Seraphine
id.
Regia
Martin Provost
Sceneggiatura
Marc Abdelnour
Fotografia
Laurent Brunet
Montaggio
Ludo Troch
Scenografia
Thierry François
Costumi
Madeline Fontaine
Musica
Michael Galasso
Interpreti
Yolande Moreau, Ulrich Tukur, Anne Bennet, Geneviève Mnich
Produzione
Milena Poylo, Gilles Sacuto
Anno
2008
Nazione
Francia
Genere
biografico
Durata
125'
Distribuzione
One Movie
Uscita
22-10-2010
Giudizio
Media

É il 1913, un momento di grande fermento culturale in Francia. Ma nelle campagne di Senlis la vita rurale trascorre come sempre, quasi immutata. Seraphine Louis è una donna umile che lavora a servizio di una ricca famiglia come domestica, occupandosi delle faccende più umilianti. Ma di notte, nel buio della sua soffitta, dipinge, con sangue, terra ed estratto di bacche. In un atmosfera da stregoneria, senza aver alcuna nozione di tecnica pittorica, Seraphine riproduce il mondo che le appartiene, la natura che la circonda. La forza della sua espressione artistica, così spontanea e scevra da strutture tecniche comuni, è pregna del suo legame con la natura e con la fede religiosa. Quando nella casa in cui presta servizio arriva ospite un critico d’arte tedesco, Wilhelm Uhde, per Seraphine si apre una nuova strada. Trovando per caso uno dei quadri della donna, il critico rimane folgorato dalla potenza dei colori e dalla grande vitalità delle forme, tanto da decidere di sostenerla e coltivarne il talento. Seraphine diventerà un’antesignana della corrente naif.
Un personaggio complesso da trasportare sulla pellicola ma che riesce ad arrivare allo spettatore con genuina sincerità, sotto molti aspetti. La regia segue i momenti della vita dell’artista con partecipazione, senza favorire posizioni o punti di vista, ed evitando di cadere nel patetico, frequente rischio dei “biopic”.
Ne emerge comunque un ritratto profondamente complesso di una personalità irrequieta, come si percepisce dalle opere, con un rapporto difficile con la propria fede. La fotografia di Laurent Brunet, così attenta al gesto della pittrice e alle atmosfere che evocano i suoi quadri ci aiutano ad entrare, su di un piano meno cosciente, a contatto con il forte contrasto tra la pittura, i colori vivi e dirompenti con cui il personaggio esprime la sua visione del mondo, e la realtà che la circonda, la società, fortemente strutturata in ruoli in cui la stessa protagonista è incastonata. L’interpretazione di Yolande Moreau è il centro che sostiene tutta la pellicola come ci si aspetta in ogni biografia. Elemento cardine che però in molti film-ritratto è venuto meno, spesso per ragioni di regia o di scelta di casting. La Moreau incarna con sincera partecipazione la complessa personalità di questa artista, restituendo con forza il suo rapporto con la pittura e con la religione.
Un ritratto riuscito e ben rappresentato che segue la linea tracciata da Jane Campion con “Bright star”, senza raggiungere però l’armonia tra il vissuto, l’opera dell’artista, e la rappresentazione filmica. [andrea pirrello]