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Regia
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Anand Tucker |
Sceneggiatura |
Steve
Martin |
Fotografia |
Peter
Suschitzky |
Montaggio |
David
Gamble |
Musica |
Barrington
Pheloung |
Interpreti |
Steve
Martin, Claire Danes, Jason Schwartzman, Sam Bottoms, Frances
Conroy, Rebecca Pidgeon, Samantha Shelton |
Anno |
2004 |
Durata |
103' |
Nazione |
USA |
Genere |
commedia |
Distribuzione |
Medusa
Film |
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Mirabelle
Buttersfield (Claire Danes, Romeo + Giulietta)
lavora come commessa al reparto guanti del department store
Saks sulla Fifth Avenue, a Beverly Hills (Los Angeles). Si annoia
e sogna di essere un’artista.
Jeremy (Jason Schwartzman, I
Hearth Huckabees) è un ragazzo che fa i primi
passi rischiosi nel mondo attraverso un modesto impiego nel
settore degli amplificatori di musica, un paio di libri “fai
da te” e un tour on the road lungo il paese in un autobus
“rock‘n’ roll”.
Ray Porter (Steve Martin, Un ciclone in
casa) è un imprenditore di successo che ha scelto
la vita da single, libera e senza impegni.
Questi tre microcosmi di vita contemporanea a Los Angeles sono
destinati a incontrarsi e, attraverso il confronto reciproco,
a imparare molte cose sull’amore.
Tratto da un romanzo dello stesso Steve Martin, il film che
non ti aspetti dominato da sottotoni, malinconie ed un profondo
senso di vuoto da colmare. Martin aveva già in passato
dimostrato di avere nelle sue corde di interprete declinazioni
verso il dramma (vedi Grand Canyon
di Lawrence Kasdan) e ritrovarle oggi anche nelle vesti di narratore,
spiazza e convince.
Se in Pazzi a Beverly Hills (una
delle sue opere migliori) aveva utilizzato il suo talento surreale
per vestire una commedia grottesca qui è invece declinato
nella commedia malinconica o se vogliamo nel dramma melanconico,
con al centro la solitudine ed i mezzi attuati dall’essere
umano per vincerla. Ma l’attrazione e repulsione nello
stesso tempo nei confronti del possibile partner è una
dolce condanna a cui siamo sottoposti isolandoci in una bolla
di cristallo che non tutti sono capaci di infrangere.
Ed ancora una volta la città di Los Angeles, che sta
a Steve Martin come New York a Woody Allen, assurge a narratore
e personaggio diegetico alla narrazione con i suoi labirinti
di strade, luci, palazzi e cieli immensi che immergono ed isolano
al contempo i personaggi e le loro storie.
[fabio melandri]
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