cortometraggio.
L’idea inizialmente era quella di fare un lungometraggio.
Abbiamo raccolto 2000 dollari ed abbiamo iniziato le riprese.
I soldi sono finiti molto presto, abbiamo così interrotto
le riprese, racimolato altri 2000 dollari e ripreso a girare.
Ma anche stavolta i finanziamenti si sono esauriti e così
abbiamo deciso di realizzare un corto. Io e Owen siamo stati
fortunati in quanto il corto è stato visto dalle persone
giuste che ci hanno permesso poi di fare cinema. Ma precedentemente
molti lo avevano visto e non si erano interessati al progetto.
Prima
ha citato Fellini. Quanto e cosa conosce del cinema italiano?
Per l’aspetto visivo de Le avventure
acquatiche mi ha ispirato molto L’Avventura
di Antonioni, così come i film di Fellini da 8
e ½ ad Amarcord
ed I Vitelloni per la reinterpretazione
delle sue memorie. Recentemente invece ho visto molti
film di Pietro Germi e Rossellini che ha avuto una grande
influenza sul cinema francese da cui noi abbiamo poi rubato
idee. Vi è una sorta di ciclo continuo.
Notiamo
una difficoltà nel cinema americano a realizzare film
personali. Qual è la tua opinione sui quanto si produce
oggi a Hollywood?
Penso che il movimento di cui avete parlato precedentemente
sia composto da autori che vogliono e realizzano film personali,
che sembrano prodotti negli Anni Settanta ma invece sono realizzati
oggi a Hollywood e parlo di Sofia Coppola, Spike Jonze, Charlie
Kauffman, Paul Thomas Anderson. Sono tutte persone che stanno
lavorando ai livelli più alti almeno in termini di
finanze con gli Studios o che riescono a raccogliere soldi
necessari per realizzare esattamente quello che vogliono.
Poi c’è Alexander Payne che ha realizzato un
film immenso su un racconto che ha molto amato. Penso che
ci sia un ambiente molto buono, valido, sano.