Ernest
Hemingway, uno che se ne intendeva, sosteneva che non c'era
brivido di caccia più grande che cacciare un uomo.
Su questo brivido primordiale ed atavico si fonda l'ultimo
capitolo della saga di Predators.
“All'inizio, io sono stato assunto solo come sceneggiatore
– spiega il qui anche produttore Robert Rodriguez –
Si cercava un approccio originale verso il materiale, così
ho colto al colo l'opportunità. Per la nuova sceneggiatura
volevo scrivere qualcosa di ultraterreno. Amavo l'atmosfera
della giungla nell'originale, così ambientando la mia
storia su un altro pianeta potevo tornare a un ambiente simile
e comunque farlos embrare nuovo. Inoltre avremmo capito perchè
il Predator era attirato dalla giungla terrestre, vosto che
il loro pianeta di caccia aveva un terreno simile.”
L'idea risale al 1994, ma il film si è realizzato solo
oggi nel 2010 con lo stesso Rodriguez a capo della produzione
ed il giovane regista Nimrod Antal (Vacancy)
dietro la macchina da presa per un film che ha il fascino
dei vecchi b-movie, con personaggi tagliati con l'accetta
e stereotipati quanto basta, una trama basica ma intrigante
e tanto entertainment. “L'idea – continua Rodriguez
– era di non farlo sembrare il quinto o sesto film della
serie, ma il primo. Cronologicamente, si può pensare
a questo film come successivo al primo e ritrovarsi così
con una storia decisamente lineare.
Da Arnold Schwarzenegger ad Adrien Brody letteralmente
paracadutato in quella che sembra apparentemente una giungla
tropicale insieme ad un'allegra brigata composta da esponenti
della yakuza, del cartello di narcotrafficanti colombiani,
mercenari di vari nazioni, combattenti russi in azione in
Cecenia, criminali in attesa di esecuzione capitali e via
discorrendo. Predatori umani catapultati in quella che si
rivelerà ben presto una riserva di caccia di una nuova
stirpe di Predators alieni. Strategia di caccia contro strategie
di guerra messe in atto come una micidiale partita a scacchi
dove l'obiettivo è la sopravivvenza.
Il film, contrariamente alle attese di chi scrive, è
una macchina di puro intrattenimento, ben costruito e realizzato
con pochi mezzi ed inventiva. La struttura narrativa è
basica. I personaggi puramente funzionali all'azione. Si riesce
facilmente ad intuire anche la sequenza delle diverse "dipartite",
ma nonostante tutto questo il film si lascia vedere e ci si
affeziona alla filosofia spicciola del film: come e perchè
è successo non importa. La vera domanda è: come
ne usciamo? Qui comincia il divertimento.
[fabio melandri]