“La
nostra musica nasce dal blues. Il mio modo di far musica non
è cambiato da quando abbiamo iniziato. Abbiamo sempre
suonato Chuck Berry e Muddy Waters. In realtà, non
abbiamo mai cambiato. In fondo, si tratta di due chitarre,
un basso ed una batteria: niente di straordinario! Non si
può analizzare questa cosa, ma è così.
Non siamo gli stessi se non siamo tutti insieme”. In
questa formula così semplice espressa dal batterista
Charlie Watts, risiede probabilmente il successo della band
più leggendaria ancora in attività: i Rolling
Stones.
“La loro musica è sempre stata fonte d’ispirazione
per me. Gli Stones infondono una forza straordinaria nella
loro musica e nel sound che creano, grazie al modo in cui
la band è orchestrata, all’uso delle chitarre
e della batteria, ed al suono della voce di Mick. Gli Stones
sono stati determinanti nel creare delle immagini nella mia
mente, sentimenti e impressioni che hanno trovato strada in
molti dei miei film. Ho utilizzato ‘Jumpin’ Jack
Flash’ in Mean Streets,
ad esempio, e ne è diventato il marchio. Ho inserito
la canzone ‘Gimme Shelter’, che riflette l’idea
che siamo soli e che abbiamo bisogno di un rifugio che però
dobbiamo trovarci da soli, in The
Departed film che rappresenta una riflessione su dove
ci troviamo oggi e che ritrae una “ground zero”
morale – non sai ognuno di noi da che parte sta, nessuno
sembra dire la verità e che cosa c’è di
vero nell’inferno…” Così si esprime
Martin Scorsese, regista italo-americano.
Dalla scatenata spontaneità dei Rolling Stones e dalla
straordinaria metodicità di Martin Scorsese, nasce
Shine a Light, un documentario-concerto
girato a New York nell’arco di due serate tenute al
Beacon Theatre.
“Mi piaceva il Beacon Theatre. Il palco era abbastanza
stretto per filmare ma, al tempo stesso, dava abbastanza libertà
di movimento, sia agli Stones che alle macchine da presa.
E così la questione si è spostata su come conciliare
le due cose – il film e i Rolling Stones sul palco.
Volevo catturare la musica e la loro interazione sul palco,
volevo che, nel film, le persone provassero la sensazione
di essere sul palco con loro. Nel montarlo, era chiaro che
ogni canzone aveva la sua storia da raccontare, ci sembrava
come se le ascoltassimo per la prima volta. Il modo in cui
interagivano fra di loro e con il pubblico – c’è
qualcosa che ti trasporta fuori da te stesso. E’ affascinante
vedere questa strana forza, questa esaltazione trascendentale…qualcosa
di atavico, sciamanistico – gli Stones creano un incantesimo,
quasi primitivo ma ben orchestrato, le loro personalità,
così diverse e il modo di relazionarsi tra di loro
– e trovarsi nella migliore posizione per riprendere
la loro posizione e il loro modo di conquistare il pubblico.”
Diciotto camere poste su binari, dolly, gru affidate a diciotto
direttori della fotografia tra cui i premi Oscar John Troll
(Bravehearth), Andrew Lesnie
(Il Signore degli Anelli), Robert
Elswith (Il petroliere) guidati
da Robert Richardson (JFK, The
Aviator) per cogliere l’energia che dal palco
si dipana per l’intera sala coinvolgendo ospiti d’onore
come la famiglia Clinton presente per festeggiare il compleanno
dell’ex Presidente Bill, mettendo in primo piano non
solo Mick (Jagger, cantante e chitarra), Keith (Richards,
chitarrista e voce), Brian (Jones, chitarrista), Bill (Wyman,
bassista) e Charlie (Watts, batterista) ma gli stessi strumenti
come riconosce Keith Richards: “Quante volte avete visto
le dita andare su e giù sulle nostre chitarre? La cosa
che ha fatto Marty è stata come spostare l’attenzione
su un Rembrandt. Mostra la bellezza stessa delle chitarre.
L’attenzione non era solo su chi le suonava. La cosa
che ho trovato davvero fantastica, è stata la ripresa
amorevole degli strumenti in sé.”
Shine a Light si concentra quindi sulla musica intervallata
da spezzoni di cinegiornali di repertorio e filmati televisivi
che fanno da commento e contrappasso alla performance della
band. Gli spezzoni sono costruiti secondo alcuni temi - l’idea
della longevità della band, il rapporto fra gli Stones
quando sono sul palco e via discorrendo – che scivolano
in una noiosa reiterazione di domande trite e ritrite fatte
in tutte le lingue del mondo a cui i componenti della band
rispondono con sempre maggior distacco ed ironia.
Il tutto imperniato su un montaggio emotivo più che
razionale, creando una perfetta alternanza tra passato e presente.
D’altronde Scorsese non è estraneo a film che
ritraggono eventi musicali di grande portata, essendosi fatto
le ossa nel genere lavorando al montaggio di “Woodstock”.
Inoltre, come nel caso di Shine a Light,
aveva realizzato L’ultimo valzer,
un documentario sul gruppo canadese The Band, in un ambiente
piccolo. Questo film rappresentava il tributo a un gruppo
rock classico nel suo concerto di addio e le macchine da presa
di Scorsese ‘danzavano’ sui dolly e sui binari
mentre i musicisti si esibivano. Ma c’era anche una
parte narrativa, che raccontava la storia e il background
della band, intervallata spesso da interviste nel backstage
con i membri del gruppo, e dai commenti dei loro ospiti, e
di quei personaggi che costituivano un punto di riferimento
nelle loro vite.
Una scarica di adrenalina da vivere con il fiato sospeso ed
un flusso di musica immortale scolpita nell’immaginario
collettivo di più di una generazione. Da vedere e rivedere.
[fabio melandri]